CRISTO CROCIFISSO CAPOLAVORO DELL’AMORE

Padre Virginio Carlo Bodei O.C.D.

PROLUSIONE
La sera del sabato 3 febbraio 2007, a conclusione di un incontro di preghiera fra le più prestigiose Università d’Europa e d’Asia, riunite via radio, Papa Benedetto XVI, presentando a quella folla di giovani universitari la santa Croce, li esortava dicendo: “Prendetela, abbracciatela, seguitela. Essa è l’albero dell’amore e della verità… e la carità intellettuale è la sapienza della Croce”.

Queste parole, risuonate quella sera, nella maniera più ferma e solenne, e proprio in questa società nella quale, anche di recente, abbiamo dovuto sentire, rivolto alle pubbliche autorità, quel pressante invito a rimuovere dagli ambienti pubblici, quali presenze inutili e indesiderate, tutte le croci e i Crocifissi…, ecco, quelle parole del Papa sono giunte a noi, quella sera, più che mai gradite ed opportune, mentre, insieme, sono risuonate come un’accusa contro questa nostra società, poiché ne hanno manifestato la condizione della più ottusa ignoranza circa una verità che, a parte tutto, e una verità prettamente storica, come è storica la vita stessa del mondo, la quale incomincia con la Croce, cammina con la Croce e finirà con la Croce.

La storia del mondo infatti incomincia con la creazione sua e quella dell’uomo, quale suo signore. Ma l’invidia di Satana, nemico del Creatore e di ogni sua creatura, verrà subito a guastare quel capolavoro della Creazione: egli infatti riuscirà ad avvelenare la mente della più bella di tutte le creature, la donna, Eva, ubriacandola di sospetto nei riguardi di Dio, che aveva avvertito lei e l’uomo: “Non mangiate di quell’albero, perché ne morireste”. Lui invece, come la serpe, le inoculò il veleno del sospetto: “Non morirete affatto!, anzi, Dio sa che, se ne mangiaste, diventerete come Lui, conoscitori del bene e del male”.

Trascinati da tanto inganno, l’uomo e la donna precipitarono in quel male che di tutti è il peggiore, cioè il peccato, condannandosi alla maledizione insieme con tutto il creato, nato con loro e per loro! Quale rovina, davvero irreparabile se pensiamo che, dentro di sé, portava quell’altro male che è la morte! Eppure Dio, una riparazione l’ha trovata, come appare chiaro in quel giudizio al quale convocò subito i responsabili di tanto male, cioè Satana e i nostri Progenitori: in esso, dopo aver parlato a ciascuno di loro presentando quale sarebbe stato il loro avvenire, parlando poi al vero responsabile di tutto, cioè a Satana, pronunciò quella Profezia che la Chiesa poi ritenne il protovangelo: “Porrò inimicizia tra te e la donna fra il tuo seme e il seme di lei esso ti schiaccerà la testa!”

Da queste solenni parole risaltano tre cose: anzitutto che la SS.ma Trinità, come si era già riunita nell’atto della creazione dell’uomo, così si è riunita qui per decidere circa un atto di riparazione di quel male da lui commesso; avendo poi constatato che quell’atto di riparazione non poteva venir assegnato né a Dio, essendo Dio l’offeso non il colpevole, né tanto meno a nessun uomo, o potenza umana, restava solo quella possibilità, contemplata proprio in quelle parole della Profezia, cioè che una Persona divina prendesse vita umana dalla donna e quindi pagasse poi tutto con la sua Umanità divina. Restava ancora da decidere quale delle Tre divine Persone… ma questo lo potremo sapere tutti: chi se non il Verbo, che aveva creato questa meraviglia dell’uomo e del suo mondo, avrebbe potuto riparare la sua rovina? Chi se non “il seme della donna”, cioè il Figlio di Maria?

Ebbene, proprio su di lui era caduta la scelta, e con la scelta l’atto della riparazione, cioè: fare di tutta la sua vita un grande, totale Sacrificio di offerta e di riparazione, coronato alla fine da un’obbrobriosa Passione Morte di Croce!

Ecco dunque che la vita dell’uomo e del mondo incomincia con la Croce e con il Crocifisso; camminerà con la Croce e con il Crocifisso fino al suo termine, e dopo questo termine, se sarà ammessa alla Vita Nuova nei cieli nuovi e nella terra nuova, la Croce e il Crocifisso se li troverà dentro come trofeo di vittoria!

Ora faremo insieme questo lungo cammino, suddividendolo in cinque tempi: 1°) il Crocifisso e l’Antico Testamento 2°) il Crocifisso e il Nuovo Testamento 3°) Cristo parte e lascia tutto alla Chiesa 4°) Cristo ritorna ed elimina i suoi nemici 5°) Le nozze eterne Conclusione.

1° Tempo
CRISTO CROCIFISSO E L’ANTICO TESTAMENTO
Dopo il peccato dei nostri Progenitori, e il giudizio che ne segui, “il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì” (Gn 3, 21), poi li allontanò dal giardino dell’Eden, perché lavorassero la terra da dove erano stati tratti.

Così essi cominciarono quel lungo cammino, quello stesso che avrebbe poi seguito tutta l’umanità che da loro sarebbe venuta: forse consapevoli di ciò, essi si fecero premura di portarsi dietro quella ricchezza di parole che Dio consegnò a ciascuno di loro nell’atto stesso di giudicarli, e ancor più quelle con le quali Dio aveva condannato Satana, prospettandogli l’inimicizia di una Donna che, insieme ad un suo Figlio, gli avrebbe schiacciato la testa: in questa condanna di Satana, c’era per loro una certa assoluzione della loro colpa, mentre in quella Donna e nel suo Figlio, vedevano una sicura speranza di un prossimo ritorno a quel Giardino, dal quale erano stati cacciati.

Perciò tutto l’Antico Testamento sarà sempre animato da una speranza, da una attesa di quella Donna, di quel Liberatore, sia a livello di individui che a livello di società, al punto che san Girolamo dovrà poi insegnare che l’ignoranza di questo Testamento sarebbe ignoranza di quello che sarebbe seguito, cioè del Nuovo Testamento, di Cristo!

A questo punto, anche noi dovremmo sapere che quella speranza, cioè quel Figlio di quella Donna che poi verrà, Lui, quel Figlio, c’è già ora, perché Lui è il Verbo eterno, Figlio del Padre, e, come visto sopra, è stato incaricato dal Padre a prendere, quando il tempo verrà, la natura umana da quella Donna, per poi salvare questo mondo, schiavo di Satana, facendo di quella sua natura umana un grande, totale Sacrificio fino a soffrire una obbrobriosa Passione e Morte di Croce.

Intanto, in attesa di quel tempo, Lui, insieme ai nostri Progenitori, ha già preso posto su questa terra, pronto a compiere la sua missione di salvezza, anche se siamo ancora agli inizi del Testamento Vecchio, ed Egli si trova davanti due persone sole da salvare, cioè Adamo ed Eva; ma per Lui il tempo per quella sua missione è già urgente.

In quei due, infatti, Egli vede già tutti noi, loro discendenza: tutti e ognuno, fino a quell’ultimo che sarà alla fine della vita del tempo e del mondo. Anzi, anche prima, cioè prima della stessa creazione del mondo e dell’uomo, Egli ci aveva visti e ci aveva amati, tutti, uno per uno! Ma quanto eravamo diversi. Infatti, prima ci poteva vedere dentro quella condizione di divina bellezza, nella quale Egli ci poteva pensare ed amare. Ora invece gli toccava vederci dentro lo squallore di morte del peccato, cioè dello stampo di Satana!

Ma non per questo Egli, il Verbo di Dio, ritirerà la parola data al Padre, ma continuerà a guardare avanti verso ciascuno di noi, per raccoglierci tutti dentro il seno della sua misericordia, cioè dentro quel Sacrificio della Croce, in cui vedrà la sua e nostra Vittoria: perciò il suo sguardo sarà sempre là: là su quella Croce, abbracciato ad Essa, fino a quel “Consummatum est” che segnerà la sua morte e la nostra vita!… e Lui sarà, per definizione: il Crocifisso!

II Cristo Crocifisso, capolavoro di Amore!

Ma, se quel momento, quel fatale momento verso cui guarda continuamente come a quello nel quale realizzerà pienamente quella Volontà del Padre di un Sacrificio di morte in Croce, se quel momento avverrà solo più tardi, nella pienezza dei tempi dentro il Testamento Nuovo, tuttavia quel momento, è Lui stesso!, perciò subito anche il Testamento Antico dovrà sentirne gli effetti di redenzione, come già è presente nella speranza di Adamo ed Eva e nella generazione che nascerà.

Ed ecco che lui, il Verbo che verrà poi dalla Donna, comincerà a segnare della sua presenza tutto il Vecchio Testamento, e lo segnerà particolarmente in tre settori: l’individuale, il sociale e il religioso; una segnatura, sia ben chiaro, che rifletterà appunto quel fatale momento che Lui già vive, cioè quel futuro della sua vita e morte in Croce!

Circa il settore individuale, cioè quello delle varie personalità che segneranno l’Antico Testamento, saranno poi i cosiddetti santi Padri della Chiesa a scoprirle e a segnalarcene il rapporto loro con Cristo. Eccone un esempio da parte del Vescovo Melitone di Sardi; parlando infatti del Verbo di Dio, cioè di Gesù Cristo dice: “Egli è colui che fu ucciso in Abele in Isacco fu legato ai piedi andò pellegrinando in Giacobbe in Giuseppe fu venduto fu esposto alle acque in Mosè nell’Agnello fu sgozzato fu perseguitato in Davide nei profeti fu disonorato…”.

Anche San Tommaso d’Aquino, nella sequenza del Corpus Domini, cantando questo mistero, dice: “Egli è stato prefigurato nelle varie figure bibliche: fu immolato in sacco nell’Agnello pasquale è stato prefigurato è stato dato ai Padri nella manna”.

Si può dire in conclusione, che non c’e personaggio dell’Antico Testamento in cui non sia stata avvertita, dai santi Padri, la presenza di Cristo, segnata in lui dal Verbo.

Passando al settore sociale, cioè della vita religiosa del popolo ebraico, ecco che gli accostamenti tra esso e il popolo di Cristo si fanno anche più evidenti, quasi automatici, senza bisogno di interpreti: infatti il popolo cristiano consegue al popolo ebraico il passaggio di questo dalla schiavitù d’Egitto alla Terra Promessa, per quello è il passaggio dalla terra al Cielo la loro manna nel deserto è la nostra Eucaristia in questo deserto del mondo l’agnello della loro Pasqua, è l’Agnello immacolato perfino i loro peccati si intrecciano con i nostri, come avviene nei canti, cosiddetti “lamenti” della settimana santa: “Popolo mio, che male ti ho fatto? Io ti ho guidato fuori dall’Egitto, e tu hai preparato una croce al tuo Salvatore; Io per te ho flagellato l’Egitto, e tu mi hai consegnato per essere flagellato; Io ti ho nutrito di manna nel deserto, e tu mi hai colpito con schiaffi e flagelli; Io ti ho dissetato dalla rupe con acqua di salvezza, e tu mi hai dissetato con fiele e aceto”.

Da questi “lamenti” risulta, in certo modo, una piacevole confusione, perché mentre l’offeso è sempre uno, cioè il Verbo nell’Antico e Gesù nel Nuovo Testamento, gli offensori invece sono due, cioè i due popoli: ebraico e cristiano; il primo riceve le grazie del Verbo, il secondo invece risponde alle grazie maltrattando Gesù… è dunque proprio vero che lui, con la sua Croce, dei due ne ha fatto un popolo solo!

Ma è nel settore religioso, divino e umano, cioè il settore dei Profeti, che il Verbo rivela il segno della sua presenza. Sappiamo che, come diciamo nel Credo, lo Spirito Santo ha parlato per mezzo dei Profeti, e lo Spirito Santo, come è tutto nel Padre, cosi è tutto anche nel Verbo. Ne consegue che fu proprio Lui, il Verbo, a guidare tutti i Profeti di allora, perché predicessero quella sua venuta quale Redentore del mondo, quando sarebbe nato dalla Donna nel Testamento Nuovo.

Ma nel medesimo tempo, perché anche quelli di allora, cioè nel Testamento Vecchio, sapessero che quella Redenzione, per loro, era già iniziata, volle che un Profeta (il secondo o terzo Isaia) vissuto durante il regno di Ozia, 740, narrasse nei particolare quella Passione che Lui avrebbe sofferto 650 anni dopo.

Questo racconto che porta come titolo: “I quattro canti del Servo”, lo troviamo in Isaia, cap. 42, 49, 50, 53. Nel leggerli, uno che ha anche solo una elementare conoscenza dei Vangeli, si accorge che si tratta della Persona di Cristo, dei suoi fatti, del suo carattere.

Il primo canto mette in luce particolarmente il carattere di Gesù “mite e umile di cuore” cioè come viene proposto nel Vangeli: ‘Ho posto il mio spirito su di lui… Egli porterà il diritto alle nazioni… non griderà… non spezzerà una canna incrinata… Non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta… lo ti ho chiamato per la giustizia… perché tu apra gli occhi ai ciechi, faccia uscire dal carcere i prigionieri, e dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre’.

Il secondo canto si apre alla grande missione: “Ascoltate, o isole, udite attentamente, o nazioni lontane… il Signore dal seno materno mi ha chiamato… mi disse: è troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe… io ti renderò luce delle nazioni, perché tu porta la salvezza fino all’estremità della terra….

II terzo e quarto canto affrontano la storia della Passione: “lo non ho opposto resistenza… ho presentato il dorso ai flagellatori… la guancia a quelli che mi strappavano la barba… non ho sottratto il viso agli insulti e agli sputi… Il Signore mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra” “Molti si stupirono di lui, tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto… non ha bellezza, né apparenza… disprezzato e reietto dagli uomini… come uno davanti al quale ci si copra la faccia… Eppure egli si è caricato delle nostre colpe e si è addossato i nostri dolori… Egli è stato trafitto per i nostri delitti… il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui”.

Naturalmente questi canti e i relativi capitoli vanno letti per intero.

Generazioni e generazioni, sia dell’Antico che poi del Nuovo Testamento, si sono chiesti, leggendo queste pagine, del Profeta: “Di chi mai parla questa profezia?”.

Ma la risposta è stata possibile solo quando è venuto lui, il Verbo fatto carne nel seno della Vergine, Lui, il Cristo, UomoDio, mandato dal Padre per salvare il primo uomo peccatore e con lui la prima donna e tutta l’umanità che ne sarebbe derivata, insieme a tutto il mondo, con essi schiavo del peccato; ma questa salvezza sarebbe avvenuta attraverso un grande Sacrificio, cioè una lunga Passione culminata in una morte di Croce! Tutto ciò si compirà, come vedremo subito, nel prossimo tempo, cioè nel Nuovo Testamento, ma il Verbo, già presente ora nel primo Testamento, ha voluto spargerne i segni concreti e visibili, come abbiam visto prima, e come avverrà in tutti i tempi a venire, cioè fino a quando il tempo sfocerà nell’eternità: quel Sacrificio sulla Croce sarà sempre celebrato, perché Cristo e Cristo Crocifisso, capolavoro dell’Amore, sarà sempre con l’uomo!… sempre: e nel Primo Testamento e nel Secondo, e nel periodo dell’assenza di Cristo, dove la sua Chiesa ne celebrerà all’altare la sua Passione e Croce, quando poi ritornerà, preceduto dal segno del Figlio dell’uomo, per la vittoria finale sui nemici, perfino nelle Nozze dell’Agnello e il suo viaggio nuziale all’ingresso nell’eternità, la sua bandiera sarà la Croce… Cristo Crocifisso, capolavoro dell’Amore!

2° Tempo
CRISTO CROCIFISSO E IL TESTAMENTO NUOVO
“Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, perché ricevessero l’adozione a figli” (Gal 4,45).

Quanto alla donna, dalla quale sarebbe nato il Figlio, si può ben pensare che lui, il Verbo, se la fosse ben preparata, preservandola, fin dalla sua concezione, da ogni macchia di peccato in vista dei meriti della sua Passione e Morte; così che poi, giunta all’età della fecondazione, il Padre potesse inviarle l’arcangelo Gabriele e ne ottenesse il libero assenso perché lo Spirito Santo operasse in lei l’Incarnazione del Verbo.

Entrando poi nel mondo quando ancora era nel seno purissimo di Maria, diede inizio solennemente alla sua missione, proclamando, come era già scritto nel salmo 39: “Ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà!”.

Parole queste che, all’insaputa di tutti, avrebbero causato una vera rivoluzione sul piano del culto divino; infatti, da una parte avrebbero determinato la fine di tutti i sacrifici dell’Antico Testamento, inaugurando, dall’altra, quel nuovo, grande, vero Sacrificio al quale dava inizio proprio Lui, nuovo, eterno Sacerdote, nel nuovo tempio della Vergine Immacolata; Sacrificio che Lui avrebbe portato a compimento con la sua nuova Vita di 33 anni, terminata con la sua Morte di Croce.

Preceduto dunque da questo mirabile avvenimento, Gesù nasceva dal grembo della Vergine già avviato nella sua Missione, cioè avvolta dalla Volontà del Padre, e san Paolo potrà subito coglierlo: “Annientò se stesso facendosi obbediente fino alla morte!”.

E noi, ora, dovendo costruire in sintesi, un’immagine di questa sua vita già presente nei Vangeli, vorremmo coglierne una, fra le tante che Gesù stesso dà di Sé, e la cogliamo in Luca 12, 4950: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere, e come sono angosciato, finché non sia compiuto!”

In queste espressioni, io penso che possiamo vedere, prima ancora del Gesù nato da Maria, il Verbo incaricato dal Padre per la salvezza del mondo: fin da allora Egli, guardando attraverso i secoli, si è visto immerso in quel battesimo, di cui parla ora, cioè inchiodato a una Croce, fino al punto da poter dire: “Consummatum est”, cioè: “Ho vinto il Maligno, ho salvato l’uomo”.

Perciò è importante che noi vediamo in quelle espressioni di Gesù, non un determinato momento della sua vita, ma tutta, tutta la sua vita; e nell'”angoscia” non per potersene alla fine sbarazzare, ma per poterla portare a compimento come una grande vittoria contro il Male e per la vita eterna di tutti! Solo interpretate così, quelle espressioni metteranno in pieno risalto davanti a noi il vero Gesù, il Cristo Crocifisso, capolavoro dell’Amore!

Perciò, anche tutte le altre parti del Vangelo, anche le più dimenticate e magari sorpassate, lette e meditate alla luce di questo Gesù, di questo Cristo Crocifisso, riacquisteranno la sua presenza, la sua luce, il suo amore. Donde anche una conseguenza: che tutto il Vangelo è Cristo Crocifisso.

Ma in quelle espressioni, c’è una parola che ci porta a riflettere ancora oltre, dentro il mistero di quell`”angoscia”, cioè: fino a che, quel battesimo sia “compiuto”. Possiamo domandarci: questo sia “compiuto” dobbiamo intenderlo in senso temporale, o in senso di compiutezza? Siccome l’oggetto di quella “angoscia” è detto un “battesimo” e quel battesimo, la riga sopra, vien detto un “fuoco”: “sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso!’; allora è chiaro che si tratta del fuoco dell’amore, e l’amore non ha tempo, anzi, una volta acceso, ha bisogno di divampare; tutto questo ci obbliga a tornare un po’ indietro dal luogo di quel battesimo, cioè: dalla Croce sul Calvario, dove esso ci aveva portato, alla sera prima, nel Cenacolo con i suoi, quando Gesù aveva celebrato il grande Sacramento del suo Corpo che avrebbe subito sacrificato sulla Croce, e del suo Sangue che insieme avrebbe sparso, trasformando il pane della loro mensa in quel suo Corpo sacrificato, e il vino della mensa in quel suo Sangue sparso per loro; li aveva poi ordinati suoi sacerdoti, impegnandoli a celebrare anch’essi la memoria di così grande Mistero, tutti i loro giorni, in tutti i luoghi del mondo, fino alla sua fine, nei cieli nuovi e nella terra nuova.

Così, il giorno dopo, Egli poteva partire, e sul Calvario consegnarsi alla sua Croce tanto desiderata, morire immolato su di essa e con quella morte, trionfare del Male e della Morte, e accendere finalmente il fuoco dell’amore sulla terra, e quel fuoco sarebbe poi divampato in tutto il creato e dappertutto, per la presenza dei suoi.

A questo punto, possiamo dire di aver risposto in parte a quella espressione di Gesù: “C’è un battesimo da ricevere, e come sono angosciato, finché non sia compiuto!”: là cioè dove “compiuto” o compiutezza, significava il divampare del fuoco dell’amore; ma della parte che preparava questo finale, cioè di quel “battesimo” che è la Passione del Signore, non abbiamo ancora trattato, ed è ciò che faremo subito.

Premettiamo che tutta la vita umana ricevuta dalla Vergine, con tutte le sue gioie, i suoi dolori, le sue fatiche, i fastidi, le umiliazioni, tutti i giorni e le notti, tutto, doveva essere per Gesù, secondo la volontà del Padre, una offerta a lui, un grande Sacrificio di riparazione per la sua gloria, e di espiazione per i peccati di tutti gli uomini di tutti i tempi; questa vita poi doveva concludersi attraverso una dolorosissima Passione e una obbrobriosa Morte di Croce.

Della vita poi di Gesù prima della sua Passione, diremo in sintesi che fu come il Cielo qui sulla terra. Della sua Passione invece è necessario, con il suo aiuto, parlarne. Lui ne parlava come della “sua ora”. Ne parlò con gli Apostoli: perché come avevano intuito la sua dignità divina, così ne accettassero anche la realtà umana. Cominciò a dir loro del suo dover andare a Gerusalemme, essere condannato, dover patire, dover morire. E una, e due e tre volte… Non accettavano il discorso… Dovette partir da solo e vederseli scappare via.

Nella sua Passione non cercò mai l’appoggio di nessuno. Neanche della sua Mamma, la quale (forse istruita da Lui…) non solo non cercò mai di dissuaderlo, ma lo esortò ad andare avanti… anzi, secondo alcuni mistici, sarebbe stata pronta a portarlo Lei stessa sul Golgota, perfino a metterlo sulla Croce.

Comunque è vero che nessuno si mosse per dissuaderlo da tale impresa, e Pietro, che volle tentarlo, dovette sentirsi dire: “Via da me, satana!”. Era volere del Padre e ne era geloso. La Volontà del Padre era diventata la sua Volontà: ciò vuol dire che l’amore del Padre per la nostra salvezza, s’era unito al suo amore per noi e l’aveva come raddoppiato.

E ciò può farci pensare che, per quell’amore, Lui non solo non si ribellò alle pene che gli venivano inflitte, ne disse nulla per impietosirli quei suoi carnefici, ma trovò il modo per cooperare con loro, così che quel suo sacrificio fosse ancor di più secondo la misura voluta dal Padre, la misura voluta da Lui, dal suo amore per noi, secondo la misura dei nostri peccati, per liberarcene.

C’è un fatto che può indurci a seguire questi nostri pensieri: la Croce! Quella Croce alla quale lui ha sempre guardato, che Lui ha sempre amato, desiderando di abbracciarla nel suo amore, e ciò proprio perché la Croce è uno strumento tale che sembra ed e fatto apposta per esasperare i dolori di un corpo umano, togliendo al corpo ogni libertà per potersi difendere e lasciando dunque alle ferite diverse ogni libertà per diffondersi e penetrare dentro nei tessuti fino agli ossicini più segreti.

Gesù stesso, parlando dalla Croce con quelle parole riferite dal Salmo 22: “Hanno forato le mie mani e i miei piedi: hanno contato (oppure: posso contare) tutte le mie ossa”; sembra esprimersi in questo contesto: parole che sono un lamento, ma insieme possono sembrare una constatazione.

In tal modo la Croce ha dato al Crocifisso la possibilità di dar tutto,… cioè proprio tutto ciò che lui voleva, cioè tutto ciò che voleva l’Amore, l’amore suo e del Padre. Tutto ciò che voleva anche il nostro bisogno di vita, di una vita soffocata nel peccato! O uomini, o uomini!, questo è Cristo e Cristo Crocifisso! Cristo che sulla Croce non è inutile, insignificante, ma Cristo che vi parla, e vi parla di amore, di libertà e di Vita! Credetelo, credetelo!

Alla fine, in questo contesto di Cristo e della sua Passione, come risalta nelle celebrazione che ne fa la Chiesa, anche la Croce, la Croce stessa ha una sua parte, una sua responsabilità dentro l’opera della nostra Salvezza; ecco infatti come canta la Chiesa: “O Croce, ave! Unica Speranza”. Né va dimenticato che Gesù stesso definì il suo essere sulla Croce la sua “esaltazione”; e tale esaltazione da poter dire: “Quando sarò esaltato, attirerò a me tutte le cose! “. Molto opportunamente dunque, come visto sopra, Papa Benedetto, parlando ai Giovani Universitari, diceva, mostrando loro la Croce: “Essa è l’albero dell’amore e della verità…”. Sembra che questo accenno del Papa ci obblighi verso un’ultima riflessione, cioè: tutto questo sublime lavoro di amore è tutto riservato a Lui che è l’Amante, oppure, come avviene, qualche cosa vien richiesta da lui anche a noi, che siamo l’amato?

Rispondiamo subito che Lui, a suo tempo, con i suoi apostoli (che ora siamo tutti noi) ha fatto di tutto per coinvolgerli, come abbiam visto, e tutti sappiamo dunque l’inutilità di quel suo triplice tentativo di coinvolgimento. Gesù non se l’è mai presa, come invece se l’è presa contro quel “Signore, non sia mai!” di Pietro che pretendeva distogliere Lui da quel suo impegno con il Padre: ha sempre taciuto verso di loro; ma, pensando che anche loro sarebbero rientrati, rivolgendosi alle folle, disse a tutti: “Prendete anche voi, ogni giorno, la vostra croce e seguitemi”. E questo ogni volta dopo quel triplice rifiuto dei dodici: ogni volta, rivolgendosi alle folle, invitava tutti: “Prendete anche voi ogni giorno, la vostra croce”. E voleva coinvolgere tutti, in attesa anche di chi si fosse ritirato.

Quindi Lui ; Gesù Crocifisso, Lui il nostro Amante, ha fatto la sua parte verso noi, suoi amati, per coinvolgerci nel suo disegno di amore: ora dunque, tocca a noi muoverci verso queste parole: “Prendete anche voi, ogni giorno, la vostra croce”; ne va del nostro onore e del nostro interesse: quanto alle ragioni del nostro onore, ciascuno può pensarle da sé; io, qui, vorrei rilevarne due fra quelle che importano assai al nostro interesse: una riguarda la nostra volontà, l’altra il nostro… Purgatorio!

Circa la nostra volontà, noi tutti dovremmo sapere quanto sia difficile convincerla a fare ciò che vuole Lui: Dio!; e la ragione è semplice: perché dentro di essa ci sono tutti i sette vizi capitali, specialmente la superbia o l’egoismo. Ebbene, quelle parole di Gesù: “Prendete ogni giorno, etc…” sono proprio una medicina, studiata apposta per liberare la nostra volontà dalla schiavitù dell’egoismo! Potete farne subito la prova, naturalmente tenete presente che quelle parole di Gesù comprendono tutte le croci: piccole e grandi, personali o comunque e da chiunque vengano, sempre tuttavia da Lui conosciute e permesse o disposte dal suo amore per noi.

Sicuri dunque del suo amore, possiamo farne subito una prova, cominciando intanto dalle piccole croci quotidiane (queste ci porteranno poi anche verso le più grandi che, volere o no, verranno…). è importante, per entrare spediti in questo esercizio, che ci abituiamo a non lamentarci mai: di niente e di nessuno. A lamentarci delle croci, non ci si guadagna proprio niente. Una volta tolto questo ostacolo, ecco che alla prima croce potremo subito intervenire: “Grazie, Signore, sia fatta la tua volontà”.

Quasi subito, o in breve tempo di questo esercizio, noi potremo avvertire dentro la nostra testa una nuova volontà, più pronta al sacrificio, desiderosa di incontralo.

Questa grazia ne realizza insieme un’altra, ancor più grande in certo modo, e riguarda il Purgatorio. Noi siamo tutti peccatori, ma succede che ce ne guardiamo bene dai peccati mortali, perché questi portano all’inferno, mentre non guardiamo ai peccati veniali, perché non ci fanno paura, cioè non prendiamo sul serio il purgatorio!

Attenti bene, perché dopo la nostra morte, tutto scomparirà per noi, e resterà un’unica cosa, cioè Dio: unico Bene, unica Gioia!, ma noi non potremo andare da Lui… e sarà per noi una pena non molto diversa da quella dell’inferno!

Pensiamoci bene, e allora capiremo che anche i peccati veniali sono peccato e comportano anch’essi una pena anche se non eterna; capiremo che il purgatorio non è l’inferno, ma qualche cosa di simile. E capiremo infine che anche il purgatorio lo potremo evitare, facendolo qui in terra, accettando quella parola di Gesù: “Prendete ogni giorno la vostra croce e seguitemi”.

Abbiamo così risposto a quella espressione di Gesù (Lc 12, 50): “C’è un battesimo che devo ricevere, e come sono angosciato, finché non sia compiuto”. Una espressione che sta anzitutto al centro della sua personalità e, per conseguenza, al centro della sua opera, al centro del Vangelo. Sta al centro della sua personalità, perché quel “battesimo” non è altro che il mistero della sua Passione e Morte di Croce, il mistero del suo grande Sacrificio per la gloria del Padre e la redenzione del mondo, il mistero stesso del Sacramento Eucaristico, e della Croce stessa…

Ed è per tutto ciò che Gesù e veramente il Cristo, il Cristo Crocifisso, capolavoro dell’Amore. Ed è ancora per tutto ciò che, come diceva ai giovani Papa Benedetto: “Prendete la croce, essa è l’albero dell’amore”.

Ma quella espressione sta ancora al centro della sua opera, cioè del Vangelo, per quelle parole: “ed io sono angosciato finche tutto sia compiuto”. Ora, se Cristo ha una sua personalità e questa personalità ha i suoi punti salienti, non possiamo trascurare fra questi la sua opera, il Vangelo santo; perciò quell’Io sono angosciato, finché tutto sia compiuto” riguarda anche tutto il Vangelo e tutta quella sua opera che è la Chiesa!

Ne consegue che noi, tutti noi battezzati, responsabili del Vangelo e della Chiesa, non dovremmo mai accostare una parola sola del Vangelo o un’anima sola del gregge di Cristo senza portare in noi, dentro di noi, una presenza, come un’eco di quella parola: “sono angosciato!”. Perciò sia leggendo il Vangelo, in ogni sua parola, Cristo è sempre Crocifisso!, sia vivendo il nostro essere Chiesa, Cristo è sempre Crocifisso! Ritorna dunque quella parola del Papa ai giovani: “Prendete la Croce: essa è l’albero dell’amore!”.

Uscendo dunque anche da questo secondo tempo, cioè dal Nuovo Testamento, ed entrando nei rimanenti tre, il Crocifisso e la sua Croce si saranno sempre, anche se diventeranno: il Segno del Figlio dell’Uomo, Vessillo della Vita e della Vittoria sul Male e sulla Morte.

3° Tempo
IL CROCIFISSO CAPOLAVORO DELL’AMORE E LA CHIESA
Cristo Risorto, apparendo alla Maddalena, le consegna un messaggio per gli Apostoli: “Vai dai miei fratelli, e dì loro: lo salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (Gv 20,17).

Non possiamo non vedere in questo messaggio un rapporto nuovo tra Cristo e gli Apostoli; infatti in precedenza gli Apostoli erano sempre chiamati discepoli, qui invece vengono chiamati “fratelli”; con la conseguenza che anche il Padre diventa: “Dio mio e Dio vostro, Padre mio e Padre vostro”.

Questo cambio si fa subito chiaro, se si pensa a ciò che è accaduto la sera prima della Passione, quando Gesù, dopo aver celebrato la prima Eucaristia, consegna a tutti e a ciascuno quella sua volontà: “Fate questo in memoria di me”.

Parole queste veramente grandi: Gesù consegna agli Apostoli, come in un testamento, il dono di se stesso: li rende padroni di se stesso, cioè del suo Corpo e del suo Sangue. In una parola, li ha fatti suoi Sacerdoti: sacerdoti per la celebrazione di quel suo Sacrificio sulla Croce, con il quale lui aveva redento il mondo; celebrando dunque quel Sacrificio, essi l’avrebbero fatto perdurare per tutto il tempo della vita del mondo.

Cristo Risorto evidentemente aveva davanti a Sé il suo programma: Egli ormai doveva ritornare al Padre e perciò doveva lasciare al suo posto la sua Chiesa: bisognava quindi provvederla di tutto il necessario per la sua missione: ed ecco che con il dono fatto agli Apostoli del divino sacerdozio, con quel divino potere sul suo Corpo e sul suo Sangue, Egli non solo lasciava alla Chiesa se stesso, ma se stesso moltiplicato alla massima potenza.

E dopo questo altissimo dono di se stesso, espresso anche in quelle altre parole: “Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20) Gesù Risorto, apparendo, diede alla sua Chiesa l’altro grande dono della intelligenza delle Sacre Scritture (Lc 24,45). Alla fine concedette a Pietro ciò che gli aveva promesso, cioè il pieno potere, da condividere con gli altri, di governare tutta la sua Chiesa (Gv 21,15 e s.). Così, con questi tre poteri: di culto, di insegnamento e di governo, la Chiesa avrebbe potuto avanzar sicura; ma, per una sicurezza massima, occorreva ancora il dono dello Spirito Santo, quello che Gesù aveva promesso prima di ascendere al Padre, come si legge in Luca 24,49: “E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso, ma voi resterete in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”.

Infatti, tre giorni dopo, sopra il Cenacolo, dove essi si erano riuniti insieme con Maria, che era ormai la loro Mamma, si abbatté in maniera potente, la Grazia dello Spirito Santo!… e tutti, e ciascuno, poterono constatare che quel miracolo così prepotente davvero, riempiva in loro fino allo strapieno tutta l’opera che avevano ricevuto dal Maestro, e ciascuno si trovò pronto per prendere la sua via.

Qui si rende evidente, tanto da stupirne, la potenza dello Spirito Santo: infatti tutta quell’opera che gli Apostoli avevano ricevuto dal Maestro, sulla fine aveva accusato un certo pericolo di fallimento: cioè le grandi verità del grande Sacrificio di Cristo Crocifisso, e quindi della sua Passione e Morte di Croce, insieme alle altre da queste dipendenti, come la Cena del Pane e del Vino, Corpo e Sangue del Crocifisso, e la sua stessa Risurrezione; tutto ciò insomma per cui Gesù aveva già salvato il mondo, tutto ciò gli Apostoli non l’avevano ancora ben capito, né tanto meno creduto… E allora, come mai essi dopo quel rumore dello Spirito santo erano così pronti a prendere ciascuno la sua via? Anche il Manzoni, nel suo stupendo Inno alla Pentecoste, resta sorpreso di questo cambiamento degli Apostoli e, parlando alla Chiesa, canta e chiede: “Dov’eri mai? Quale angolo ti raccogliea nascente”. E riprende: Stavi in riposte mura, fino a quel sacro dì, quando su te lo Spirito rinnovator discese….

Ecco, questo è il miracolo della Pentecoste! Quindi tutti gli Apostoli, cioè ciascuno prende la sua via per il mondo intero, per salvare il mondo, un mondo già salvato dal grande Sacrificio del Crocifisso, ma non ancora credente: per salvarsi bisognerà che creda, che creda all’Amore, al Crocifisso capolavoro dell’Amore; e gli Apostoli, ora che hanno ricevuto la grazia di credere, bisognerà che portino a tutti questa Grazia della Fede.

Ecco dunque la Chiesa: la grande convertita, la grande credente! Ecco la Sposa che Cristo ha amato, provvedendola di tutto il necessario perché sappia e voglia dargli un mondo di figli per il Padre. E perciò questo tempo, questo tempo nel quale essa vive nell’attesa del suo ritorno, questo tempo nel quale Lui, assente, le ha consegnato tutto di se stesso: la sua Croce, cioè l’albero della Vita, la sorgente inesauribile dell’amore e della verità; cioè Lui Crocifisso con tutti i doni maturati su di essa: il Sacrificio di salvezza, il suo Corpo e il suo Sangue fatti Pane e Vino per la fame e la sete di tutti i popoli della terra, per tutto il tempo fino al suo ritorno con “cieli nuovi e la terra nuova, nei quali abiterà la giustizia!”.

Questa Chiesa noi la vediamo, la contempliamo attraverso gli “Atti degli Apostoli” diffondersi e conquistare il mondo e cambiarlo in breve tempo da un mondo perduto nel paganesimo, ad un mondo della vera Fede nella Speranza e nella Carità! Orientato verso i traguardi eterni, nutrito della Parola eterna e dal Pane e Vino della vita eterna! E sembra proprio che questo prodigioso movimento di conversione, oltre che dalla Parola di Vita eterna, trovi nel Pane e nel Vino di vita eterna la sua motivazione più determinante: quel Pane e Vino che non va dimenticato! sono le Membra e il Sangue del Cristo Crocifisso: quel Cristo Crocifisso che, come ha sempre dominato sulla scena, sia nel tempo della sua attesa, sia poi in quello della sua venuta, così in questo della sua assenza: è sempre Lui che domina proprio come avviene sul piano dello sviluppo della nostra vita umana, dove il mangiare e bere, alla fine di tutte le altre importanti occupazioni, restano sempre il momento più determinante.

Se dunque ci mettessimo ad osservare, da un ipotetico punto di vista, il cammino di un apostolo o missionario, vedremmo che, dopo un determinato tempo segnato dai diversi incontri e fatiche apostoliche, la cosa più urgente sarà quella di fermarsi a stabilire un posto, una casa, una piccola chiesa dove i nuovi discepoli possano convenire per trovare il sacerdote e con lui la parola della Verità, insieme al tabernacolo, dove poter ricevere il Pane e il Vino che non solo altro che il Crocifisso stesso!

Molto bene Giovanni Paolo II ha scritto quella sua enciclica “Ecclesia de Eucaristia” cioè: la Chiesa vive di Eucaristia; senza mai dimenticare, tuttavia, che Eucaristia è uguale a Cristo Crocifisso, perché si potrà ricevere degnamente il Pane Eucaristico solo dopo aver creduto che la propria Fede e salvezza sono un frutto germinato da quell’Albero che è la Croce di Cristo Crocifisso.

Ma insieme con il Crocifisso e l’Eucaristia, c’è un terzo valore che ha accompagnato e accompagna tuttora la vita della Chiesa, e cioè la Croce stessa: sappiamo quanto Cristo stesso abbia amato la Croce, la sua Croce, perché ha visto in essa quello strumento che gli ha concesso di dare se stesso, tutto quello che Lui era e poteva e voleva dare per il compimento di quel sacrificio che il Padre esigeva; sappiamo ancora come la Chiesa stessa veneri e saluti la Croce come l`”unica speranza” di salvezza, come ogni missionario brami decorarsi di essa, come dell’arma di vittoria nella sua battaglia contro il nemico, alla maniera del grande Costantino. Anche in questi nostri giorni, abbiamo visto come Papa Giovanni Paolo II abbia rilanciato quest’Arma della Croce, mettendola sulle spalle dei nostri giovani e ottenendone veri miracoli: miracoli che si ripetono anche oggi, in cui quella pesante Croce portata dai giovani sta percorrendo le varie regioni dell’Asia.

Davvero, sono questi i tempi della sua assenza e della sua attesa, ma Lui c’è sempre, perché Lui è la sua Chiesa… E la Chiesa sa quella sua Chiesa che, come afferma la GS (n. 910) “crede che Cristo, per tutti morto e Risorto, dà all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché possa rispondere alla sua vocazione suprema; né è dato in terra un altro nome dato agli uomini in cui possano salvarsi” (At 4,12) crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro, il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che, al di sopra di tutti i mutamenti, ci sono molte cose che non cambiano: esse trovano in Cristo il loro ultimo fondamento, in “Cristo che è sempre lo stesso, ieri, oggi e nei secoli” (Eb 13,8).

Sicura e forte di questi principi, la Chiesa va affrontando, di secolo in secolo, questo tempo che la separa dal ritorno del suo Sposo. Alessandro Manzoni, cerca di riassumere le attività della Chiesa durante gli anni della sua attesa del ritorno di Cristo, in questi versi: “Madre dei santi, che da tanti secoli soffri, combatti e preghi…”. Le grandi sofferenze furono causate ancora nel primo e nel secondo secolo, dalle grandi eresie di Ario, Nestorio e Pelagio. Da esse derivò poi il primo scisma, quello d’Oriente; quello d’Occidente verrà più tardi.

Le sofferenze comportarono i “combattimenti”, cioè: il lavoro dei grandi Concili ecumenici, soprattutto i primi tre: di Nicea, di Efeso e di Costantinopoli, che costruirono e assicurarono alla Chiesa la sua bella formula di fede: il suo Credo. Gli altri quattro Concili completarono l’opera. Ma intanto si era fatto avanti un altro pericolo, cioè l’Islam!, il quale, in breve tempo, si era già impadronito di tutte le fiorenti chiese della sponda africana del Mediterraneo, era poi sbarcato nella Spagna e minacciava la conquista di tutta la cristiana Europa. Fermato in questa sua direzione, restava sempre una presenza di distruzione in tutta la Terra Santa: donde, per la Chiesa e il Cristianesimo, la necessità delle Crociate.

Ma dopo il “soffri” e “combatti’ il poeta vede l’attività della Chiesa nel “preghi… e le tue tende spieghi dall’uno all’altro mar” e quel “preghi” fa pensare alle grandi e diverse liturgie che in questo periodo andranno man mano fiorendo attraverso l’affermarsi dei diversi Ordini e Congregazioni religiose; fa pensare alla grande teologia e genuina santità testimoniata dalla grande massa dei Martiri, dei Confessori, dei Maestri, dei grandi Dottori e dei grandi Missionari sia dell’Oriente che dell’Occidente; fa pensare ancora alle grandi opere sociali della carità, dell’Istruzione, dell’assistenza ai malati, agli infermi, agli anziani.

Una Chiesa dunque che ha rappresentato assai bene il suo Sposo in questo periodo della sua assenza, e che sembra tuttora in buona forma per portare avanti il suo compito fino al suo tanto atteso ritorno… Anche se, al presente, cioè in questi primi anni del duemila, non si possa dire che le cose vadano proprio bene, anzi… Infatti, Papa Giovanni Paolo II lamentava che una “silenziosa apostasia” serpeggiava qua e là in tutta l’Europa; e l’attuale Papa Benedetto XVI è tutto impegnato contro un male peggiore, e conseguente da quello che lui ha classificato con il nome di ‘Dittatura del relativismo’ che vuol dire la libertà di fare ciò che si vuole, dove la prima vittima sarebbe la famiglia cristiana, ma anche umana, perché una volta dimostrato che l’istinto sessuale è un valore assoluto, in qualsiasi direzione vada, a quale famiglia si potrà approdare? A questo punto, insieme a Paolo VI, anche noi possiamo domandarci: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8).

4° Tempo
IL RITORNO DI CRISTO E IL CROCIFISSO CAPOLAVORO DELL’AMORE
Nel Credo, noi confessiamo questo ritorno dicendo: “E di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo Regno non avrà fine”. Tuttavia, stando a ciò che ci dicono gli Atti degli Apostoli: “Quel Gesù or ora salito al cielo ritornerà nello stesso apparato con cui lo avete visto andarvi” (At 1,2), sembrerebbe possibile potersi aspettare un altro ritorno di Gesù prima di quello finale, di cui confessiamo nel Credo; poiché questo si fa aspettare, il soggiorno di Cristo in cielo in sé definitivo per quel che lo concerne, resta una tappa transitoria nell’economia generale della salvezza: vi rimane nascosto agli uomini in attesa della sua ultima manifestazione, al momento della restaurazione universale (At 3,21).

Questa restaurazione universale poi, dovrebbe avvenire alla fine dei tempi; perciò il titolo che abbiam dato sopra (“4° Tempo”) non comprende certo un periodo di secoli, come nei precedenti, ma solo il passaggio dal tempo all’eternità: “come la folgore viene da oriente ad occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo” (Mt 24,27). Siccome però questo passaggio segnerà il trionfo del Crocifisso capolavoro dell’Amore, ecco che gli avvenimenti, che in esso avverranno, avranno un’importanza quale non fu in tutto il corso del tempo.

La Scrittura che tratta di questi avvenimenti si diffonde nei cosiddetti discorsi escatologici, cioè discorsi circa le cose ultime, esposti sia dai tre Vangeli sinottici, sia dalle Apocalissi: in essi discorsi si tratta anche della distruzione di Gerusalemme ad opera dei Romani e delle sue conseguenze, ma ciò che a noi interessa qui, ora, è la realizzazione di quella prima grande Profezia, con la quale il Padre impegnava la Donna e il suo Seme a schiacciare la testa di Satana, portando a termine così contro di lui la grande vittoria del Crocifisso.

Ebbene, sono tre i fatti principali che celebrano questa vittoria: il primo lo prendiamo da Mt 24,30: dove, dopo aver parlato di un periodo di grandi tribolazioni, durante il quale il Vangelo del Regno sarà annunziato in tutto il mondo (e allora verrà la fine), aggiunge: “subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce. Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo, e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria”.

Notiamo anzitutto il comparire in cielo il “Segno” del Figlio dell’uomo. Tutti i santi Padri concordano nel vedere in quel segno la Croce! E la Croce splendente come il sole! Ricorderemo tutti come il Verbo di Dio, incaricato dal Padre a nascere dalla Vergine, per fare poi della sua vita umana assunta da Lei la redenzione, cioè la liberazione da Satana per tutti gli uomini, Egli subito, fin dagli inizi del mondo, si era proposto avanti la Croce, come lo strumento più adatto per dare su di esso compimento al suo Sacrificio! Ora, finalmente, era disceso da essa per mostrarla a tutti come il Vessillo del suo Trionfo.

Il secondo fatto che celebra la vittoria del Crocifisso è il giudizio delle nazioni, e lo prendiamo dall’Apocalisse di Giovanni (Ap 20?,11): “Poi vidi i morti grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Il mare restituì i morti che esso custodiva e la morte e gli Inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. Furono aperti i libri e anche il libro della vita. La morte e gli Inferi furono gettati nello stagno di fuoco: questa è la seconda morte. E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco”.

Cristo era disceso dalla Croce perché era ormai giunta l’ora termine della generazione umana, perciò non c’era più alcuno da salvare: ed era giunta pure l’ora del giudizio, e il primo ad essere gettato nello stagno di fuoco era proprio lui, Satana, insieme alla sua creatura, la morte e insieme quelli che avevano creduto nella morte!

Ed ecco allora il terzo fatto che sigilla la vittoria della Croce e del Crocifisso capolavoro dell’Amore (Ap 21,1): “Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più”. Già San Pietro: “Noi aspettiamo cieli nuovi e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la Giustizia” (2Pt3, 13). Qui il Crocifisso capolavoro dell’Amore ha un suo particolare motivo di cantar vittoria: Lui, per il quale era stato creato il primo mondo, con tutte le sue infinite bellezze, prima fra tutte la coppia umana Adamo ed Eva; Lui che di tanto bene ne aveva fatto il capolavoro di quella Sapienza che non era se non Lui in persona, e lui se lo vedeva subito, così appena fatto, imbrattare dalla zampa infernale, sacrilega di Satana, il quale, ingannando la dolce Eva e, per lei, in grande Adamo, li induceva a commettere quel peccato per cui sopra quel suo capolavoro scenderà la notte funerea della Morte e della Maledizione del Padre!, Lui, il Verbo cosa farà? Ma ecco che sulla maledizione prevarrà la Misericordia del Padre, e Lui, per amore dell’Umanità, appena sbocciata alla vita, dovrà impegnarsi per un nuovo capolavoro: il capolavoro dell’Amore: dovrà incarnarsi, caricarsi della Croce, e con essa giungere a quel trionfo di cui sopra, con la comparsa finale di quei “cieli nuovi e quella terra nuova abitati dalla Giustizia”.

Così la vittoria su Satana sarà completa e perfetta: vittoria sul peccato, vittoria sulla Morte, vittoria sul Maligno: ormai sulla sua testa il piede della Donna e del suo Seme si è avventato e l’ha schiacciata a morte! Per lui tutto è finito, e con lui tutto il mondo del peccato: ecco i “cieli nuovi e la nuova terra”. Ed ecco anche la nuova Gerusalemme, la Sposa dell’Agnello, che discende dal Cielo, per le Nozze eterne!

5° Tempo
IL CROCIFISSO CAPOLAVORO DELL’AMORE E LE SUE NOZZE ETERNE
La definizione di “5° Tempo” che abbiamo dovuto dare a questa ultima parte della nostra riflessione, è solo per adattarci al modo di pensare di noi che siamo ancora di questo mondo: infatti dopo la fine del mondo e della storia umana, dopo la fine del peccato, della morte di Satana dentro lo stagno di fuoco, dopo la fine dunque, anche del tempo, non si dovrebbe più parlare di tempo, perché sarebbe sopravvenuta un’altra realtà, dove la vita non sarebbe più un passaggio, cioè un perpetuo passare da alfa a beta, da beta a delta, etc., ma un eterno stare, quale è appunto la vita eterna, definita da Boezio: ‘Tota simul et perfecta possessio’un possesso simultaneo e totale del Tutto!

E il fatto, del quale ora vogliamo parlare, è meraviglioso oltre ogni dire, e lo si potrà comprendere bene solo se sapremo vederlo dentro questo contesto di eternità. Si tratta, come è detto sopra, delle Nozze eterne dell’Agnello cioè del Crocifisso, capolavoro dell’Amore, con la Nuova Gerusalemme, cioè con l’umanità da Lui redenta e salvata nella Vita Eterna; ne parla Giovanni (Ap 21,9): “Poi venne uno dei sette Angeli e mi parlò: “Vieni, ti mostrerò la Fidanzata, la Sposa dell’Agnello”. Lui stesso in precedenza aveva visto: “La città santa, la Nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come sposa adorna per il suo Sposo”. Ma questo tema di Dio e di una sua Sposa ritorna spesso, fin dai primi tempi, nella Sacra Scrittura: sarà bene dunque riportarne i punti più significativi.

Isaia (54,5): “Esulta, o sterile, non temere, non vergognarti, perché tuo Sposo è il tuo Creatore: Signore degli eserciti è il suo nome”.

Isaia (62,4): “Nessuno ti chiamerà più abbandonata, ma tu sarai chiamata Mio Compiacimento, poiché il Signore si compiacerà di te. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto: come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà di te”.

Matteo (9,15): “E Gesù disse loro: non possono gli invitati a nozze essere in lutto, mentre lo sposo è con loro”.

Giovanni (3,29): “Chi possiede la sposa è lo sposo: ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo”. (L’immagine nuziale che nell’Antico Testamento è applicata tra Dio e Israele, Gesù se l’è appropriata).

2Corinzi (2,2): “Io infatti provo per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi ad un unico Sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo”. (Paolo, amico dello Sposo, gli presenta la Chiesa sua fidanzata) (A partire da Osea 2, l’amore di Yaveh per il suo popolo viene rappresentato dall’amore dello sposo e della sposa).

Apocalisse (19,110): “Alleluia! Perché sono giunte le nozze dell’Agnello: la sua sposa è pronta” Nel Nuovo Testamento Gesù presenta l’era messianica come uno sposalizio (cfr Lc nozze del Figlio de re), soprattutto qualificandosi Egli stesso come lo Sposo (Mt 9,15 e Gv 3,29) mostra che l’alleanza nuziale tra Dio e il suo popolo si realizza pienamente in Lui.

Alla fine, ecco che tutto sembra risolversi: nelle ultime pagine dell’Apocalisse, ecco la nuova Gerusalemme che discende dal Cielo con la solennità della Sposa dell’Agnello, in vista del prossimo incontro con Lui, che risponde agli incalzanti: ‘Vieni, vieni!’ dicendo: “Verrò presto!”. “Verrò presto!”: dunque non è ancora venuto e la Chiesa continua ad aspettarlo: “nell’attesa della sua venuta”. Dovranno infatti realizzarsi quei tragici fatti da noi già contemplati, con i quali e dopo i quali si determinerà la fine del tempo e l’avvento dell’eterno! Infatti il mistero delle nozze dell’Agnello e della nuova Gerusalemme, cioè dell’umanità redenta da lui, poiché sono Nozze eterne, non hanno alcun confronto con le nozze nel tempo: queste hanno il grande compito di diffondere nello spazio e nel tempo i membri della eccelsa razza umana, e avviarli poi verso i loro eterni destini: le Nozze eterne dell’Agnello invece hanno il compito di cogliere ciò che nel tempo ciascuno ha maturato di eterno per portarlo alla perfezione, poiché eternità vuol dire: “Tota simul et perfecta possessio!”.

Ecco poi come l’Apocalisse (21,3) definisce le Nozze dell’Agnello: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro, ed essi saranno suo popolo, ed Egli sarà “Dio con loro”‘. Parole, queste, che ci ricordano il grande problema dell’Alleanza: quell’Alleanza che Dio, fin dai primi tempi, aveva stabilito con il popolo ebraico, e che poi Cristo aveva rinnovato elevandola alla dignità di Eterna Alleanza, perché fondata sul suo Sangue, quello da lui sparso nel grande Sacrificio voluto dal Padre per la nostra Redenzione: quel Sacrificio cioè che Lui stesso aveva voluto e sognato fin dal principio, vedendosi già appeso a quella Croce, abbracciato ad essa in un abbraccio sponsale, inteso a meritare di essere l’Agnello Sposo della nuova Gerusalemme, quella che Lui già prevedeva discendere dal Cielo come una Sposa incontro a Lui!

CONCLUSIONE

IL TEMPO DI GESù CROCIFISSO

Finora abbiamo parlato di un Verbo Figlio di Dio, fatto uomo nel seno purissimo della Vergine Maria, tutto inteso a realizzare il grande programma che gli è stato affidato dal Padre, cioè quel divin Sacrificio che avrebbe restituito al Padre la sua gloria e ridato al mondo la salvezza perduta: ma questo discorso sarebbe rimasto incompiuto e anche ingiusto senza una parola che mettesse brevemente in rilievo ciò che costituisce la sua personale iniziativa nel compimento del grande programma ricevuto dal Padre.

Potremmo cominciare rievocando, come mi pare di aver fatto, quella sua totale, non solo, ma entusiastica adesione a quella Volontà, rivelandone anzi gli aspetti più esigenti: non permettendo ad alcuno che lo dissuadesse (e di ciò san Pietro ne fece le spese), né domandando ad alcuno che gli fosse di aiuto: tutti infatti poterono svignarsela.

Qui forse possiamo chiederci del perché di tanta gelosia di Gesù, sia nell’ignorare chi avrebbe potuto aiutarlo, sia nel rifiutare chi volesse dissuaderlo da quel suo cammino verso il suo grande Sacrificio: ebbene, scoprire il perché di questa sua gelosia, sarà come scoprire che Lui faceva questo cammino verso quel suo Sacrificio non solo per obbedire alla Volontà del Padre, ma anche per le seguenti motivazioni, alle quali ora accenneremo.

Anzitutto, quel miracolo di amore con il quale Egli volle incoronare il suo Sacrificio sulla Croce, facendo delle sue carni sacrificate e del suo Sangue sparso un divino Banchetto per la nostra fame e la nostra sete di infinito…: questo miracolo di amore, anche se tutto intonato al programma del Padre, in realtà era una iniziativa tutta sua, una iniziativa che gli è scaturita proprio da quella carne ricevuta dalla Vergine sua Madre, per cui, nel momento stesso del sentirsi uomo, ecco che quel pensiero, per sé devastante, di dover morire sulla Croce, si trasformò d’improvviso, come in una tappa meravigliosa, cioè: quella tappa, come il fuoco… avrebbe ‘preparato’ quelle sue Carni e quel suo sangue, così che poi, in quel Banchetto di Vita, sarebbero diventati più bramati, più desiderati e gustati!

Ma ecco che a questa iniziativa se ne accompagna un’altra: abbiamo sentito, appena sopra, da Apocalisse (21, 3) parlare delle Nozze dell’Agnello come di una eterna Alleanza: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini: essi il suo popolo… Egli il Dio con loro”. Sappiamo che ci fu una prima Alleanza, al tempo dell’uscita dall’Egitto, ma a questa il popolo non fu fedele, ed essa decadde. Ma il ricordo di essa non decadde, perché i Profeti continuarono a richiamarla. Quando poi venne la pienezza dei tempi, ecco che Isaia ed Ezechiele annunciarono “una nuova ed eterna Alleanza”.

Ma ogni Alleanza deve essere ratificata dallo spargimento di sangue: quella prima era stata sancita con il sangue di animali: e questa seconda ed eterna?… Ecco Gesù, che nell’ultima cena con i suoi, prima di andare alla morte di Croce, inaugurando anzi tempo il Banchetto Eucaristico, ma riferendosi sempre alla sua morte di Croce, con il suo Sangue che spargerà sulla Croce, ratifica, sancisce la Nuova Eterna Alleanza.

Nel medesimo tempo, cioè mediante quell’ultima Cena, con le grandi parole rivolte agli Apostoli al termine di essa: “Fate questo in memoria di me” (ecco una nuova e terza grande iniziativa). Egli eleggerà il nuovo Sacerdozio per l’Eterna Nuova Alleanza!

Ma anche immediatamente prima di andare incontro alla sua Passione, e quindi alla sua Crocifissione e quale inspirazione da essa, ecco un’ulteriore iniziativa, cioè quel suo discorso che giustamente è chiamato la preghiera sacerdotale, la preghiera di oblazione e di intercessione nell’ora del Sacrificio: noi possiamo vedere in essa una soluzione di quell’altra iniziativa che è il mistero delle Nozze Eterne che Cristo, al suo ritorno, dovrà stringere con la Nuova Gerusalemme, cioè con la sua Chiesa, quella formata dall’umanità da Lui redenta, formata dunque da ciascuno di noi, poiché ognuno sarà soggetto di quelle Nozze.

Infatti quella preghiera parla di una consacrazione di tutti nella Verità, e insieme di una partecipazione di tutti e di ognuno a quell’Unità stessa nella quale vivono il Padre e il Figlio; e di tanta Grazia, cioè di tali Nozze Eterne, dovranno poi esserne partecipi tutti per tutta la Vita Eterna. Ecco infatti come conclude quella preghiera: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato: poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo” (Gv 17,17 e s.).

A quali prospettive veramente divine e davvero infinite conducono tutte queste iniziative di Cristo, partendo tutte dal dolcissimo mistero della sua Morte di Croce!

O mio dolce Signore, Gesù Crocifisso!… capolavoro dell’Amore!… dopo aver compiuto con Te questo lungo viaggio attraverso i lunghi secoli del tuo Avvento: il grande secolo della tua presenza tra noi, gli ormai quasi due millenni dalla tua dipartita, e quindi di una tua trepida attesa, sempre compresi dentro il mistero del tuo grande Sacrificio, cioè della tua Passione e Morte di Croce, prima nella sua realtà storica, poi nella sua realtà mistica, dentro la celebrazione della tua Chiesa: credendoci dunque verso il termine di questo viaggio, e ritenendoci un po’ in diritto che Tu, finalmente debba venire a noi… ecco che noi andiamo già vedendo vicini i grandi fatti che la tua venuta porterà con sé: la fine di questo mondo, la condanna di Satana e dei suoi, il Giudizio di tutti e la comparsa dei cieli nuovi e della nuova terra, dove regnerà la giustizia!

Ma Tu, con la parola della Scrittura, vieni a richiamarci oltre siffatti, e a mostrarci al di là della nostra stessa Salvezza (per la quale Tu hai fatto tanto), al di là, quando ormai l’immane fracasso, che segnerà la caduta nel nulla di ogni vanità del tempo, anche lui, il tempo stesso sparirà nel nulla, al sopravvento dell’Eternità con le sue eterne bellezze! Ed è proprio la prima di esse, quella che tu vuoi mostrarci, perché essa è tutta nostra, cioè la celeste Gerusalemme che discende dal Cielo, tutta pronta per le Nozze Eterne con l’Immacolato Agnello che sei Tu!

O beata Gerusalemme del Cielo! O beata Chiesa di Cristo Crocifisso! O beato ciascuno di noi Chiesa di Cristo Crocifisso!… innamorato di ciascuno di noi ancora dalla sua Croce, ora vuol concludere tutto alla perfezione del suo Amore, chiamando tutti alle sue mistiche Nozze, dopo averci doppiamente consacrati nella Verità, dopo averci ammessi alla stessa Unità di Lui con il Padre, e dopo aver ottenuto dal Padre che stiamo sempre con Lui per contemplare la sua gloria, quella che gli è stata data ancor prima della fondazione del mondo perché noi la viviamo con Lui!

O Gesù, dolcissimo Sposo delle nostre anime, come è vero che Tu sei il nostro sposo, perché ci hai dato tutto di Te stesso, sia prima qui sulla terra, sia ora in Cielo: e come è vero che nel tempo del tuo vivere qui tra noi ti è toccato di vivere in quella “angoscia”, della quale ci hai detto, per aver dovuto aspettare che si compisse, finalmente, quel “Battesimo” per il quale ci avresti manifestato in pienezza quel tuo amore, morendo per noi sulla Croce e lasciandoci così il tuo Corpo e il tuo Sangue come nostro cibo e bevanda: e come è pur vero che Tu, prima di partire da noi, hai dato ai tuoi la facoltà divina di perpetuare nel tempo, per la nostra fame e sete, quel santo sacrificio tuo sulla Croce.

Ma ciò sarà pur vero anche per quando verrai? O poveri uomini, tanto superficiali quanto vanitosi e vuoti, ascoltate bene voi, cui dà tanto fastidio la presenza del Crocifisso: nel Credo noi diciamo: “Di nuovo verrà nella gloria” ma, prima di lui, “comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo”; quel segno non sarà che la Croce!… e sarà splendida come il sole! ditemi dunque: quel segno, nel vederlo, avrete ancora tempo per andar dal sindaco a pregar di rimuoverlo, o vi troverete, d’improvviso, morti per lo spavento?

“E vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo, con grande potenza e gloria” (Mt 24,30) Ma tutto questo avverrà. Tu intanto, o Cristo, fino a quando non avverrà la fine, e ci sarà anche un uomo solo da salvare, Tu sarai in agonia, cioè sarai là su quella Croce, quella che Tu, fin dall’inizio del mondo e del peccato, Tu hai subito pensato, voluto e bramato come l’unico rimedio per quel gran male del peccato, o benedetto Cristo Crocifisso, vero capolavoro dell’Amore.

Ma a un tanto capolavoro di Amore, non dovrà forse corrispondere un premio? E quale premio potrebbe essere da più di quello che Tu già ci hai mostrato, cioè quello che, fin da un misterioso passato (come narra san Giovanni della Croce) il Padre tuo, desideroso di trovarti una Sposa, dopo averti indicato i cieli e la terra quale degno palazzo di essa, alla fine ecco che (con tuo grande contento) ti rivela il mistero della tua Sposa, cioè: poiché gli abitanti dei due piani di quel palazzo della Sposa (e sono gli Angeli, nel piano superiore e gli uomini, nel piano inferiore) formano un Corpo solo, per il fatto che Tu solo sei lo Sposo che li ama, e: “il Pane degli Angeli è diventato il Pane degli uomini ecco che quel Corpo è la vera, unica tua Sposa!

Oh! allora, venga dal Cielo questa celeste Gerusalemme, cioè la Sposa del palazzo dai due piani, cioè le infinite schiere dei cori angelici, e la folla immensa che non si può misurare degli uomini redenti e salvati: e Lui, lo Sposo, l’Agnello immolato per tutti: e vengano dunque le tanto sospirate Nozze, e con esse gli sconfinati orizzonti dell’Eternità, e quella Vita Eterna, e l’eterno viaggio nuziale di quelle Nozze Eterne, anzi l’eterno viaggio trionfale di quello Sposo Vincitore della Morte e delle forze infernali, e di quella Sposa da Lui salvata e con Lui Vincitrice: Eterno viaggio trionfale all’insegna della Croce, il “Segno” del Figlio dell’uomo, più radioso del Sole: il segno che, fin dall’inizio del tempo, il Verbo divino ideò come l’arma sicura della sua trionfante impresa, e sulla quale poi, fattosi uomo si lasciò crocifiggere, divenendo così il Crocifisso, e quindi il grande Sacrificio di Redenzione lasciato in dono alla Chiesa sua Sposa, perché lo tenesse vivo tutti i giorni, tutte le ore del giorno, quale capolavoro dell’Amore, ispirativo di Amore.

E ora, finito il tempo, avviato l’Eterno Viaggio trionfale, quel “Segno” con il quale tutto era stato fatto, non poteva certo nascondersi, né venir dimenticato, ma innalzato! come il vessillo, la bandiera di quel trionfo e di quel Trionfatore!!!

Oh, davvero beati coloro che avran parte in quell’Eterno Viaggio trionfale, sotto quel Segno, quel vessillo, quella Bandiera. Ma quale vergogna e, purtroppo, eterna!… per chi, quel Segno, l’avesse ritenuto una realtà insignificante.

Per ordinazioni rivolgersi a: don Enzo Boninsegna Via San Giovanni Lupatoto, 16 Int. 2 37134 Verona Tel.: 0458201679 * Cell.: 3389908824