Scritti emografici di sangue di Raffaela Lionetti

Raffaella, “Lina” per famiglia, nasce a Barletta il 21 gennaio 1918, quarta di nove figli, cinque maschi e quattro femmine, da Francesco Lionetti e Anna Vittorino. In Europa infuriava la guerra e il padre prestava il servizio militare come artigliere. Per questo la nonna materna aveva accolto nella casa di Barletta, la figlia e quattro bambini. Quando il padre, dopo la guerra, rientrò dal servizio militare, riferì a Trinitapoli, suo paese di residenza, tutta la famiglia, esercitando lì, da solo, il mestiere di falegname e falegname. Durante i mesi estivi il lavoro non mancava a quel bravo artigiano ma doveva economizzare sul magro guadagno, in modo che potesse bastare per il periodo invernale, quando il lavoro era scarso.

Come era prassi comune a quei tempi, Raffaella frequentò la scuola fino alla terza elementare, dimostrando capacità e doti di intelligenza. Presenta la sua vivacità e anche la caparbietà di carattere. Si ricordò che il giorno della sua Prima Comunione, una compagna le aveva rubato il mazzo di fiori, provocando la sua immediata reazione con una lotta per riaverli, non senza delusione per il piccolo disgraziato. Impuntava con energie per supplire a qualche piccola oppressione subita, magari dai fratelli. Uno di loro una volta si era lamentato perché i ragazzi volevano rubare le foccacce che, a Pasqua, avevano portato a cuocere nei forni pubblici. Promise quindi buone azioni al fratello, mettendo in fuga i monelli che si trovavano di stanza per tentare il furto di quelle prelibatezze. Verso le dodici tornò a Barletta per lavorare presso una piccola fabbrica di cassette per la frutta, favorita in questo, che poteva essere ospitata nella casa della nonna. Arrivato a vent’anni, ha deciso di migliorare le condizioni di lavoro tentando la fortuna a Milano, con la garanzia di una certa conoscenza. In quella metropoli ha vissuto gli anni della guerra prima di trovare lavoro come conduttore di tram per i cittadini e successivamente come lavoratore in una piccola fabbrica di materiale elettrico. Non è stato facile restare in quella città durante gli anni di pericolo e di stenti. Lei stessa raccontava divertita che un giorno, stanca per il lavoro, si sedette su una specie di panchina che emergeva da terra, rivelatasi poi come una grossa bomba inesplosa.

Dopo la guerra tornò a Barletta e da lì si trasferì a Foggia, trovando lavoro presso una lavanderia militare e soldati britannici in quel luogo ci fu l’incontro con la friulana Augusta D’Agostini, che lì aveva il task manager. Anche in quel compito Raffaella emerse per esuberanza di carattere non vista felice in un grado subordinato, prendendo di fatto la mano nella guida dell’opera. Successivamente Augusta aveva trovato impiego presso un pastificio locale, entrando al servizio dell’ingegnere Giaquinto. La salute era precaria e si abbatteva con la pleurite e il tifo, mali che poi lasciavano, come sequele di forti dolori alla testa. Il buon ingegnere non l’avrebbe licenziata per questo, tenendolo in casa nonostante i frequenti disturbi. In questo periodo si sono verificati alcuni fatti che hanno sconvolto Raffaella. Era sostanzialmente aperto alla carità verso i poveri dando loro quello che poteva, attingendo ai suoi piccoli risparmi. Un giorno, in uno di questi poveri, vide il volto di Gesù; fatto, questo, che è stato ripetuto altre volte. Ne ha parlato a casa convinto che, incantato. Così è stato accompagnato nella visita da un neurologo che ha assicurato il perfetto equilibrio psichico. Pure a Foggia iniziarono strani fenomeni che la spaventarono. Era come se qualcuno a volte si divertisse a prenderla in giro spostando oggetti o facendone sparire altri. Sconvolto per questo, chiese l’aiuto di un prete che non dava peso alla vicenda. Consigliato da una signora la colloca a Sarsina in provincia di Foggia, dove viveva un anziano religioso passato per abile esorcista. Il monaco novantenne non poteva riceverlo perché si era ammalato; da un fratello la mandò a dire che le diede la sua benedizione, aggiungendo una strana profezia: “Di ‘a quel giovane che si prepari a soffrire molto nella vita”. Tornati a Foggia, il dolore si è acuito con bruciore alle mani, soprattutto durante la preghiera. Nel 1954 i due inseparabili amici si trasferirono a Reggio Emilia telefonando da una sorella di Augusta, la Pia, che si era accasata in quella città. Avevano preso questa decisione per tentare la propria attività gestendo un piccolo banco vendita di abbigliamento usato. In questa città iniziarono a Raffaella i primi veri fenomeni mistici. Lei stessa descrive quell’esperienza in un promemoria che conserviamo, in cui racconta l’esperienza sconvolgente. Sono le sue parole tracciate con stile incerto, su due brevi pagine di quaderno.