Il mistero dell’amore di Dio Padre

Qual è precisamente questo « mistero di Dio », questo disegno stabilito dalla volontà del Padre, disegno che Cristo ci ha rivelato? Nella sua lettera agli Efesini san Paolo vuol rendere un solenne omaggio al Padre descrivendo il grandioso piano del suo amore, piano che si attua nel presente, ma che ha la sua remota origine nel passato: « Benedetto sia il Dio e padre di nostro Signor Gesù Cristo. Egli ci benedisse nei cieli colmandoci di ogni benedizione spirituale, in nome di Cristo. Poiché in lui egli ci elesse prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi e immacolati agli occhi suoi. Egli ci predestinò nel suo amore a divenire suoi figli di adozione per i meriti di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. Onde si celebri la gloria della grazia, di cui egli ci fece dono nel suo Figlio diletto, il cui sangue ci valse la redenzione e la remissione dei peccati. Egli prodigò in noi la sua grazia, sovrabbondando in sapienza e prudenza, per far noto a noi il mistero della sua volontà, il disegno che egli aveva concepito di riunire nella ordinata pienezza dei tempi in Cristo tutte le cose, quelle che sono nei cieli e quelle che sono in terra ».

San Paolo, nello slancio della sua riconoscenza, pone l’accento sui due aspetti essenziali dell’opera di salvezza: tutto viene dal Padre e tutto si concentra in Cristo. Il Padre è all’origine e Cristo è al centro; ma se, per il fatto d’essere al centro, Cristo è destinato a riunire in sé ogni cosa, ciò avviene perché tutto il piano di redenzione è uscito da un cuore paterno, e in questo cuore paterno si trova la spiegazione di tutto.

Tutto il destino del mondo è stato comandato da questa fondamentale volontà del Padre: egli ha voluto averci come figli in Gesù Cristo. Da tutta l’eternità il suo amore era volto al Figlio, quel Figlio che san Paolo chiama con un nome così suggestivo: « colui che è amato », o meglio, per rendere con maggior esattezza la sfumatura del verbo greco: « colui che e stato perfettamente amato ». Per meglio comprendere la forza di quest’amore bisogna ricordare che l’eterno Padre non esiste che come Padre, che tutta la sua persona consiste nell’essere Padre. Un padre umano è stato una persona prima di diventare padre; la sua paternità viene ad aggiungersi alla sua qualità d’essere umano e ad arricchire la sua personalità; perciò un uomo ha un cuore umano prima d’avere un cuore paterno, ed è nell’età matura che egli impara ad essere padre, acquistandone la disposizione d’animo. Per contro, nella Trinità divina il Padre è Padre sin dall’origine e si distingue dalla persona del Figlio appunto perché Padre. Egli è dunque Padre integralmente, in una pienezza infinita di paternità; non ha altra personalità che quella paterna e il suo cuore non è mai esistito che come cuore paterno. E’ con tutto se stesso, dunque, che egli si volge verso il Figlio per amarlo, in uno slancio in cui tutta la sua persona s’impegna a fondo. Il Padre non vuol essere che sguardo per il Figlio, dono al Figlio e unione con lui. E quest’amore, ricordiamocene, e così forte e così straordinario, così assoluto nel dono, che fondendosi con l’amore reciproco del Figlio costituisce in eterno la persona dello Spirito Santo. Ora, è precisamente nel suo amore per il Figlio che il Padre ha voluto introdurre, inserire, il suo amore per gli uomini. La sua prima idea è stata di estendere a noi la paternità che possedeva nei riguardi del Verbo, suo unico Figlio; ha cioè voluto che, vivendo della vita del Figlio suo, rivestiti di lui e trasformati in lui, noi fossimo anche figli suoi.

Egli, che era Padre soltanto di fronte al Verbo, ha voluto essere anche nei nostri confronti essenzialmente Padre, in modo che il suo amore per noi fosse tutt’uno con l’amore eterno che egli votava al Figlio. Quindi tutta l’intensità e l’energia di quell’amore si sono riversate sugli uomini, e noi siamo stati circondati dal fervore dello slancio del suo cuore paterno. Siamo divenuti istantaneamente oggetto di un amore infinitamente ricco, pieno di sollecitudine e di generosità, pieno di forza e di tenerezza. Dall’istante in cui tra sé e il Figlio il Padre fece sorgere l’immagine dell’umanità riunita in Cristo, egli si legò a noi per sempre nel suo cuore paterno e non può più distogliere da noi lo sguardo che rivolge al Figlio. Non avrebbe potuto farci penetrare più profondamente nel suo pensiero e nel suo cuore, né conferirci ai suoi occhi un valore più grande, che guardandoci unicamente attraverso il suo Figlio diletto.

I primi cristiani avevano compreso quale grande privilegio fosse il loro di potersi rivolgere a Dio come a un Padre; e grande era l’entusiasmo che accompagnava il loro grido: « Abba, Padre! ». Ma come non evocare un altro entusiasmo, quello precedente, e cioè l’entusiasmo divino! Non si osa quasi esprimere in termini di linguaggio umano e con immagini terrene quel primo grido che si aggiunse alla ricchezza della vita trinitaria, con un traboccare di gioia divina verso l’esterno, quel grido del Padre: « Figli miei! Figli miei in mio Figlio! ». Il Padre fu infatti il primo a rallegrarsi, ad esultare della nuova paternità che voleva suscitare; e la gioia dei primi cristiani non fu che l’eco della sua gioia celeste, una eco che, pur vibrante, non era ancora che una risposta assai flebile all’intenzione primordiale del Padre d’essere nostro Padre.

Davanti a quello sguardo paterno del tutto nuovo che contemplava gli uomini in Cristo, l’umanità non formava un tutto indistinto, come se l’amore del Padre fosse semplicemente rivolto agli uomini in generale. Indubbiamente quello sguardo abbracciava tutta la storia del mondo e tutta l’opera di salvezza, ma si arrestava anche su ogni uomo in particolare. San Paolo ci dice che in quello sguardo primordiale il Padre « ci ha prescelti ». Il suo amore mirava a ciascuno di noi personalmente; si riposava, in certo qual modo, su ogni uomo per fare di lui, individualmente, un figlio. La scelta non indica qui che il Padre ne prendesse alcuni per escluderne altri, perché questa scelta riguardava tutti gli uomini, ma significa che il Padre considerava ciascuno nelle sue caratteristiche personali ed aveva per ciascuno un amore particolare, distinto dall’amore che indirizzava agli altri. Il suo cuore paterno si dava sin da quel momento a ciascuno con una predilezione piena di sollecitudine, che si adattava alle diverse individualità che voleva creare. Ciascuno era prescelto da lui come se fosse il solo, con lo stesso ardore d’amore, come se non fosse circondato da una moltitudine di compagni. E ogni volta la scelta procedeva dal profondo di un amore insondabile.

Ben inteso, questa scelta era del tutto gratuita e s’indirizzava a ciascuno non in virtù dei suoi meriti futuri, ma in ragione della pura generosità del Padre. Il Padre non doveva nulla a nessuno; era lui l’autore di ogni cosa, colui che faceva sorgere in immagine davanti ai propri occhi un’umanità ancora inesistente. San Paolo insiste sul fatto che il Padre ha formulato il suo grandioso piano secondo il proprio beneplacito, secondo la propria libera volontà. Egli non ha preso l’ispirazione che in se stesso e la sua decisione non é dipesa che da lui. Tanto più impressionante, dunque, é la sua decisione di fare di noi i suoi figli, legandosi definitivamente a noi con un amore paterno irrevocabile. Quando si parla del beneplacito » di un sovrano, si sottintende una libertà che può anche degenerare in gioco e abbandonarsi a fantasie di cui fanno le spese gli altri senza alcun danno per se stesso. Nella sua assoluta sovranità il Padre non ha usato del suo potere come per gioco; nella sua libera intenzione, egli ha impegnato il suo cuore paterno. Il suo beneplacito l’ha fatto consistere in una totale benevolenza, nel compiacersi nelle sue creature conferendo loro la posizione di figli; cosi come ha voluto riporre la sua onnipotenza unicamente nel suo amore.

è stato lui a dare a se stesso il motivo di amarci al massimo, in quanto volle sceglierci « in Cristo ». Una scelta fatta in considerazione delle singole persone umane in quanto tali avrebbe solo quel valore che il Padre, creandolo, riconoscerebbe ad ogni essere umano per il fatto della sua dignità di persona. Ma una scelta che considera ogni volta Cristo, riceve un valore infinìtamente superiore. Il Padre sceglie ciascuno come sceglierebbe Cristo, il suo unico Figlio; ed é meraviglioso pensare che, guardandoci, egli vede dapprima in noi suo Figlio e che in questo modo egli ci ha guardati, fin dall’origine, prima di chiamarci ad esistere, e che non cesserà di guardarci. Siamo stati prescelti e continuiamo ad ogni istante ad essere prescelti da quello sguardo paterno che, volontariamente, ci associa a Cristo.

Ecco la ragione per cui quella scelta iniziale e definitiva si traduce in una profusione di benefici, la cui effusione san Paolo sembra voler esprimere con un incalzare di espressioni sempre più ricche. Il Padre ci ha prodigato la sua grazia e colmato delle sue ricchezze, perché Cristo, nel quale ormai egli ci contémplava, giustificava tutte le liberalità. Per diventare figli in quell’unico Figlio era necessario che condividessimo la grandezza della sua vita divina. Dall’istante in cui il Padre volle vederci nel Figlio suo e sceglierci in lui, tutto quanto egli aveva dato a quel Figlio era elargito anche a noi: perciò la sua generosità non poteva avere. limiti. Nel primo sguardo a noi rivolto il Padre ha voluto dunque dotarci d’uno splendore sovrumano, prepararci un destino luminoso, associarci intimamente alla sua felicità divina, stabilendo fin d’allora tutte le meraviglie che la grazia avrebbe prodotto nella nostra anima e tutte le gioie che la gloria della vita immortale ci avrebbe procurato. In questa ricchezza abbagliante, di cui egli ha voluto rivestirci, noi siamo apparsi per la prima volta ai suoi occhi: ricchezza di figli, che é riflesso e comunicazione della sua ricchezza di Padre, e che si riduceva, d’altra parte, a una sola, che superava e riassumeva tutti gli altri benefici: la ricchezza di possedere il Padre, divenuto « nostro Padre » il più gran dono che abbiamo ricevuto e che possiamo ricevere: la persona stessa del Padre in tutto il suo amore. Il suo cuore paterno non ci sarà mai più tolto: é il nostro primo e supremo possesso.