I mezzi per conseguire il Paradiso sul consiglio dei Santi

I mezzi per conseguire il Paradiso

In questa quarta parte fra i mezzi suggeriti da diversi autori, per conseguire il Paradiso, ne suggerisco cinque:
1) evitare il peccato grave;
2) fare i Nove Primi Venerdì del mese;
3) i Cinque Primi Sabati del mese;
4) recita giornaliera di Tre Ave Maria;
5) conoscenza del Catechismo.
Prima di iniziare facciamo tre premesse.
Prima premessa: verità da ricordare sempre:
1) Perché siamo stati creati? Per conoscere Dio, nostro Creatore e Padre, amarlo e servirlo in questa vita e goderlo poi per sempre in Paradiso.

2) Brevità della vita. Cosa sono 70, 80, 100 anni di vita terrena dinnanzi all’eternità che ci aspetta? La durata di un sogno. Il demonio ci promette un specie di paradiso in terra, ma ci nasconde l’abisso del suo regno infernale.

3) Chi va all’Inferno? Chi vive abitualmente in stato di peccato grave, non pensando ad altro che a godersi la vita. – Chi non riflette che dopo la morte dovrà rendere conto a Dio di tutte le sue azioni. – Chi non vuole confessarsi mai, per non distaccarsi dalla vita peccaminosa che conduce. – Chi, fino all’ultimo istante della sua vita terrena, resiste e rifiuta la grazia di Dio che l’invita al pentimento dei suoi peccati, all’accettazione del suo perdono. – Chi diffida dell’infinita misericordia di Dio che vuole tutti salvi ed è sempre pronto ad accogliere i peccatori pentiti.

4) Chi va in Paradiso? Chi crede alle verità rivelate da Dio e dalla Chiesa Cattolica proposte a credere come rivelate. – Chi vive abitualmente in grazia di Dio osservando i suoi Comandamenti, frequentando i Sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia, partecipando alla Santa Messa, pregando con perseveranza e facendo del bene al prossimo.
In sintesi: si salva e va in Paradiso chi muore senza peccato mortale, cioè in Grazia di Dio; si danna e va all’Inferno chi muore in peccato mortale.
Seconda premessa: necessità della fede e della preghiera.

1) Per andare in Paradiso è indispensabile la fede, infatti (Mc. 16,16) Gesù dice: «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato». San Paolo (Ebr. 11,6) conferma: «Senza la fede è impossibile piacere a Dio, perché chi si accosta a Lui deve credere che Dio esiste e dà la ricompensa a chi lo cerca».
Che cosa è la fede? La fede è una virtù soprannaturale che inclina l’intelletto, sotto l’influsso della volontà e della grazia attuale, a credere fermamente a tutte le verità rivelate da Dio e preposte dalla Chiesa come rivelate, non per la loro intrinseca evidenza ma per l’autorità di Dio che le ha rivelate. Perciò perchè la nostra fede sia vera è necessario credere alle verità rivelate da Dio non perché le comprendiamo, ma unicamente perché le ha rivelate Lui, che non può ingannarsi, né può ingannarci.
«Chi conserva la fede — dice il Santo Curato d’Ars col suo linguaggio semplice ed espressivo — è come se avesse in tasca la chiave del Cielo: può aprire ed entrare quando vuole. E se anche molti anni di peccati e d’indifferentismo l’avranno resa logora o arrugginita, un po’ di Olio degli Infermi basterà a farla ritornare lucida e tale da potersene servire per entrare e occupare almeno uno degli ultimi posti del Paradiso».

2) Per salvarsi è necessaria la preghiera perché Dio ha stabilito di darci il suo aiuto, le sue grazie per mezzo della preghiera. Infatti (Mat. 7,7) Gesù dice: «Chiedete e otterrete; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto», e aggiunge (Mat. 14,38): « Vegliate e pregate per non cadere in tentazione, perché lo spirito è pronto, ma la carne è debole».
E con la preghiera che otteniamo la forza di resistere agli assalti del demonio e di vincere le nostre cattive inclinazioni; è con la preghiera che otteniamo l’aiuto necessario della grazia per osservare i Comandamenti, di compiere bene il nostro dovere e di portare con pazienza la nostra croce quotidiana.
Fatte queste due premesse, passiamo ora a parlare dei singoli mezzi per conseguire il Paradiso.

1 – Evitare il peccato grave

Il Papa Pio XII disse: «Il più grave peccato attuale è che gli uomini hanno incominciato a perdere il senso del peccato». Il Papa Paolo VI disse: «La mentalità del nostro tempo rifugge non soltanto dal considerare il peccato per quello che è, ma persino di parlarne. Si è perduto il concetto di peccato. Gli uomini, nel giudizio odierno, non sono più ritenuti peccatori».
Il Papa attuale, Giovanni Paolo II, ha detto: «Tra i tanti mali che affliggono il mondo contemporaneo, quello più preoccupante è costituito da un pauroso affievolimento del senso del male».
Purtroppo dobbiamo confessare che nonostante non si parli più di peccato, esso, mai come oggi, abbonda, inonda e sommerge ogni ceto sociale. L’uomo è stato creato da Dio, quindi per la sua stessa natura di «creatura», deve ubbidire alle leggi del suo Creatore. Il peccato è la rottura di questo rapporto con Dio; è la ribellione della creatura alla volontà del suo Creatore. Con il peccato l’uomo nega la sua sudditanza a Dio.
Il peccato è una offesa infinita fatta dall’uomo a Dio, l’essere infinito. Insegna San Tommaso d’Aquino che la gravità di una colpa si misura dalla dignità della persona offesa. Un esempio. Un tizio dà uno schiaffo a un suo compagno, il quale, per reazione, glielo ricambia e tutto finisce lì. Ma se lo schiaffo viene dato al Sindaco della città, tizio verrà condannato, per esempio, a un anno di carcere. Se poi lo si dà al Prefetto, o al Capo del Governo o dello Stato, questo tizio verrà condannato a pene sempre maggiori, fino alla pena di morte o all’ergastolo. Perché questa diversità di pene? Perché la gravità dell’offesa si misura dalla dignità della persona offesa.
Orbene quando noi commettiamo un peccato grave, Colui che viene offeso è Dio l’Essere Infinito, la cui dignità è infinita, quindi il peccato è un’offesa infinita. Pe capire meglio la gravità del peccato ricorriamo all’accenno di tre scene.

1) Prima della creazione dell’uomo e del mondo materiale, Dio aveva creato gli Angeli, esseri bellissimi, il cui capo, Lucifero splendeva come sole nel suo massimo splendore. Tutti godevano gioie indicibili. Ebbene una parte di questi Angeli ora sono all’Inferno. Non li circonda più la luce, ma le tenebre; non godono più gioie, ma tormenti eterni; non proferiscono più canti di esultanza, ma orribili bestemmie; non amano più, ma odiano eternamente! Chi da Angeli di luce li ha trasformati in demoni? Un peccato gravissimo d’orgoglio che li fece ribellare al loro Creatore.

2) Non sempre la terra è stata valle di lacrime. Da principio esisteva un giardino di delizie, l’Eden, il paradiso terrestre, dove ogni stagione era temperata, dove i fiori non cadevano e i frutti non cessavano, dove gli uccelli del cielo e gli animali del suoio, miti e graziosi, erano docili ai cenni dell’uomo. Adamo ed Eva abitavano in quel giardino di delizie ed erano beati e immortali.
A un certo momento tutto cambia: la terra si fa ingrata e dura al lavoro, le malattie e la morte, le discordie e gli omicidi, ogni sorta di sofferenza affliggono l’umanità. Che cosa è stato a trasformare la terra da valle di pace e di gioia in valle di lacrime e di morte? Un gravissimo peccato d’orgoglio e di ribellione commesso da Adamo ed Eva: il peccato originale!

3) Sul monte Calvario agonizza, inchiodato a una croce, Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, e ai suoi piedi sua Madre Maria, straziata dal dolore.
Commesso il peccato, l’uomo non poteva più riparare l’offesa fatta a Dio perché infinita, mentre la sua riparazione è finita, limitata. E allora l’uomo come potrà salvarsi?
La seconda Persona della Santissima Trinità, il Figlio di Dio Padre, si fa Uomo come noi nel seno purissimo della sempre Vergine Maria, e per tutta la sua vita terrena soffrirà un continuo martirio fino a culminare sul patibolo infame della croce. Gesù Cristo, come uomo, soffre a nome dell’uomo; come Dio, dà alla sua espiazione un valore infinito, per cui l’offesa infinita fatta dall’uomo a Dio viene riparata adeguatamente e così l’umanità viene redenta, viene salvata. Che cosa ha fatto di Gesù Cristo «l’Uomo dei dolori»? E di Maria, Immacolata, tutta pura, tutta santa, «la Donna dei dolori, l’Addolorata»? Il peccato!
Ecco dunque la gravità del peccato! E noi come stimiamo il peccato? Una cosa da nulla, una cosa insignificante! Quando il re di Francia, S. Luigi IX, era piccolino, sua madre, la regina Bianca di Castiglia, lo portava nella cappella reale e, davanti a Gesù Eucaristico, pregava così: «Signore, se il mio Luigino dovesse macchiarsi anche di un solo peccato mortale, portatevelo ora in Paradiso, perché io preferisco vederlo morto anziché aver commesso un così grave male!». Ecco come i veri cristiani stimavano il peccato! Ecco perché tanti Martiri affrontavano con coraggio il martirio, pur di non peccare. Ecco perché tanti lasciavano il mondo e si ritiravano nella solitudine a fare vita eremitica. Ecco perché i Santi pregavano molto per non offendere il Signore, e per amarlo sempre più: il loro proposito era «meglio la morte che commettere un peccato»!
Perciò il peccato grave è il male più grande che possiamo commettere; è la disgrazia più terribile che ci possa capitare, basta pensare che ci mette in pericolo di perdere il Paradiso, il luogo della nostra felicità eterna, e ci fa piombare nell’Inferno, il luogo dei tormenti eterni.
Gesù Cristo, per perdonarci il peccato grave, istituì il Sacramento della Confessione. Approfittiamone confessandoci con frequenza.

2 – Nove Primi Venerdì del mese

Il Cuore di Gesù ci ama infinitamente e vuole salvarci a qualunque costo per renderci eternamente felici in Paradiso. Per rispettare però la libertà che ci ha dato, vuole la nostra collaborazione, richiede la nostra corrispondenza.
Per renderci molto facile la salvezza eterna, ci ha fatto, tramite Santa Margherita Alacoque, una straordinaria promessa: «Io ti prometto, nell’eccesso della Misericordia del mio Cuore, che il mio Amore Onnipotente concederà la grazia della penitenza finale a tutti coloro che si comunicheranno il Primo Venerdì del mese per nove mesi consecutivi. Essi non morranno nella mia disgrazia né senza aver ricevuto i Santi Sacramenti, e in quegli ultimi momenti il mio Cuore sarà loro un sicuro asilo».
Questa straordinaria Promessa fu approvata solennemente dal Papa Leone XIII e introdotta dal Papa Benedetto XV nella Bolla Apostolica con la quale Margherita Maria Alacoque veniva dichiarata Santa. Ciò è la prova più valida della sua autenticità. Gesù incomincia la sua Promessa con queste parole: «Io ti prometto» per farci comprendere che, trattandosi di una grazia straordinaria, Egli intende impegnare la sua parola divina, sulla quale possiamo fare il più sicuro affidamento, infatti nel Vangelo di San Matteo (24,35) Egli dice: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno mai».
Aggiunge poi «… nell’eccesso della Misericordia del mio Cuore…», per farci riflettere che qui si tratta di una Promessa così straordinariamente grande, che poteva venire soltanto da un eccesso di Misericordia veramente infinita.
Per renderci poi assolutamente sicuri ch’Egli manterrà a qualunque costo la sua Promessa, Gesù ci dice che tale grazia straordinaria la concederà «…. l’Amore Onnipotente del suo Cuore».
«…Essi non morranno nella mia disgrazia…». Con queste parole Gesù promette che farà coincidere l’ultimo istante della nostra vita terrena con lo stato di grazia, per cui saremo eternamente salvi in Paradiso.
A chi sembrasse quasi impossibile che con un mezzo così facile (fare cioè la Comunione ogni primo Venerdì del mese per 9 mesi consecutivi) si possa ottenere la grazia straordinaria di una buona morte e quindi della felicità eterna del Paradiso, costui deve tener conto che tra questo mezzo così facile e una grazia così straordinaria si frappongono una «Misericordia Infinita e un Amore Onnipotente».
Sarebbe una bestemmia pensare alla possibilità che Gesù venga meno all’impegno della sua parola. Questa avrà il suo compimento anche per colui che, dopo aver fatto ìn grazia di Dio le nove Comunioni, sopraffatto dalle tentazioni, trascinato dalle cattive occasioni e vinto dalla debolezza umana, traviasse. Perciò tutte le trame del demonio per strappare quell’anima a Dio saranno sventate perché Gesù è disposto, se sarà necessario, a fare anche un miracolo, affinché colui che ha fatto bene i Nove Primi Venerdì si salvi, anche con un atto di dolore perfetto, con un atto d’amore fatto nell’ultimo istante della sua vita terrena.
Con quali disposizioni devono esser fatte le 9 Comunioni?
Quanto segue vale anche per i Cinque Primi Sabati del mese. Le Comunioni devono esser fatte in grazia di Dio (cioè senza peccato grave) con la volontà di vivere da buon cristiano.

1) E chiaro che se uno facesse la Comunione sapendo di essere in peccato mortale, non solo non si assicurerebbe il Paradiso, ma abusando in modo indegno della Misericordia divina, si renderebbe meritevole di grandi castighi, perché, invece di onorare il Cuore di Gesù, l’oltraggerebbe orribilmente col peccato gravissimo di sacrilegio.

2) Chi facesse le Comunioni per assicurarsi il Paradiso per poi potersi abbandonare a una vita di peccato, dimostrerebbe con questa cattiva intenzione di essere attaccato al peccato e di conseguenza le sue Comunioni sarebbero tutte sacrileghe e quindi non acquisterebbe la Grande Promessa del Sacro Cuore e si dannerebbe all’Inferno.
3) Chi invece con retta intenzione ha cominciato a fare bene (cioè in grazia di Dio) le Comunioni e poi, per fragilità umana, cade ogni tanto nel peccato grave, costui, se pentito della sua caduta si rimette in grazia di Dio con la Confessione e continua a fare bene le altre Comunioni richieste, conseguirà certamente la Grande Promessa del Cuore di Gesù.
L’infinita Misericordia del Cuore di Gesù con la Grande Promessa dei 9 Primi Venerdì vuole darci la chiave d’oro che un giorno ci aprirà la porta al Paradiso. Sta a noi approfittare di questa straordinaria grazia offertaci dal suo Cuore divino, che ci ama con amore infinitamente tenero e materno.

3 – 5 Primi Sabati del mese

A Fatima, nella seconda apparizione del 13 giugno 1917, la Vergine Santissima, dopo aver promesso ai fortunati veggenti che presto avrebbe portato in Cielo Francesco e Giacinta, aggiunse rivolgendosi a Lucia:
«Tu devi rimanere più a lungo quaggiù, Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare».
Da quel giorno erano ormai passati circa nove anni ed ecco che il 10 dicembre 1925 a Pontevedra, in Spagna, dove Lucia si trovava per il suo noviziato, Gesù e Maria vengono a mantenere la promessa fatta e a incaricarla di far meglio conoscere e diffondere nel mondo la devozione al Cuore Immacolato di Maria.
Lucia vide apparire Gesù Bambino a fianco della sua Santa Madre la quale teneva in mano un cuoi e circondato di spine. Gesù disse a Lucia: «Abbi compassione del Cuore della tua Santissima Madre. Esso è circondato di spine con le quali uomini ingrati lo trafiggono ogni momento e non vi è nessuno che ne strappi qualcuna con un atto di riparazione».
Poi parlò Maria che disse: «Figlia mia, guarda il mio Cuore circondato di spine con cui uomini ingrati continuamente lo trafiggono con le loro bestemmie e ingratitudini. Tu almeno procura di consolarmi e annunzia a nome mio che: «Io prometto di assistere nell’ora della morte con tutte le grazie necessarie per la loro salvezza eterna tuttì coloro che nel Primo Sabato di cinque mesi consecutivi si confessano, si comunicano, recitano il rosario, e mi fanno compagnia per un quarto d’ora meditando sui misteri del rosario con l’intenzione di offrirmi un atto di riparazione».
Questa è la Grande Promessa del Cuore di Maria che si affianca a quella del Cuore di Gesù. Per ottenere la promessa di Maria Santissima si richiedono le seguenti condizioni:
1) Confessione – fatta entro gli otto giorni e anche più, con l’intenzione di riparare le offese fatte al Cuore Immacolato di Maria. Se si dimentica nella confessione dì fare tale intenzione, si può formularla nella confessione seguente, approfittando della prima occasione che si avrà per confessarsi.
2) Comunione – fatta nel primo sabato di mese e per 5 mesi consecutivi.
3) Rosario – recitare, almeno una terza parte, della corona del rosario meditandone i misteri.
4) Meditazione – di un quarto d’ora meditando i misteri del rosario.
5) Comunione, meditazione, recita del rosario, devono farsi sempre con l’intenzione della Confessione, e cioè con l’intenzione di riparare le offese fatte al Cuore Immacolato di Maria.

4 – Recita giornaliera di Tre Ave Maria

Santa Matilde di Hackeborn, monaca benedettina morta nel 1298, pensando con timore al momento della sua morte, pregava la Madonna di assisterla in quel momento estremo. Consolantissima fu la risposta della Madre di Dio: «Sì, farò quello che mi domandi, figlia mia, però ti chiedo recitare ogni giorno Tre Ave Maria: la prima per ringraziare l’Eterno Padre per avermi resa onnipotente in Cielo e in terra; la seconda per onorare il Figlio di Dio per avermi dato tale scienza e sapienza da sorpassare quella di tutti i Santi e dì tutti gli Angeli, e per avermi circonfusa di tanto splendore da illuminare, come sole splendente, tutto il Paradiso; la terza per onorare lo Spirito Santo per aver acceso nel mio cuore le fiamme più ardenti del suo amore e per avermi fatta così buona e benigna da essere, dopo Dio, la più dolce e la più misericordiosa». Ed ecco la speciale promessa della Madonna che vale per tutti: «Nell’ora della morte, io:
1) ti sarò presente confortandoti e allontanando ogni forza diabolica;
2) t’infonderò luce di fede e conoscenza affinché la tua fede non venga tentata per ignoranza; 3) t’assisterò nell’ora del tuo trapasso infondendo nell’anima tua la sua vita del Divino Amore affinché prevalga in te tanto da mutare ogni pena e amarezza di morte in grande soavità» (Liber specialis gratiae – p. I cap. 47). La speciale promessa di Maria ci assicura quindi tre cose:
1) la sua presenza nel punto della nostra morte per confortarci e tenere lontano il demonio con le sue tentazioni;
2) l’in fusione di tanta luce di fede da escludere ogni tentazione che potrebbe causarci l’ignoranza religiosa;
3) nell’ora estrema della nostra vita, Maria Santissima ci colmerà di tanta dolcezza di amore di Dio da non farci sentire la pena e l’amarezza della morte.
Molti Santi, fra cui Sant’Alfonso Maria de Liquori, San Giovanni Bosco, Padre Pio da Pietralcina, furono zelanti propagatori della devozione delle Tre Ave Maria.
In pratica per ottenere la promessa della Madonna basta recitare mattina o sera (meglio ancora mattina e sera) Tre Ave Maria secondo l’intenzione manifestata da Maria a Santa Matilde. E lodevole aggiungere una preghiera a S. Giuseppe, Patrono dei moribondi:
«Ave, Giuseppe, pieno di Grazia, il Signore è con te, tu sei benedetto fra gli uomini e benedetto è il frutto di Maria, Gesù. O San Giuseppe, Padre putativo di Gesù e Sposo della Sempre Vergine Maria, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.
Qualcuno potrebbe pensare: se con la recita giornaliera delle Tre Ave Maria mi salverò, allora potrò continuare a peccare tranquillamente, tanto mi salverò lo stesso!
No! Pensare questo è farsi ingannare dal demonio.
Le anime rette sanno benissimo che nessuno può salvarsi senza la sua libera corrispondenza alla grazia di Dio, che ci spinge soavemente a fare il bene e a fuggire il male, come insegna S. Agostino: «Chi ha creato te senza di te, non salverà te senza di te».
La pratica delle Tre Ave Marie è un mezzo che ai buoni ottiene le grazie necessarie per condurre una vita cristiana e di morire in grazia di Dio; ai peccatori, che cadono per fragilità, se con perseveranza recitano le Tre Ave Maria giornaliere otterranno prima o poi, almeno prima della morte, la grazia di una sincera conversione, di un vero pentimento e quindi si salveranno; ma ai peccatori, i quali recitano le Tre Ave Maria con cattiva intenzione, e cioè per continuare maliziosamente la loro vita peccaminosa con la presunzione di salvarsi lo stesso per la promessa della Madonna, costoro, meritando castigo e non misericordia, certamente non persevereranno nella recita delle Tre Ave Maria e quindi non otterranno la promessa di Maria, perché Lei ha fatto la speciale promessa non per farci abusare della misericordia divina, ma per aiutarci a perseverare nella grazia santificante fino alla nostra morte; per aiutarci a rompere le catene che ci legano al demonio, per convertirci e ottenere la felicità eterna del Paradiso. Qualcuno potrebbe obiettare che ci sia grande sproporzione nell’ottenere la salvezza eterna con la semplice recita giornaliera di Tre Ave Maria. Ebbene al Congresso Mariano di Einsiedeln in Svizzera, il Padre G. Battista de Blois rispondeva così: «Se questo mezzo vi sembra sproporzionato al fine che con esso si vuole raggiungere (la salvezza eterna), non vi resta che reclamare presso la Santa Vergine che lo ha arricchito della sua speciale promessa. O meglio ancora dovete prendervela con Dio stesso che Le ha accordato un tale potere. Del resto non è forse nelle abitudini del Signore operare le più grandi meraviglie con dei mezzi che sembrano i più semplici e sproporzionati? Dio è padrone assoluto dei suoi doni. E la Vergine Santissima, nella sua potenza d’intercessione, risponde con generosità sproporzionata al piccolo omaggio, ma proporzionata al suo amore di Madre tenerissima». – Per questo il Venerabile Servo di Dio Luigi Maria Baudoin scrisse: «Recitate ogni giorno le Tre Ave Maria. Se siete fedeli nel pagare questo tributo di omaggio a Maria, io vi prometto il Paradiso».

5 – Catechismo

Il primo Comandamento «Non avrai altro Dio fuori di me» ci ordina di essere religiosi, cioè di credere in Dio, di amarlo, adorano e servirlo come l’unico e vero Dio, Creatore e Signore di tutte le cose. Ma come si può conoscere e amare Dio senza sapere chi è? Come si può servirlo, cioè come si può fare la sua volontà se s’ignora la sua legge? Chi c’insegna chi è Dio, la sua natura, le sue perfezioni, le sue opere, i Misteri che lo riguardano? Chi ci spiega la sua volontà, ci mette sott’occhio punto per punto la sua legge? Il Catechismo.
Il Catechismo è il complesso di tutto ciò che il cristiano deve sapere, deve credere e fare per guadagnarsi il Paradiso. Poiché il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica è troppo voluminoso per i semplici cristiani, si è ritenuto opportuno, in questa quarta parte del libro, riportare per l’intero l’intramontabile Catechismo di S. Pio X, piccolo di mole ma — come ha detto il grande filosofo francese, Etienne Gilson «meraviglioso, di una precisione e concisione perfetta… una teologia concentrata bastante al viatico di tutta la vita». Così vengono accontentati coloro (e grazie a Dio sono ancora molti) che ne hanno grande stima e lo gustano.