Padre Pio e il miracolo della prigione di Budapest, in pochi lo conoscono

La santità del sacerdote cappuccino Francesco Forgione, nato a Pietrelcina, in Puglia, nel 1885, è per molti fedeli una devota certezza e prima ancora dei ‘doni’ che la storia e le testimonianze gli attribuiscono: stimmate, bilocazione (essere in due luoghi contemporaneamente), la capacità di leggere le coscienze durante l’ascolto delle confessioni e di intercedere in preghiera affinché Dio guarisca le persone.

San Giovanni Paolo II lo canonizzò ufficialmente il 16 giugno 2002, come San Pio da Pietrelcina, e la Chiesa lo celebra il 23 settembre.

Francesco fu ordinato sacerdote il 10 agosto 1910, nel Duomo di Benevento, e il 28 luglio 1916 si trasferì a San Giovanni Rotondo, dove rimase fino alla morte, avvenuta il 23 settembre 1968.

È lì che Padre Pio toccò il cuore dei poveri e degli ammalati nel corpo o nello spirito. Salvare le anime era il suo principio guida. Forse è anche per questo che il diavolo lo attaccava continuamente e Dio permetteva quegli attacchi in sintonia con il mistero salvifico che voleva esprimere attraverso Padre Pio.

Centinaia di documenti raccontano la sua storia di vita e l’azione della grazia di Dio che raggiunge molte persone attraverso la sua mediazione.

Per questo molti suoi devoti gioiranno delle rivelazioni contenute nel libro “Padre Pio: la sua chiesa e i suoi luoghi, tra devozione, storia e opera d’arte”, scritto da Stefano Campanella.

Nel libro, infatti, c’è la storia di Angelo Battisti, dattilografo della Segreteria di Stato vaticana. Battisti fu uno dei testimoni nel processo di beatificazione del santo frate.

Il cardinale József Mindszenty, arcivescovo di Esztergom, principe primate d’Ungheria, fu imprigionato dalle autorità comuniste nel dicembre del 1948 e condannato all’ergastolo l’anno successivo.

Fu falsamente accusato di aver cospirato contro il governo socialista. Rimase in carcere per otto anni, poi agli arresti domiciliari, fino a quando non fu liberato durante la rivolta popolare del 1956. Si rifugiò nell’Ambasciata degli Stati Uniti a Budapest fino al 1973, anno in cui Paolo VI lo costrinse a partire.

In quegli anni di carcere Padre Pio si presentò nella cella del cardinale con la bilocazione.

Nel libro, Battisti descrive così la scena miracolosa: “Mentre si trovava a San Giovanni Rotondo, il cappuccino che portava le stimmate andò a portare al Cardinale pane e vino destinati a essere trasformati nel corpo e nel sangue di Cristo…”.

“Il numero di matricola stampato sulla divisa del prigioniero è simbolico: 1956, anno della liberazione del cardinale”.

“Come è noto – ha spiegato Battisti – il cardinale Mindszenty è stato fatto prigioniero, gettato in prigione e tenuto d’occhio dalle guardie in ogni momento. Col passare del tempo, il suo desiderio di poter celebrare la Messa è diventato molto intenso”.

“Un sacerdote che veniva da Budapest mi parlò confidenzialmente dell’evento, chiedendomi se potevo ottenere la conferma da Padre Pio. Gli ho detto che se avessi chiesto una cosa del genere, Padre Pio mi avrebbe sgridato e cacciato fuori”.

Ma una notte di marzo del 1965, al termine di una conversazione, Battisti chiese a Padre Pio: “Il cardinale Mindszenty ti ha riconosciuto?”

Dopo una prima reazione irritata, il santo rispose così: “Ci siamo incontrati e abbiamo avuto una conversazione, e pensi che potrebbe non avermi riconosciuto?”

Quindi, ecco la conferma del miracolo.

Poi, ha aggiunto Battisti, “Padre Pio si è rattristato e ha aggiunto: ‘Il diavolo è brutto, ma lo avevano lasciato più brutto del diavolo’”, riferendosi ai maltrattamenti subiti dal cardinale.

Questo dimostra che Padre Pio gli aveva portato aiuto fin dall’inizio del suo tempo in carcere, perché umanamente parlando non si può concepire come il Cardinale abbia potuto resistere a tutte le sofferenze a cui è stato soggetto.

Padre Pio ha oncluso: “Ricordati di pregare per quel grande confessore della fede, che tanto ha sofferto per la Chiesa”.