Tre racconti su Padre Pio che testimoniano la sua santità

Nell’orto del convento c’erano cipressi, alberi da frutta e qualche pino solitario. All’ombra di essi, d’estate, Padre Pio, nelle ore vespertine, soleva sostare con gli amici e qualche visitatore, per un pò di refrigerio. Un giorno, mentre il Padre stava conversando con un gruppo di persone, tantissimi uccelli, che stavano sui rami più alti degli alberi, ad un tratto presero ad agitarsi, ad emettere pigolii, gorgheggi, fischi e trilli. Merli, passeri, cardellini ed altre varietà di volatili elevarono una sinfonia canora. Quel canto però infastidì ben presto Padre Pio che, alzati gli occhi al cielo e portando l’indice sulle labbra, intimò il silenzio con un deciso: “Adesso basta!” Gli uccelli, i grilli e le cicale immediatamente fecero il più assoluto silenzio. I presenti rimasero tutti profondamente stupiti. Padre Pio, come San Francesco, aveva parlato agli uccelli.

Un signore racconta: “Mia madre, foggiana, che è stata una delle prime figlie spirituali di Padre Pio, non mancava mai, nei suoi incontri con venerato cappuccino, di chiedergli di proteggere mio padre per convertirlo. Nell’aprile del 1945 mio padre doveva essere fucilato. Era già davanti al plotone di esecuzione allorché vide davanti a se Padre Pio, con le braccia alzate, in atto di proteggerlo. Il comandante del plotone diede ordine di sparare, ma dai fucili puntati contro mio padre, i colpi non partirono. I sette componenti del plotone d’esecuzione e il comandante stesso, stupiti, controllarono le armi: nessuna anomalia. Il plotone puntò nuovamente i fucili. Per la seconda volta il comandante diede l’ordine di sparare. E per la seconda volta i fucili si rifiutarono di funzionare. Il fatto misterioso e inspiegabile, determinò la sospensione dell’esecuzione. In un secondo tempo, mio padre, anche in considerazione dell’essere mutilato di guerra e pluridecorato, venne graziato. Mio padre ritornò alla fede cattolica e ricevette i sacramenti a San Giovanni Rotondo, dove si era recato per ringraziare Padre Pio. Mia madre ottenne così la grazia che sempre aveva chiesto a Padre Pio: la conversione del proprio consorte.

Padre Onorato raccontava: – “Mi recai a San Giovanni Rotondo, insieme ad un amico, con una vespa 125. Giunsi al convento poco prima di pranzo. Entrato nel refettorio, dopo avere ossequiato il superiore, andai a baciare la mano a Padre Pio. “Guaglio”, mi disse con aria furba, “t’ha pizzicato la vespa?” (Padre Pio sapeva di quale mezzo di trasporto mi ero servito). Il mattino seguente con la vespa, partiamo per San Michele. A metà strada terminò la benzina, mettemmo la riserva ripromettendoci di fare il pieno a Monte Sant’Angelo. Giunti in paese, la brutta sorpresa: i distributori non erano aperti. Decidemmo egualmente di partire per fare ritorno a San Giovanni Rotondo con la speranza di incontrare qualcuno da cui avere un pò di carburante. Ero dispiaciuto soprattutto per la magra figura che avrei fatto con i confratelli che mi attendevano per il pranzo. Dopo pochi chilometri il motore si mise a scoppiettare e si spense. Guardammo dentro al serbatoio: vuoto. Con amarezza feci notare al mio amico che mancavano una decina di minuti all’ora di pranzo. Un pò per la stizza ed un pò per mostrarmi solidarietà il mio amico dette un colpo al pedale dell’accensione. La vespa si mise subito in moto. Senza chiederci come e perché, partimmo “sparati”. Giunti nel piazzale del convento la vespa si fermò: il motore preceduto dal solito scoppiettio si spense. Aprimmo il serbatoio, era asciutto come prima. Guardammo esterrefatti gli orologi e restammo ancora più storditi: mancavano cinque minuti al pranzo. In cinque minuti avevano percorso quindici chilometri. Media: centottanta chilometri orari. Senza benzina! Entrai in convento mentre i confratelli scendevano per il pranzo. Andai incontro a Padre Pio che mi guardava e sorrideva… .