Gesù con questa Devozione promette grazie abbondanti, pace e benedizioni

La devozione al S. Cuore di Gesù è sempre attuale. Essa è fondata sull’amore ed è espressione di amore. «Il santissimo Cuore di Gesù è fornace ardente di carità, simbolo e immagi-ne espressa di quell’eterno amore con il quale «Dio ha tanto amato il mondo da dargli il suo figlio unigenito» (Gv. 3,16)

Il Sommo Ponteficei, Paolo VI, in varie occasioni e in di-versi documenti ci richiama a ritornare ed attingere sovente a questa divina fonte del Cuore di Cristo. «Il Cuore di Nostro Signore è la pienezza di ogni grazia e di ogni sapienza, dove possiamo noi diventare buoni e cristiani, e donde noi possia-mo trarre qualcosa per dispensare agli altri. Nel culto del Sacro Cuore di Gesù troverete la consolazione se avete bi-sogno di conforto, troverete i buoni pensieri se avete biso-gno di questa luce interiore, troverete l’energia per essere coerenti e fedeli quando foste tentati o di rispetto umano o di paura o di incostanza. Troverete soprattutto la gioia di es-sere cristiani, quando c’è il cuore nostro che tocca il Cuore di Cristo». «Desideriamo soprattutto che il culto al Sacro Cuore si realizzi nella Eucarestia che è il dono più prezioso. Di fatto, nel sacrificio dell’Eucarestia il nostro stesso Salvato-re si immola e viene assunto, «sempre vivo per intercedere per noi» (Eb 7,25): il suo cuore è aperto dalla lancia del sol-dato, il suo sangue prezioso misto ad acqua si effonde sul genere umano. In questo sublime vertice e centro di tutti i sacramenti, si gusta la dolcezza spirituale alla sua stessa fon-te, si celebra la memoria di quell’immenso amore che nella passione di Cristo ha dimostrato. Perciò è necessario – usando le parole di s. Giovanni Damasceno – che «ci avvici-niamo a lui con ardente desiderio, perché il fuoco del nostro amore attinto a questo carbone acceso, bruci i nostri peccati e illumini il cuore».

Ci sembrano queste delle ragioni molto opportune perché il culto del Sacro Cuore che – lo diciamo addolorati – si è affievolito in alcuni, rifiorisca sempre più, e sia da tutti stima-to come una egregia forma di pietà necessaria che ai nostri tempi e richiesta dal Concilio Vaticano li, perché Gesù Cri-sto, primogenito dei risorti, realizzi il suo primato su tutto e su tutti» (Col 1,18).

(Lettera apostolica «Investigabiles divitias Christi»).

Gesù, dunque, ci ha aperto il suo Cuore, come una sorgente d’acqua zampillante per la vita eterna. Affrettiamoci ad attin-gervi, come il cervo assetato corre alla fonte.

LE PROMESSE DEL S. CUORE
1 Darò loro tutte le grazie necessarie al loro stato.

2 Io metterò la pace nelle loro famiglie.

3 Io li consolerò in tutte le loro afflizioni.

4 Io sarò il loro sicuro rifugio in vita e specialmente in punto di morte.

5 Io spanderò le più abbondanti benedizioni sopra tutte le loro imprese.

6 I peccatori troveranno nel mio cuore la fonte e l’o-ceano della misericordia.

7 Le anime tiepide diventeranno fervorose.

8 Le anime fervorose s’innalzeranno rapidamente a grande perfezione.

9 Io benedirò le case dove l’immagine del mio Sacro Cuore sarà esposta e venerata

10 Io darò ai Sacerdoti il dono di commuovere i cuori più induriti.

11 Le persone che propagheranno questa mia devozio-ne avranno il loro nome scritto nel mio Cuore e non ne sarà mai cancellato.

12 A tutti quelli che per nove mesi consecutivi si co-municheranno al primo venerdì di ogni mese io prometto la grazia della penitenza finale; essi non morranno in mia disgrazia, ma riceveranno i sacra-menti e il mio Cuore sarà loro sicuro asilo in quel momento estremo.

La devozione al S. Cuore è già per se stessa sorgente di gra-zia e di santità, ma Gesù ha voluto maggiormente attirarci e legarci con una serie di PROMESSE, una più bella e più utile dell’altra.

Esse costituiscono come «un piccolo Codice dell’amore e della misericordia, una splendida sintesi del Vangelo del S. Cuore».

12° “LA GRANDE PROMESSA”

Un eccesso del Suo amore e della Sua onnipotenza, defini-sce Gesù la sua ultima promessa che i fedeli in coro hanno definita «grande».

La grande promessa, nei termini fissati dall’ultima critica te-stuale, suona così: «Io ti prometto nell’eccessiva misericordia del mio Cuore che il mio amore onnipotente concederà a tut-ti quelli che si comunicheranno per nove primi venerdì del mese, consecutivi, la grazia della penitenza; ESSI NON MORRANNO IN MIA DISGRAZIA, ma riceveranno i santi Sacramenti ed il mio Cuore sarà loro sicuro asilo in quel mo-mento estremo».

Da questa dodicesima promessa del Sacro Cuore nacque la pia pratica dei «Primi Venerdì». Questa pratica è stata vaglia-ta, accertata e studiata scrupolosamente a Roma. Infatti la pia pratica insieme col «Mese al Sacro Cuore» riceve una so-lenne approvazione ed un valido incoraggiamento da una let-tera che il Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti scrisse per volere di Leone XIII il 21 luglio 1899. Da quel giorno gli incoraggiamenti dei romani pontefici per la pia pratica non si contano più; basti ricordare che Benedetto XV aveva tanta stima della «grande promessa» da inserirla nella bolla di ca-nonizzazione della fortunata Veggente

Spirito dei Primi Venerdì
Gesù, un giorno, mostrando il Suo Cuore e lamentandosi delle ingratitudini degli uomini, disse a S. Margherita Maria (Alacoque): «Tu almeno dammi questa consolazione, supplisci quanto puoi alla loro ingratitudine… Mi riceverai nella S. Comunione con la maggior frequenza che l’obbedienza ti permetterà… Farai la Comunione ogni primo venerdì del mese… Pregherai con Me per mitigare l’ira divina e per chiedere misericordia verso i peccatori».

In queste parole Gesù fa intendere quale debba essere l’ani-ma, lo spirito della Comunione mensile dei primi Venerdì: spirito di amore e di riparazione.

Di amore: per contraccambiare con il nostro fervore l’immen-so amore del Cuore divino verso di noi.

Di riparazione: per consolarlo delle freddezze e delle indiffe-renze con cui gli uomini ripagano tanto amore.

Questa richiesta, dunque, della pratica dei Primi Venerdì dei mese, non deve essere accolta solo per ottemperare alle no-ve Comunioni e così ricevere la promessa della perseveranza finale, fatta da Gesù; ma deve essere una risposta d’un cuo-re ardente e fedele che desidera incontrarsi con Colui che gli ha donato tutta la sua vita.

Questa Comunione, intesa così, porta con certezza ad una unione vitale e perfetta con Cristo, a quell’unione che Egli ci ha promesso in premio alla Comunione ben fatta: «Colui che mangia di Me, vivrà per Me» (Gv. 6,57).

Per Me, ossia avrà una vita che è simile alla Sua, vivrà quella santità che Egli desidera.