I MORTI RISORGERANNO di Don Giuseppe Tomaselli

INTRODUZIONE

Sentir parlare di morte, d’inferno e di altre grandi verità, non sempre piace, specialmente a chi vuol godere la vita. Eppure è necessario pensarci! Tutti vorrebbero andare in Paradiso, cioè nel godimento eterno; per arrivarci però bisogna anche meditare su certe verità, perché grande segreto per salvare la propria anima è il meditare i novissimi, cioè quanto ci attende subito dopo la morte. Ricorda i tuoi novissimi, dice il Signore, e non peccherai in eterno! La medicina è disgustosa, però dà la salute. Ho creduto bene fare un lavoro sul Giudizio Divino, perchè è uno dei novissimi che maggiormente scuote l’anima mia e penso che sarà utile a molte altre anime. Tratterò in modo speciale del Giudizio Universale, perchè non è conosciuto come merita dal popolo.

La risurrezione dei morti, che accompagnerà tale Giudizio, è una novità sbalorditiva per certe anime, come ho potuto constatare nell’esercizio del Sacro Ministero.

Spero di riuscire nell’intento col divino aiuto.

CHE COSA E’ LA VITA?

Chi nasce … ha da morire. Dieci, venti, cinquanta … cento anni di vita, sono un sofflo. Arrivato l’ultimo istante dell’esistenza terrena, volgendo indietro le sguardo, si deve dire: Breve è la vita dell’uomo sulla terra!

Che cosa è la vita in questo mondo? Una lotta continua per mantenersi nella esistenza e per resistere al male. Giustamente questo mondo è chiamato «valle di lacrime », anche quando qualche raggio di gioia fugace e lusinghiera rischiara l’umana creatura.

Chi scrive si è trovato centinaia e centinaia di volte al letto di moribondi ed ha avuto modo di meditare seriamente sulla vanità del mondo; ha visto spegnersi giovani esistenze ed ha provato il fetore del cadavere in putrefazione. E’ vero che ci si abitua a tutto, ma certi fenomeni sogliono far sempre impressione.

Voglio farti assistere, o lettore, alla scomparsa di qualche persona dalla scena del mondo.

LA MORTE
Un magnifico palazzo; una graziosa: villetta all’ingresso.

Un giorno quest’abitazione era l’attrazione dei gaudenti, perchè vi si passava il tempo in giuochi, in danze ed in banchetti.

Ora la scena è cambiata: il padrone è gravemente ammalato e sta lottando contro la morte. Il dottore al capezzale non lascia di confortarlo. Qualche amico fedele lo visita, augurando la salute; i familiari lo guardano ansiosamente e lasciano sfuggire lacrime furtive. Il sofferente intanto è silenzioso e osserva meditando; mai ha guardato la vita come in questi momenti: tutto gli sembra funebre.

Dunque, dice a se stesso il povero uomo, mi trovo in fin di vita. Il dottore non me lo dice, ma lo fa intravedere. Fra poco sarò morto! E questo palazzo?… Dovrò lasciarlo! e le mie ricchezze?… Andranno ad altri! Ed i piaceri?… Sono finiti!… Sto per morire… Dunque tra non molto sarò inchiodato dentro una cassa e portato al cimitero!… La mia vita è stata un sogno! Del passato mi rimane solo il ricordo!

Mentre così ragiona, entra il Sacerdote, chiamato non da lui ma da qualche anima buona. Volete, gli dice, riconciliarvi con Dio?… Pensate che avete una anima da salvare!

Il moribondo ha il cuore nell’amarezza, il corpo tra gli spasimi ed ha poca voglia di quanto gli dice il Sacerdote.

Tuttavia, per non essere scortese e per non lasciare l’impressione di aver rifiutato i conforti religiosi, ammette il Ministro di Dio al capezzale e più o meno freddamente assentisce a quanto gli viene suggerito.

Il male intanto si aggrava ed il respiro si fa più affannoso. Tutti gli occhi dei presenti sono rivolti all’agonizzante, il quale impallidisce e con sforzo supremo emette l’ultimo respiro. E’ morta! dice il dottore. Quale strazio al cuore dei familiari!… Quante grida di dolore!

Pensiamo al cadavere dice qualcuno.

Mentre pochi minuti prima quel corpo era oggetto di cure premurose e veniva baciato teneramente dalle persone intime, appena partita l’anima, quel corpo fa ribrezzo; non lo si vorrebbe più guardare, anzi c’è chi non osa più mettere piede in quella stanza.

Si mette una benda intorno alla faccia, affinché il volto rimanga meno sformato prima dell’irrigidimento; si veste per l’ultima volta quel corpo e si adagia sul letto con le mani giunti sopra il petto. Gli si collocano quattro candele attorno e così la camera funebre è allestita.

Permettimi, o uomo, di fare delle riflessioni salutari sul tuo cadavere, riflessioni che forse tu mai hai fatto mentre eri in vita e che ti avrebbero potuto giovare assai!

RIFLESSIONI
Dove sono, o ricco signore, i tuoi amici in questo momento?

Alcuni in questo istante forse sono tra gli spassi, ignari della tua sorte; altri attendono con i parenti nell’altra stanza. Tu sei solo… disteso sul letto!… Soltanto io ti sto vicino!

Questo tuo capo, leggermente piegato, ha perduto l’abituale alterigia e superbia! I tuoi capelli, oggetto di vanità ed un giorno tanto profumati, sono viscidi e scarmigliati! I tuoi occhi così penetranti e abituati al comando… pascolati per tanti anni nell’immoralità, posati vergognosamente su cose e persone… questi occhi ora sono spenti, di color vitreo e coperti per metà dalle palpebre!

Le tue orecchie, incartapécorite, si riposano. Non sentono più le lodi degli adulatori!… Non prestano più ascolto ai discorsi scandalosi!… Già troppi ne hai udito!

La tua bocca, o uomo, lascia un po’ vedere la lingua livida e quasi penzoloni, leggermente a contatto con i denti bavosi. Molto l’hai fatta lavorare… Imprecando, mormorando e vomitando bestemmie… Le labbra, color paonazzo ed in silenzioso… illuminato internamente da debole lampada… un Crocifisso alla parete… alcune casse collocate qua e là… Quale lugubre scena! Ah! se potessero parlare i morti e manifestare le proprie impressioni della prima notte passata nel Cimitero!

Chi sei tu, direbbe il ricco signore, chi sei tu che hai l’onore di stare vicino a me?

Sono un povero operaio, vissuto nel lavoro e morto per infortunio!… Allora scostati da me, che sono uno dei più ricchi della città!… Scostati subito, perchè sei puzzolente e non resisto!… Fratello, par che dica l’altro, siamo ormai la stessa cosa! C’era distanza tra me e te fuori del Cimitero; qua dentro, no! La stessa cosa… lo stesso fetore… gli stessi vermi!…

L’indomani mattina, nelle prime ore, alcune fosse sono preparate nell’ampio Camposanto; le bare vengono tolte dal deposito e portate al luogo di sepoltura. I poveri sono seppelliti senza alcun cerimoniale, tranne la benedizione che dà il Sacerdote. Il ricco signore ancora merita un riguardo, che sarà l’ultimo. Per incarico della famiglia del defunto vengono due amici a fare la ricognizione del cadavere prima della sepoltura. Si apre la bara ed appare il nobile trapassato. I due amici si fanno violenza per guardarlo e subito ordinano di richiudere la cassa. Si son pentiti d’averlo mirato! E’ cominciata già la dissoluzione del cadavere. Il volto si è enormemente gonfiato e la parte inferiore, dalle narici in giù, è cosparsa di sangue putrido, venuto fuori dal naso e dalla bocca.

La bara è calata giù; gli operai la ricoprono di terra; fra non molto verranno altri operai a collocarvi un bel monumento.

O nobile uomo, eccoti nel seno della terra! Marcisci… servano le tue carni di pascolo ai vermi!… Col tempo le tue ossa si polverizzeranno! Si compie in te quanto disse il Creatore al primo uomo: Ricordati, uomo, che sei polvere ed in polvere ritornerai!

I due amici, con lo spettro del cadavere nella mente, escono pensierosi dal Camposanto. Come ci si riduce esclama uno. Caro amico, cosa possiamo farci!… Così è la vita! Non si conosceva più il nostro amico!… Dimentichiamo tutto!… Guai se dovessimo pensare a ciò che abbiamo visto!

SANTA RISOLUZIONE
O lettore, la pallida descrizione di una scena funebre forse ti ha colpito. Hai ragione! Ma approfitta di questa tua impressione salutare per prendere qualche risoluzione di vita migliore! Per quanti il pensiero della morte è stato il movente per fuggire un’occasione grave di peccato;… per darsi alla pratica fervorosa della Santa Religione… per distaccarsi dal mondo e dalle sue fallaci attrattive!

Alcuni anche si sono fatti Santi. Tra costoro si ricorda un nobile della conte di Spagna, il quale, aveva dovuto guardare il cadavere della regina Isabella prima della sepoltura; rimase così colpito che risolvette di lasciare i piaceri della corte, si diede alla penitenza e si consacrò al Signore. Pieno di meriti partì da questa vita. E’ costui il grande San Francesco Borgia.

E tu cosa risolvi di fare?… Non hai niente da correggere nella tua vita?… Non accarezzi forse troppo il tuo corpo a discapito dell’anima?… Non accontenti forse illecitamente i tuoi sensi?… Ricordati che hai da morire… e morrai quando meno lo penserai… Oggi in figura, domani in sepoltura!… Intanto tu vivi come se non dovessi mai morire… Marcirà sotto terra il tuo corpo! E l’anima tua, che dovrà vivere eternamente, perchè non la curi di più?

IL GIUDIZIO PARTICOLARE
L’ANIMA
Appena il moribondo emette l’ultimo respiro, alcuni esclamano: E’ morto… tutto è finito!

Non è così! Se è finita la vita terrena, è cominciata però la vita eterna dello spirito o dell’anima.

Noi siamo fatti di anima e di corpo. L’anima è il principio vitale per cui l’uomo ama, vuole il bene ed è libero dei suoi atti, perciò responsabile del suo agire. Per mezzo dell’anima il corpo compie tutte le sue funzioni di assimilare, crescere e sentire.

Il corpo è lo strumento dell’anima; finché questa lo vivifica, abbiamo il corpo in piena efficienza; appena essa parte, abbiamo la morte, cioè il corpo diventa cadavere, insensibile, destinato alla dissoluzione. Il corpo non può vivere senza l’anima.

L’anima, fatta a immagine e somiglianza divina, è creata da Dio nell’atto della umana concezione; dopo una dimora più o meno a lungo su questa terra, ritorna a Dio per essere giudicata.

Il Giudizio Divino!… Entriamo, o lettore, in un argomento di massima importanza, di gran lunga superiore a quello della morte. Difficilmente mi commuovo, o lettore; il pensiero del Giudizio però riesce a commuovermi. Dico questo affinché tu segua con particolare interesse l’argomento che sto per trattare.

IL DIVIN GIUDICE
Dopo la morte del corpo, l’anima continua a vivere; è questa una verità di fede insegnataci da Gesù Cristo, Dio e uomo. Egli infatti dice: Non temete quelli che uccidono il corpo; ma temete piattosto Colui che può perdere il corpo e l’anima vostra! E parlando di un tale che pensava solo a questa vita terrena, ammassando ricchezze, Egli dice: Stolto, questa notte tu morrai e l’anima tua ti sarà domandata! Quanto hai preparato di chi sarà? Mentre è morente sulla Croce, dice al buon ladrone: Oggi sarai con me in Paradiso! Parlando del ricco epulone, asserisce: Morì il ricco e fu sepolto nell’inferno.

Dunque, appena l’anima parte dal corpo, senza intervallo alcuno si trova davanti all’eternità. Se essa fosse libera di scegliere, andrebbe senz’altro in Paradiso, perchè nessun’anima vorrebbe andare all’inferno. E’ necessario quindi un giudice che assegni l’eterna dimora. Questo giudice è Iddio stesso e precisamente Gesù Cristo, il Figliuolo Eterno del Padre. Egli stesso lo afferma: Il Padre non giudica alcuno, ma ogni giudizio ha rimesso al Figlio!

Si sono visti dei colpevoli a tremare davanti al giudice terreno, a sudar freddo ed anche a morire.

Eppure si tratta di un uomo che deve essere giudicato da un altro uomo. E che cosa sarà quando l’anima comparirà davanti a Dio per ricevere la sentenza irrevocabile per tutta l’eternità? Alcuni Santi tremavano al pensiero di questa comparsa. Si racconta di un monaco, che avendo visto nel sogno Gesù Cristo in atto di giudicarlo, ebbe tanto spavento, che i capelli gli divennero ad un tratto bianchi.

S. Giovanni Bosco prima di morire. alla presenza del Cardinale Alimonda e di parecchi Salesiani, cominciò a piangere. Perchè piangete? domandò il Cardinale. Penso al giudizio di Dio! Presto comparirò al suo cospetto e dovrò rendergli conto di tutto! Pregate per me!

Se questo facevano i Santi, che cosa dovremmo fare noi che abbiamo la coscienza carica di tante miserie?

DOVE SAREMO GIUDICATI?
I Dottori di Santa Chiesa insegnano che il Giudizio Particolare sarà nel luogo stesso ove avviene la morte. Verità tremenda questa! Morire mentre si sta commettendo un peccato e comparire lì stesso davanti al Giudice Supremo offeso!

Pensa, o anima cristiana, a questa verità allorquando la tentazione ti assale! Vorresti fare una cattiva azione… E se tu morissi in quel momento?… Tu commetti tanti peccati nella tua stanza… sopra quel letto… Pensa che tu probabilmente morrai su quel letto e che proprio là vedrai il Divino Giudice!… Tu perciò, o anima cristiana, sarai giudicata da Dio dentro la tua stessa casa, se ivi ti coglierà la morte!… Medita seriamente!…

LA DOTTRINA CATTOLICA
Il Giudizio che l’anima subisce appena spira, si chiama «particolare» per distinguerlo da quello che avverrà alla fine del mondo.

Addentriamoci un po’ nel Giudizio Particolare, per quanto umanamente sarà possibile. Il tutto avverrà in un batter d’occhio, come dice S. Paolo; noi però cerchiamo di descrivere lo svolgimento della scena in alcuni particolari più interessanti. Non sono io che invento questa scena del Giudizio; sono i Santi che la descrivono, con a capo Sant’Agostino, appoggiati ai detti della Sacra Scrittura. E’ bene esporre prima la dottrina cattolica riguardo alla sentenza del Giudice supremo: « Dopo la morte, se l’anima è in grazia di Dio e senza resto di peccato, va in Paradiso. Se è in disgrazia di Dio, va all’inferno. Se ha ancora qualche debito da scontare presso la Divina Giustizia, va in Purgatorio finché non sia fatta degna di entrare in Paradiso ».

UN’ANIMA INFELICE
Assistiamo assieme, o lettore, al giudizio che subisce dopo la morte un’anima cristiana, la quale, pur avendo ricevuto tante volte i Santi Sacramenti, abbia menato tuttavia una vita qua e là macchiata di gravi colpe ed abbia peccato con la speranza di salvarsi lo stesso, pensando di morire almeno in grazia di Dio. Purtroppo è stata colta dalla morte mentre era in peccato mortale ed eccola ora davanti al Giudice Eterno.

LA COMPARSA
Gesù Cristo Giudice non è più il tenero Bambino di Betlemme, il dolce Messia che benedice e perdona, l’Agnello mansueto che va alla morte sul Calvario senza aprire bocca; ma è il fiero Leone di Giuda, il Dio di tremenda maestà, davanti al quale cadono in adorazione i più eletti Spiriti Celesti e tremano le potenze infernali.

I Profeti intravvidero in qualche modo nelle loro visioni il Divin Giudice e ce ne diedero delle immagini. Essi ci raffigurano Cristo Giudice con la faccia splendente come il sole, con gli occhi scintillanti come fiamme, con la voce simile al ruggito del leone, con il furore a guisa di un’orsa alla quale siano stati rubati i figli. Al fianco ha la giustizia con due giustissime bilance: una per le opere buone e un’altra per le cattive.

L’anima peccatrice a vederlo, vorrebbe slanciarsi verso di Lui, per possederlo in eterno; per Lui è stata creata ed a Lui tende; ma ne viene trattenuta da forza misteriosa. Vorrebbe essa annientarsi od almeno fuggire per non sostenere lo sguardo di un Dio sdegnato; ma non le è concesso. Intanto vede davanti a sé il cumulo dei peccati commessi in vita, il demonio, a fianco, che sghignazza pronto a trascinarla con sé e vede al di sotto la terribile fornace dell’inferno.

Prima ancora di ricevere la sentenza, già l’anima ne prova l’atroce strazio, stimandosi da se stessa degna del fuoco eterno.

Che cosa, penserà l’anima, che cosa dovrò dire al Divin Giudice, essendo così misera?… Quale patrono ho da supplicare affinché mi aiuti?… Oh! me infelice!

L’ACCUSA
Comparsa l’anima davanti a Dio, nel medesimo istante comincia l’accusa. Ecco il primo accusatore, il demonio! Signore, dice, siate giusto!… Voi mi avete condannato all’inferno per un solo peccato! Quest’anima ne ha commessi tanti!… Fatela bruciare con me eternamente!… O anima, non ti lascerò più!… Tu mi appartieni!… Sei stata mia schiava tanto tempo!… Ah! bugiardo e traditore! dice l’anima. Mi hai promesso la felicità, presentandomi in vita il calice del piacere ed ora per te son perduta! Intanto il demonio, come dice Sant’Agostino, rinfaccia all’anima le colpe commesse e con aria di trionfo le ricorda il giorno, l’ora e le circostanze. Ricordi, anima cristiana, quel peccato… quella persona… quel libro… quel luogo?… Ricordi come ti eccitavo al male?… Come eri ubbidiente alle mie tentazioni! Ecco farsi avanti l’Angelo Custode, come dice Origene. O Dio, esclama, quanto ho fatto per la salvezza di quest’anima!… Molti anni ho passato al suo fianco, custodendola amorosamente… Quanti buoni pensieri le ho ispirato!… Dapprima, quando era innocente, mi ascoltava. In seguito, cadendo e ricadendo nella grave colpa, è diventata sorda alla mia voce!… Sapeva essa di far male… e tuttavia preferiva il suggerimento del demonio!

A questo punto l’anima, tormentata dal rimorso e dalla rabbia, non sa contro chi avventarsi! Sì, dirà, la colpa è mia!

L’ESAME
Ancora non ha avuto luogo il rigoroso interrogatorio. Illuminata dalla luce che emana da Gesù Cristo, l’anima vede tutto l’operato della sua vita nei minimi particolari.

« Dammi conto, dice il Divin Giudice, delle tue opere malvage! Quante profanazioni del giorno festivo!… Quante mancanze contro il prossimo… approfittando della roba altrui… imbrogliando nel lavoro… dando in prestito denaro ed esigendo più del giusto!… Quante falsificazioni nel commercio, alterando la merce ed il peso!… E quelle vendette prese dopo la tale e la tal altra offesa?… Tu non volevi perdonare e pretendevi il mio perdono!

« Dammi conto delle colpe contro il sesto Comandamento!… Ti avevo dato un corpo anche te ne servissi in bene e tu invece l’hai profanato!… Quante libertà indegne di una creatura!

« Quanta malizia in quegli sguardi scandalosi!… Quante miserie in gioventù… nel fidanzamento… nella vita di matrimonio, che avresti dovuto santificare!… Credevi, o infelice anima, che tutto fosse lecito!… Non pensavi che io vedevo tutto e ti avvertivo della mia presenza con il rimorso!

Le città di Sodoma e di Gomorra furono incenerite da me per mezzo del fuoco a motivo di questo peccato; anche tu eternamente sarai bruciata nell’inferno e sconterai quei cattivi piaceri presi; per poco arderai da sola, dopo verrà pure il tuo corpo!

« Dammi conto di quegl’insulti che mi lanciavi nella collera, quando dicevi: Iddio non fa le cose giuste!… E’ sordo!… Non sa ciò che fa!… Misera creatura, hai osato trattare così il tuo Creatore!… Ti avevo dato la lingua per lodarmi e te ne sei servita per insultare me e per offendere il prossimo!… Rendimi ragione ora delle calunnie… delle mormorazioni… dei segreti che hai manifestati… delle imprecazioni… delle bugie e dei giuramenti!… Di tutto voglio conto anche delle tue parole oziose!… Signore, esclama atterrita l’anima, anche di questo?… E si? Non hai letto nel mio Vangelo: Di ogni parola oziosa che gli uomini avranno detto, mi daranno canto nel giorno del Giudizio!…?

« Dammi conto anche dei pensieri, dei desideri impuri volontariamente tenuti nella mente… dei pensieri di odio e di godimento del male altrui!..:

« Come hai adempiuti i doveri del tuo stato!… Quanta trascuratezza!… Ti sei sposata!… Ma perchè non hai soddisfatto ai gravi obblighi inerenti?… Rifiutasti i figliuoli che avrei voluto donarti!… Di qualcuno, che hai accettato, non hai avuto la debita cura spirituale!… Ti ho ricoperta di favori particolari dalla nascita alla morte… tu stessa lo hai riconosciuta… e mi hai corrisposto con tanta ingratitudine!… Avresti potuto salvarti, e invece!…

«Ma il conto più stretto lo esigo delle anime che hai scandalizzate!… Miserabile creatura, per salvare le anime sono sceso dal Cielo in terra e son morto in Croce!:.. Per salvarne una sola, se fosse necessario, farei altrettanto!… E tu, invece mi hai rapite le anime con i tuoi scandali!… Ricordi quei discorsi scandalosi… quei gesti… quelle provocazioni al male?… In tal modo hai spinto al peccato anime innocenti!… Costoro hanno insegnato anche ad altre il male, aiutando l’opera di Satana!… Dammi conto di ciascuna anima!… Tu tremi!… Dovevi prima tremare, pensando a quelle mie terribili parole: Guai a chi dà scandalo! Sarebbe meglio che venisse legata al collo dello scandaloso una macina da mulino e fosse precipitato nel profondo del mare! Signore, dice l’anima, ho peccato, è vero! Però non sono stata solamente io!… Anche altre hanno operato come me! Le altre avranno il loro giudizio!… Anima perduta, perchè non lasciasti a suo tempo quelle amicizie cattive?… Il rispetto umano, o paura della critica, ti ha trattenuto nel male ed invece di aver vergogna di dare scandalo… ridevi scioccamente!… Ma vada l’anima tua all’eterna perdizione per le anime che hai rovinate! Soffri tanti inferni, quanti sono coloro che hai scandalizzato!

Dio di tremenda, giustizia, riconosco di aver mancato!… Ma tenete conto delle passioni che mi hanno violentato!… E perchè non toglievi le occasioni? Tu invece mettevi la legna al fuoco!… Ogni divertimento, lecito o no, lo facevi tuo!…

Nella vostra giustizia infinita, ricordatevi, o Signore, delle opere buone da me compiute!… Sì, hai compiute delle opere buone… ma non le hai fatte per amor mio! Operavi per farti vedere… per guadagnare la stima o la lode altrui!… Hai ricevuto la tua ricompensa in vita!… Hai fatte altre opere buone però ti trovavi in stato di peccatomortale e quanto facevi non era meritorio!… L’ultimo peccato grave commesso… quello che stoltamente speravi di confessare prima di morire… quell’ultimo peccato ti ha spogliato di ogni merito!…

Quante volte, o Dio misericordioso; in vita mi avete perdonato!… Perdonatemi anche ora! E’ finito il tempo della misericordia!… Già troppo hai abusato della mia bontà… e per questo ti sei perduta!… Peccavi e ripescavi… pensando: Iddio è buono e mi perdona!… Anima sciagurata, con la speranza del perdono ritornavi a trafiggermi!… E correvi dal mio Ministro per avere l’Assoluzione!… Quelle tue Confessioni non mi erano accette!… Ricordi quante volte nascondevi per vergogna qualche peccato?… Quando pur lo confessavi, non ne eri del tutto pentita e subito vi ricadevi!… Quante Confessioni mal fatte!… Quante Comunioni sacrileghe!… Tu, o anima, eri stimata come buona e pia dagli altri ma io che conosco l’intimo del cuore, ti giudico come perversa!…

LA SENTENZA
Giusto siete, o Signore, esclama l’anima, e retto è il vostro giudizio!… Merito la vostra ira!… Ma non siete voi il Dio tutto amore?… Non spargeste per me il vostro Sangue sulla Croce?… Questo Sangue propiziatore invoco su di me!… Sì, scenda esso punitore su di te dalle mie Piaghe!… E va’, maledetta, lontano da me, nel fuoco eterno, preparato al diavolo ed ai suoi seguaci!

Questa sentenza di eterna maledizione è per la misera anima la maggiore pena! Sentenza divina, immutabile, eterna!

In meno che si dica, data la sentenza, ecco l’anima afferrata dai demoni e trascinata con scherno dentro al supplizio eterno, tra le fiamme, che bruciano e non consumano. Ove cade l’anima, ivi rimane! Ogni tormento piomba, sopra di essa; il maggiore pero è il rimorso, il verme roditore di cui ci parla il Vangelo.

NON C’E’ ESAGERAZIONE
In questo giudizio mi sono espresso umanamente; la realtà però è di gran lunga superiore ad ogni umana parola. Può sembrare esagerata la condotta di Dio nel giudicare l’anima peccatrice; tuttavia bisogna persuadersi che la Divina Giustizia è severa punitrice del male. Basta osservare i castighi che Iddio manda all’umanità a motivo dei peccati, e non solo per i gravi, anche per i leggeri. Così leggiamo nella Sacra Scrittura che il re Davide fu punito per un sentimento di vanità con tre giorni di peste nel suo regno; il Profeta Semefa fu sbranato da un leone per una disobbedienza agli ordini ricevuti da Dio; la sorella di Mosè fu colpita dalla malattia della lebbra per una mormorazione fatta contro il fratello; Anania e Saffira, marito e moglie, furono puniti con la morte improvvisa per una semplice menzogna detta a S. Pietro. Ora, se Iddio giudica degni di tanta castigo coloro che commettono una pieccola mancanza volontaria, che cosa farà di chi commette peccati gravi?

E se nella vita terrena, che suole essere tempo di misericordia, il Signore è così esigente, che cosa sarà dopo la morte quando non ci sarà più misericordia?

Del resto basta ricordare un poco qualche parabola che Gesù Cristo racconta in proposito, per convincerci della serietà, del suo giudizio.

LA PARABOLA DEI TALENTI
Un signore, dice Gesù nel Vangelo, prima di allontanarsi dalla sua città, chiamò i servitori e diede loro dei talenti: a chi cinque, a chi due ed a chi uno, a ciascuno secondo la propria capacità. Dopo un certo tempo ritornò e volle fare i conti con i servitori. Venne a lui quegli che aveva ricevuto cinque talenti e gli disse: Ecco, o signore, ho guadagnato altri cinque talenti! Bravo, servo buono e fedele! Poiché sei stato fedele nel poco, ti costituisco padrone sul molto! Entra nel gaudio del tuo signore!

Similmente disse a colui che aveva ricevuto due talenti e ne aveva guadagnato altri due.

Gli si presentò chi ne aveva ricevuto uno solo e gli disse: Signore, io so che voi siete uomo severo, perchè esigete ciò che non avete dato e raccogliete ciò che non avete seminato. Avendo paura di perdere il vostro talento, sono andato a sotterrarIo. Ecco ve lo restituisco tale e quale! Servo iniquo, disse il signore, ti condanno con le tue stesse parole! Tu sapevi che sono uomo severo!… Perchè dunque non consegnavi alle banche il talento e così al mio ritorno avresti percepito gli interessi?… e diede ordine che il misero servo venisse legato mani e piedi e fosse gettato nelle tenebre esteriori, tra il pianto e lo stridore dei denti.

Questi servitori siamo noi. Abbiamo ricevuto i doni da Dio con varietà: vita, intelligenza, corpo, ricchezza, ecc.

Al termine della carriera mortale se il nostro Sommo Donatore vede che abbiamo fatto del bene, ci giudica benignamente e ci premia. Se invece vede che bene non ne abbiamo operato, anzi abbiamo trasgredito i suoi ordini e l’abbiamo offeso, allora il suo giudizio sarà tremendo: l’eterna prigione!

UN ESEMPIO
E qui è da notare che Iddio è giustissimo e nel giudicare non guarda in faccia ad alcuno; dà a ciascuno quanto spetta, senza tenere conto delle dignità umane.

Il Papa è il rappresentante di Gesù Cristo in terra; dignità sublime. Ebbene, anche lui viene giudicato da Dio come gli altri uomini, anzi con più rigore, poichè a chi più è stato dato, più sarti richiesto.

Il Sommo Pontefice Innocenzo III fu uno dei più grandi Papi. Fu zelantissimo della gloria di Dio e compì opere meravigliose a bene delle anime. Però commise nelle mancanze leggere, che, come Papa, avrebbe dovuto evitare. Appena morto, fu severamente giudicato da Dio. Comparve allora a Santa Lutgarda, tutto circondato di fiamme e le disse: Sono stato giudicato colpevole di alcune cose e sono stato condannato al Purgatorio sino al giorno del Giudizio Universale!

Il Cardinale Bellarmino, divenuto poi Santo, rabbrividiva pensando a questo fatto!

FRUTTO PRATICO
Quanta cura non si ha degli affari temporali! I mercanti e coloro che gestiscono qualche azienda, mettono tanta sollecitudine per guadagnare; non contenti di ciò, la sera sogliono dare uno sguardo al libro dei conti e di tanto in tanto fanno i calcoli più accurati e, se è il caso, prendono provvedimenti. Perché non fai, o anima cristiana, altrettanto per gli affari spirituali, per i conti della tua coscienza?… Se non lo fai è perché hai poca cura della tua salvezza eterna!… Giustamente Gesù Cristo dice: I figli di questo secolo sono, nel loro genere, più avveduti dei figli della luce!

Ma se per il passato, o anima, sei stata trascurata, non esserlo per l’avvenire! Fa’ una rivista della tua coscienza; scegli però il tempo più tranquillo per fare ciò. Se riconosci di avere ì conti in regola con Dio rimani tranquilla e segui la buona via sulla quale ti trovi. Se al contrario vedi che c’è qualche cosa da mettere a posto, apri l’anima tua a qualche Sacerdote zelante per avere l’assoluzione e ricevere un esatto indirizzo della vita morale. Prendi fermi propositi di vita migliore e non indietreggiare più!… Tu sai come è facile morire!… Da un momento all’altro protesti trovarti al divin tribunale!

RENDERSI AMICO GESU’
Gesù amava Gerusalemme, la città santa. Quanti miracoli non vi operò! Essa avrebbe dovuto corrispondere a sì grandi benefizi, ma non lo fece. Gesù ne rimase molto addolorato e un giorno pianse sulla sua sorte.

Gerusalemme, disse, Gerusalemme, quante volte io volli radunare i tuoi figliuoli come la gallina raduna i suoi pulcini sotto le ali e non hai voluto!… Oh! se tu conoscessi e proprio in questo giorno quello che giova alla tua pace! Invece ora sono cose nascoste ai tuoi occhi. Ma ci sarà per te la punizione, poichè verranno giorni, nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno trincee, ti circonderanno e stringeranno te e i tuoi figliuoli che sono in te e non lasceranno pietra su pietra!

Gerusalemme, o anima, è immagine tua. Gesù ti ha ricoperta di benefici spirituali e temporali; tu però hai corrisposto con ingratitudine, offendendolo. Gesù forse piange sulla tua sorte, dicendo: Povera anima, ti ho amata, ma un giorno, quando avrò da giudicarti, dovrò maledirti e condannarti all’inferno!

Convertiti, dunque, una buona volta! Tutto Gesù ti perdona, avessi pure comemesso tutti i peccati del mondo, purché sia pentita! Tutto Gesù perdona a chi realmente lo vuole amare, come generosamente perdonò alla Maddalena, donna scandalosa, dicendo di lei: Molto le è stato perdonato, perchè molto ha amato.

Bisogna amare Gesù non a parole, ma coi fatti, osservando la sua divina legge. E’ questo il mezzo per renderselo amica per il giorno del Giudizio.

UN MIO BISOGNO
A te ho rivolto la parola, o lettore; nello stesso tempo ho inteso rivolgerla a me stesso, perchè anch’io ho un’anima da salvare ed avrò da comparire al cospetto di Dio. Convinto di quanto dico agli altri, sento il bisogno d’innalzare a Cristo Giudice una calda preghiera, affinché mi sia propizio nel giorno del mio rendiconto.

INVOCAZIONE
O Gesù, mio Redentore e mio Dio, ascoltate l’umile preghiera che viene dal profondo del mio cuore!… Non entrate in giudizio col vostro servo, perchè nessuno può giustificarsi dinanzi a Voi! Pensando al giudizio che mi attende, tremo… e giustamente! Mi avete segregato dal mondo e mi fate vivere in un convento; però questo non basta a togliermi la paura del vostro giudizio!

Verrà il giorno in cui partirò da questo mondo e a Voi mi presenterò. Quando aprirete il libro della mia vita, abbiate pietà di me!… Io che sono così miserabile, che cosa potrò dirvi in quel momento?… Voi solo potete salvarmi, o Re di tremenda maestà… Ricordatevi, o pietoso Gesù, che per me siete morto in Croce! Perciò non mandatemi tra i dannati! Meriterei un giudizio inesorabile! Ma Voi, Giudice di giusta vendetta, datemi il perdono dei peccati, prima ancora del giorno del mia rendiconto!… Pensando alle mie miserie spirituali, dovrei piangere e sento che il mio volto si riempie di vergogna. Perdonate, o Signore, a chi umilmente Vi supplica! la mia preghiera so che non è degna; Voi però esauditela! Vi supplico con cuore umiliato! Datemi quanto ardentemente vi chiedo: non permettete che io commetta un solo peccato mortale!… Se prevedete questo, mandatemi prima qualunque genere di morte!… Datemi spazio di penitenza e fate che con l’amore e con le sofferenze abbia a purificare l’anima mia prima di presentarmi a Voi!

O Signore Voi siete chiamato Gesù, che significa Salvatore! Salvate perciò quest’anima mia! O Maria Santissima, a Voi mi affido perchè siete il rifugio dei peccatori!

IL GIUDIZIO UNIVERSALE
E’ morto un tale. Il corpo è stato seppellito; l’anima è stata giudicata da Dio ed è andata all’eterna dimora, o Paradiso o inferno.

E’ tutto finito per il corpo? No! Dopo che saranno passati dei secoli… alla fine del mondo dovrà ricomporsi e risuscitare. E per l’anima la sorte sarà mutata?

No! Il premio o la pena sono eterni. Però alla fine del mondo l’anima uscirà momentaneamente dal Paradiso o dall’inferno, si riunirà al corpo ed andrà ad assistere al Giudizio Universale.

PERCHE’ UN SECONDO GIUDIZIO?
Sembrerebbe superfluo un secondo Giudizio, dato che la sentenza che Iddio dà all’anima dopo la morte è inesorabilmente immutabile. Eppure è conveniente che ci sia quest’altro Giudizio, chiamato Universale, perchè fatto a tutti gli uomini riuniti assieme. La sentenza, che l’Eterno Giudice allora pronunzierà, sarà la solenne conferma della prima, avuta nel Giudizio Particolare.

La nostra ragione stessa trova dei motivi perchè ci sia questo secondo Giudizio.

LA GLORIA DI DIO
Oggi il Signore è bestemmiato. Nessuna persona è tanto insultata quanto la Divinità. La sua Provvidenza, che opera continuamente, anche nei minimi particolari, a bene delle creature, la sua Provvidenza, che per quanto misteriosa è sempre adorabile, viene oltraggiata vergognosamente dal vile uomo, quasi Iddio non sapesse governare il mondo, o l’avesse abbandonato a se stesso. Iddio ci ha dimenticati! si esclama da tanti nel dolore. Egli non sente più e non vede niente di quanto succede nel mondo! Perché non fa vedere la sua potenza in certe gravi situazioni sociali di rivoluzioni o di guerre?

E’ giusto che il Creatore, alla presenza di tutti i popoli, faccia conoscere il perché della sua condotta. Da questo ne guadagnerà la gloria di Dio, poiché nel giorno del Giudizio tutti i buoni acclameranno ad una voce: Santo, Santo, Santo è il Signore, il Dio degli eserciti! A lui sia gloria! Benedetta sia la sua provvidenza!

L’ONORE DI GESU’ CRISTO
Il Figlio Eterno di Dio, Gesù, fattosi uomo pur restando vero Dio, subì la più grande umiliazione venendo in questo mondo. Per amore degli uomini si assoggettò a tutte le miserie umane, tranne che a quella del peccato; visse in una bottega come umile falegname. Avendo provato al mondo la sua Divinità per mezzo di un numero stragrande di miracoli, tuttavia per gelosia venne condotto davanti ai tribunali ed accusato di essersi fatto Figlio di Dio. In tale occasione fu sputacchiato, schiaffeggiato, chiamato bestemmiatore ed indemoniato, battuto a sangue sulle nude spalle, coronato di spine, paragonato all’assassino Barabba e posposto a lui; condannato ingiustamente dal Sinedrio e dal Pretorìo alla morte di croce, la più umiliante e dolorosa, e lasciato morire ignudo fra gli spasimi e gl’insulti dei carnefici.

E’ ben giusto che l’onore di Gesù Cristo sia riparato pubblicamente, come pubblicamente fu umiliato.

Il Divin Redentore pensava a questa grande riparazione quando era davanti ai tribunali; difatti, rivolto ai suoi giudici, disse: Vedrete il Figlio dell’uomo sedere alla destra della potenza di Dio e venire sulle nubi del cielo! Questa venuta sulle nubi del cielo è il ritorno di Gesù Cristo sulla terra alla fine del mondo per giudicare tutti.

Inoltre Gesù Cristo è stato e sarà sempre il bersaglio dei cattivi, che per istigazione diabolica lo combattono con la stampa e con la parola nella sua Chiesa, che è il suo Corpo Mistico. E’ vero che la Chiesa Cattolica è sempre vittoriosa, benché sempre combattuta; ma è conveniente che il Redentore si mostri solennemente a tutti i suoi avversari riuniti e che li umilii al cospetto del mondo intero, condannandoli pubblicamente.

LA SODDISFAZIONE DEI BUONI
Spesso si vedono i buoni tribolati ed i cattivi trionfanti.

I tribunali umani, pur dicendo di rispettare la giustizia, non raramente la calpestano. Difatti il ricco, colpevole e prepotente, riesce a corrompere i magistrati col denaro e dopo il delitto continua a vivere in libertà; il povero, perché privo di mezzi, non può far risplendere la sua innocenza e perciò passa la vita nell’oscura prigione. Nel giorno del Giudizio Universale è bene che vengano smascherati i fautori del male e che risplenda l’innocenza dei buoni calunniati.

Milioni e milioni di uomini, donne e bambini, nel corso dei secoli hanno subito la sanguinosa persecuzione per la causa di Gesù Cristo. Basta ricordare i primi tre secoli del Cristianesimo. Un ampio anfiteatro; migliaia di spettatori avidi di sangue; leoni e pantere in grande irrequietezza per la fame ed attendono la preda… la carne umana. Si spalanca la porta di ferro e le bestie feroci sbucano, si avventano contro una schiera di Cristiani, che in ginocchio nel centro dell’anfiteatro, muoiono per la Santa Religione. Costoro sono i Martiri, i quali sono stati spogliati dei propri beni e tentati in diversi mogli per far loro rinnegare Gesù Cristo. Essi però hanno preferito perdere tutto e farsi sbranare dai leoni, anziché rinnegare il Redentore. E non è ben giusto che il Cristo dia a questi Eroi la meritata soddisfazione?… si!… La darà in quel giorno supremo, davanti a tutti gli uomini ed a tutti gli Angeli dei Cielo!

Quanti trascorrono la vita nelle privazioni, tutto sopportando con rassegnazione al volere di Dio! Quanti vivono nell’oscurità esercitando le virtù cristiane! Quante anime vergini, rinunziando ai piaceri passeggeri del mondo, sostengono per anni e anni la dura lotta dei sensi, lotta conosciuta soltanto da Dio! La forza e l’intima gioia di costoro è l’Ostia Santa, la Carne Immacolata di Gesù, di cui con frequenza si nutrono nella Comunione Eucaristica. Per queste anime dovrà esserci il condegno onore! Che risplenda davanti al mondo il bene operato nel segreto! Niente vi è di occulto, dice Gesù, che non sia manifestato.

LA CONFUSIONE DEI CATTIVI
Il vostro pianto, dice ai buoni il Signore, si convertirà in gaudio! Per il contrario, la gioia dei cattivi dovrà cambiarsi in pianto. Ed è conveniente che i ricchi vedano risplendere nella gloria di Dio quei poveri, ai quali hanno negato il tozzo di pane, come l’epulone vide Lazzaro nel seno di Abramo; che i persecutori contemplino le loro vittime nel trono di Dio; che tutti i dispregiatori della Santa Religione, mirino lo splendore eterno di coloro, che in vita hanno deriso, chiamandoli bigotti e gente sciocca che non ha saputo godere la vita!

Il Giudizio Universale porta con sè la risurrezione dei corpi, cioè la riunione dell’anima con il compagno della vita mortale. Il corpo è lo strumento dell’anima, strumento di bene oppure di male.

E’ giusto che il corpo, il quale ha cooperato al bene compiuto dall’anima, sia glorificato mentre quello che è servito a fare il male sia umiliato e punito.

Ed è proprio l’ultimo giorno quello che Iddio ha riservato a tale scopo.

VERITA’ DI FEDE
Essendo il Giudizio Universale una grande verità che dobbiamo credere, non basta la sola ragione a convincersene, ma è necessario il lume della fede. Per mezzo di questa luce soprannaturale noi crediamo una sublime verità, non per l’evidenza di essa, ma per l’autorità di Colui che la rivela, che è Dio, il quale non può ingannarsi e non vuole ingannare.

Essendo il Giudizio Universale una verità rivelata da Dio, la Santa Chiesa l’ha inserita nel Credo, o Simbolo Apostolico, che è il compendio di quanto dobbiamo credere. Eccone le parole: Credo… che Gesù Cristo, morto e risuscitato, salì al Cielo… Di là ha da venire (alla fine del mondo) a giudicare i vivi ed i morti, cioè i buoni che sono considerati vivi, ed i cattivi che sono morti alla, grazia di Dio. Credo inoltre la risurrezione della carne, cioè credo che nel giorno del Giudizio Universale i morti usciranno dal sepolcro, ricomponendosi per divina virtù e riunendosi all’anima.

Chi nega o mette in dubbio questa verità di fede, pecca.

INSEGNAMENTO DI GESU’ CRISTO
Diamo uno sguardo al Vangelo per vedere quello che il Divin Redentore insegna riguardo al Giudizio Universale, il quale è chiamato dalla Santa Chiesa « giorno di ira, di sventura e di miseria; giorno grande e molto amaro ».

Affinché ciò che insegna potesse restare più impresso, Gesù adoperava delle parabole o paragoni; così anche i poco intellettuali potevano comprendere le più eccelse verità. Riguardo al grande Giudizio portò diversi paragoni, secondo le circostanze in cui Egli parlava.

PARABOLE
Passando Gesù Cristo lungo il mare di Tiberiade, mentre la folla lo seguiva per ascoltare la divina parola, avrà visto dei pescatori intenti a ritirare i pesci dalle reti. Volse l’attenzione degli uditori a quella scena.

Ecco, Egli disse, il regno dei Cieli è simile ad una rete che si getta in mare e raccoglie ogni genere di pesci. I pescatori dopo si seggono presso la riva e ne fanno la scelta. I pesci buoni vengono messi dentro i recipienti, mentre i cattivi sono gettati via. Così sarà alla fine del mondo.

Un’altra volta, attraversando la campagna, a vedere dei contadini applicati alla trebbiatura del grano, colse l’occasione per ricordare il Giudizio Universale.

Il regno dei Cieli, disse, è simile alla raccolta del grano. I contadini separano il grano dalla paglia; il primo viene conservato nei granai ed invece la paglia è messa da parte per essere bruciata. Gli Angeli separeranno i buoni dai malvagi e costoro andranno nel fuoco eterno, ove sarà pianto e stridore di denti, mentre gli eletti andranno alla vita eterna.

A vedere qualche pastore presso la mandria, Gesù trovò un’altra parabola per la fine del mondo.

Il pastore, Egli disse, separa gli agnelli dai capretti. Così sarà nell’ultimo giorno. Manderò i miei Agnelli, i quali separeranno i buoni dai cattivi!

ALTRE PROVE
E non soltanto nelle parabole ricordava Gesù il Giudizio Universale, chiamandolo anche « l’ultimo giorno », ma nei suoi discorsi spesso ne faceva accenno. Così a vedere l’ingratitudine di alcune città da Lui beneficate, esclamò: Guai a te, Coròzain, guai a te Betsaida! Se in Tiro e in Sidone si fossero operati i miracoli in voi compiuti, avrebbero fatto penitenza! Perciò vi dico che le città di Tiro e di Sidone nel giorno del Giudizio saranno trattate con minor rigore!

Così pure, vedendo Gesù la malizia degli uomini nell’operare, disse ai suoi discepoli: Quando il Figlio dell’uomo verrà nella gloria dei suoi Angeli, allora darà a ciascuno secondo le proprie opere!

Unitamente al Giudizio, Gesù ricordava anche la risurrezione dei corpi. Così nella Sinagoga di Cafarnao per far conoscere la missione affidatagli dall’Eterno Padre, disse: E’ questa la volontà di Colui che mi ha mandato nel mondo, il Padre, che tutto ciò che Egli mi ha dato non abbia io a perderlo, ma invece lo risusciti nell’ultimo giorno!… Chiunque crede in me ed osserva la mia legge, avrà la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno!… E chi mangia la mia Carne (nella Santa Comunione) e beve il mia Sangue, ha la vita eterna; ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno!

LA RISURREZIONE DEI MORTI
Ho accennato già alla risurrezione dei morti; ma è bene trattare l’argomento diffusamente.

San Paolo, prima persecutore dei Cristiani e poi divenuto grande Apostolo, predicava ovunque si trovasse sulla risurrezione dei morti. Non sempre però era ascoltato volentieri su tale argomento: difatti nell’Areopago di Atene, quando cominciò a trattare della risurrezione, alcuni se ne risero; altri gli dissero: Ti ascolteremo un’altra volta su questa dottrina.

Non credo che il lettore voglia fare altrettanto, cioè stimare l’argomento della risurrezione dei morti degno di essere deriso, oppure di ascoltarlo mal volentieri. Il fine principale di questo scritto è la dimostrazione dommatica di quest’articolo di fede: I morti dovranno tutti risuscitare alla fine del mondo.

UNA VISIONE PROFETICA
Si legge nella Sacra Scrittura la seguente visione che ebbe il Profeta Ezechiele, parecchi secoli prima della venuta di Gesù Cristo nel mondo. Eccone la narrazione:

La mano del Signore venne sopra il me e mi condusse in ispirito in mezzo ad un campo pieno di ossa. Mi fece camminare tra le ossa, che erano sovrabbondanti e molto secche. Il Signore mi disse: O uomo, credi tu che queste cose diventeranno vive? Voi lo sapete, o Signore Iddio! così io risposi. Ed egli disse a me: Profetizzerai intorno a queste ossa e dirai: Ossa secche, ascoltate la parola del Signore! Io manderò a voi lo spirito e vivrete! Vi darò i nervi, vi farò crescere la carne, stenderò su voi la pelle, vi darò l’anima e ritornerete in vita. Così saprete che io sono il Signore.

Parlai a nome di Dio come mi era stato comandato; le ossa si accostarono alle ossa e ciascuno andava alla propria giuntura. E mi accorsi che sopra le ossa erano andati i nervi, la carne e la pelle; però non c’era l’anima.

Il Signore, continua Ezechiele, mi disse. Parlerai nel mio nome allo spirto e dirai: Il Signore Iddio dice questo: Vieni, o spirito, dai quattro venti e va’ sopra questi morti affinché risorgano!

Feci come mi era stato ordinato; entrò l’anima in quei corpi ed ebbero vita; infatti si rizzarono in piedi e si formò una grandissima moltitudine.

Questa visione del Profeta ci dà l’idea di quanto avverrà alla fine del mondo.

LA RISPOSTA AI SADDUCEI

Gli Ebrei erano a conoscenza della risurrezione dei morti. Però non tutti l’ammettavano; infatti tra i dotti si formarono due correnti o partiti: Farisei e Sadducei. I primi ammettevano la risurrezione, i secondi la negavano.

Venne Gesù Cristo nel mondo, iniziò la vita pubblica con la predicazione e fra le tante verità insegnava essere cosa certa che i morti avranno da risuscitare.

Si riaccese allora la questione più viva che mai, fra Farisei e Sadducei. Questi ultimi però non volevano cedere e cercavano argomenti da contrapporre a quanto Gesù Cristo insegnava in proposito. Credettero un giorno di aver trovato un argomento molto forte e lo proposero pubblicamente al Divin Redentore.

Gesù era tra i suoi discepoli e tra la moltitudine che lo accalcava. Si fecero avanti alcuni dei Sadducei e lo interrogarono: Maestro, Mosè ci lasciò scritto: Se il fratello di qualcuno morrà essendo ammogliato e non avrà figli, il fratello sposi la moglie di lui e susciti il seme di suo fratello. Adunque ci furono sette fratelli; il primo prese moglie e morì senza figli. Il secondo sposò la donna ed anche egli morì senza figli. Allora la sposò il terzo e similmente in seguito la sposarono tutti e sette i fratelli, i quali morirono senza lasciare figli. In ultimo mora tinche la danna. Nella risurrezione dei morti questa donna di chi dovrà essere moglie, avendola avuta tutti e sette?

Pensavano i Sadducei di chiudere la bocca a Gesù Cristo, somma sapienza, e di sfatarlo davanti al popolo. Ma si sbagliarono!

Con calma Gesù rispose: Voi v’ingannate, perchè non conoscete le Sacre Scritture e neanche la potenza di Dio! I figli di questo secolo si sposano e si maritano; nella risurrezione dei morti non ci saranno né mariti né mogli; né in seguito potranno più morire, infatti saranno come gli Angeli e saranno figli di Dio, essendo figli della risurrezione. Che i morti risorgeranno, lo dichiara anche Mosè trovandosi presso il roveto ardente, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. Non è dunque il Dio dei morti, ma dei vivi, poiché tutti vivono per Lui.

Udendo tale risposta, alcuni degli Scribi dissero: Maestro, hai eletto bene! Il popolo intanto rimaneva estasiato davanti alla dottrina sublime del Messia.

GESU’ RISUSCITA I MORTI
Gesù Cristo provava la sua dottrina con i miracoli. Egli, essendo Dio, poteva comandare al mare e al vento e farsi ubbidire; nelle sue mani si moltiplicavano i pani ed i pesci; ad un suo cenno l’acqua diventava vino, i lebbrosi guarivano, i ciechi riacquistavano la vista, i sordi l’udito, i muti la loquela, gli zoppi si raddrizzavano ed i demoni uscivano dagli ossessi.

Davanti a questi prodigi, operati continuamente, il popolo restava avvinto a Gesù ed ovunque per la Palestina si esclamava: Mai si son viste tali cose!

Ad ogni nuovo miracolo, una nuova meraviglia della folla. Quando però Gesù risuscitava qualche morto, lo stupore dei presenti arrivava al colmo.

Risuscitare un morto… vedere un cadavere, freddo, in via di putrefazione, dentro la bara oppure disteso sul letto… e subito dopo, ad un cenno del Cristo. vederlo muovere, alzarsi, camminare… quanto stupore non doveva destare!

Gesù risuscitava i morti per dimostrare che era Dio, padrone della vita e della morte; ma voleva anche provare in tal modo essere. possibile la risurrezione dei corpi alla fine del mondo. Era questa la migliore risposta alle difficoltà che mettevano avanti i Sadducei.

I morti da Gesù Cristo chiamati alla vita furono molti; però gli Evangelisti ci tramandarono solamente le circostanze di tre defunti risuscitati. Non è superfluo riportare qui la narrazione.

LA FIGLIA DI GIAIRO
Il Redentore Gesù era disceso dalla barca; la gente, appena lo vide, corse a Lui. Mentre era ancora vicino al mare, si fece innanzi un tale di nome Giairo, Arcisinagogo. Era un padre di famiglia, molto addolorato perché la figliuola di dodici anni stava per morire. Che cosa non avrebbe fatto per salvarla!?… Avendo visto inutili i mezzi umani, pensò di rivolgersi a Gesù, l’operatore di prodigi. Dunque l’Arcisinagogo, senza rispetto umano, si gettò ai piedi di Gesù con le lacrime agli occhi e disse: O Gesù Nazareno, la mia figliuola è in agonia! Vieni subito a casa, imponi su di essa la tua mano affinchè sia salva e viva!

Il Messia esaudì la preghiera del padre e si avvio alla casa di lui. La moltitudine che era grande, lo seguiva. Lungo il cammino, la veste di Gesù fu toccata con fede da una donna che da dodici anni soffriva perdita di sangue. Sull’istante fu risanata. Gesù dopo le disse: O figlia, la tua fede ti ha salvata; va’ in pace!

Mentre diceva questo, ecco venire alcuni dalla casa dell’Arcisinagogo annunziando la morte della fanciulla. E’ inutile che tu, o Giairo, disturbi il Divin Maestro! La tua figliuola è morta!

Il povero padre era in preda al dolore; ma Gesù lo confortò dicendo: Non aver paura; soltanto abbi fede! intendendo dire: Per me è la stessa cosa il far guarire da una malattia o il richiamare in vita un morto!

Il Signore si staccò dalla folla e dai discepoli e volle che lo seguissero soltanto i tre Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni.

Giunti all’abitazione di Giairo, Gesù vide molte persone che piangevano. Perchè piangete? disse loro. La fanciulla non è morta, ma dorme!

ī parenti e gli amici, che di già avevano contemplato il cadavere, a sentire queste parale, lo presero per pazzo. Gesù diede ordine che tutti restassero fuori e volle con sè nella camera della defunta il padre, la madre ed i tre Apostoli.

Realmente la fanciulla era morta. Per il Signore il richiamare in vita era facile come per noi svegliare uno che dorme. Gesù infatti, avvicinatosi al cadavere, ne prese la mano e disse: Talitha cum!! cioè, fanciulla, te lo dico io, alzati! A queste divine parole l’anima ritornò nel cadavere e la . fanciulla poté alzarsi e camminare per la stanza.

I presenti furono presi da grande stupore,e dapprima neanche volevano credere ai propri occhi; ma Gesù li rassicurò e affinché si convincessero meglio, ordinò che si desse da mangiare alla fanciulla.

Quel corpo, pochi istanti prima freddo cadavere, era divenuto vegeto e poteva compiere le sue ordinarie funzioni.

IL FIGLIO DELLA VEDOVA
Si portava a seppellire un giovanetto; era figlio unico di madre vedova. Il corteo funebre era giunto alla porta della .città di Naim. Il pianto della madre toccava il cuore di tutti. PoVera donna! Aveva perduto ogni bene con la morte del1’unico figlio; era rimasta sola al mondo!

In quel momento faceva il suo ingresso a Naim il buon Gesù, seguito al solito da una grande folla. Il Cuore Divino non restò insensibile alle grida della madre: Avvicinatosi: Donna, le disse, non piangere!

Gesù ordinò ai portatori della bara di fermarsi. Tutti gli occhi si fissarono sui Nazareno e sulla bara, ansiosi di vedere qualche prodigio. Ecco vicini l’autore della vita e la morte. Basta che il Redentore lo voglia e subito la morte cederà la preda. Quella mano onnipotente toccò la bara ed ecco il miracolo.

Giovinetto, disse Gesù, te lo comando io, alzati!

Le aride membra si scuotono, gli occhi si aprono ed il risuscitato si alza, mettendosi a sedere sulla, bara.

O donna, avrà soggiunto il Cristo, te lo avevo detto di non piangere! Eccoti il figlio!

E’ più da immaginare che da descrivere ciò che la madre abbia fatto a vedere il figliuolo tra le braccia! Dice l’Evangelista: A vedere ciò tutti furono pieni di timore e glorificarono Iddio.

LAZZARO DI BETANIA
La terza ed ultima risurrezione che il Vangelo narra nei minimi particolari è quella di Lazzaro; la narrazione è tipica e merita di essere riportata integralmente.

A Betania, villaggio poco distante da Gerusalemme, abitava Lazzaro con le due sorelle, Maria e Marta. Maria era stata pubblica peccatrice; ma pentitasi del male fatto, si era data completamente alla sequela di Gesù; e volle anche offrire a Lui la propria abitazione per ospitarlo. Il Divin Maestro volentieri alloggiava in quella casa, ove trovava tre cuori retti e docili ai suoi insegnamenti: Lazzaro si era ammalato gravemente. Le due sorelle, sapendo che Gesù non era in Giudea; mandarono alcuni per avvisarlo.

Maestro, costoro gli dissero, colui che tu ami, Lazzaro, è gravemente infermo!

Udendo ciò, Gesù rispose: Questa infermità non è per la morte, ma per la gloria di Dio, affinché per essa sia glorificato il Figlio di Dio. Tuttavia Egli non andò subito a Betania e si trattenne ancora due giorni nella regioni del Giordano.

Dopo di questo, disse ai suoi discepoli: Andiamo di nuovo in Giudea… Il nostro

amico Lazzaro già dorme; ma vado io a. svegliarlo. I discepoli gli osservarono: Signore, se dorme, certamente sarà in. salvo! Gesù però non intendeva parlare del sonno naturale, bensì della morte dell’amico; perciò chiaramente lo disse: Lazzaro è già morto ed io sono contento di non essermi trovato ivi, affinché voi crediate. Adunque, andiamo da lui!

Quando Gesù arrivò, da quattro giorni il morto era stato seppellito.

Essendo la famiglia di Lazzaro conosciuta e tenuta in considerazione, sparsasi la notizia della morte, molti Giudei erano andati a trovare le sorelle Marta e Maria per consolarle.

Intanto Gesù era giunto presso il villaggio, ma non vi era entrato. La notizia della sua venuta arrivò subito all’orecchio di Marta, la quale lasciò tutti senza dirne il motivo e corse incontro al Redentore. Maria ignara del fatto, rimase in casa con le persone amiche venute a confortarla.

Marta, visto Gesù, esclamò con le lacrime agli occhi: O Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!

Le rispose Gesù: Tuo fratello risorgerà nella risurrezione alla fine del mondo! Soggiunse il Signore: lo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche morto, vivrà! E chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?

Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo, venuto in questo mondo!

Gesù le disse di andare a chiamare la sorella Maria. Ritornò Marta a casa e disse alla sorella sottovoce: E’ venuto il Divino Maestro e desidera parlarti; è ancora all’ingresso del villaggio.

Maria, udendo questo, subito si alzò e andò da Gesù. I Giudei, che erano a farle visita, a vedere improvvisamente alzare Maria ed uscire frettolosa da casa, dissèro: Certamente va al sepolcro del fratello per piangere. Andiamo anche noi con essa!

Giunta Maria dove era Gesù, a vederlo, si gettò ai suoi piedi, dicendo: Se tu, o Signore, fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!

Gesù, come Dio, non poteva commuoversi, perchè niente era capace di turbarlo; però come uomo, avendo cioè un corpo ed un’anima come l’abbiamo noi, era suscettibile a commozione. E difatti, a vedere Maria che piangeva ed i Giudei, venuti con lei, pure piangenti, fremette Egli nel suo spirito e si turbò. Allora disse: Dove avete seppellito il morto? Signore, gli risposero, vieni e vedrai!

Gesù era profondamente commosso e cominciò a piangere. I presenti a questa scena si meravigliarono e dissero: Si vede che amava assai Lazzaro! Alcuni soggiunsero: Ma se ha fatto tanti miracoli, non poteva impedire che il suo amico morisse?

Si giunse al sepolcro, il quale consisteva in una grotta con una pietra all’ingresso.

La commozione di Gesù aumentò; Egli . allora disse: Allontanate la pietra dall’ingresso del sepolcro! Signore, esclamò Marta, il cadavere è in putrefazione e puzza! E’ seppellito da quattro giorni! Ma non ti ho detto, replicò Gesù, che se tu crederai, vedrai la gloria di Dio?

La pietra fu rimossa; ed ecco apparire Lazzaro, disteso sopra un rialzo, avvolto in un lenzuolo, mani e piedi legati fetore del cadavere era segno evidente che la morte aveva cominciato l’opera sua distruggitrice.

Gesù, rivolti gli occhi in alto, disse: O Eterno Padre, ti ringrazio che mi hai esaudito! Io lo sapevo che tu sempre mi ascolti; ma ho detto questo per il popolo che mi circonda, affinché creda che mi hai mandato nel mondo!

Detto questo, con gran voce Gesù gridò: Lazzaro, vieni fuori/ Sull’istante il corpo in putrefazione si rianimò. II Signore dopo disse: Ora scioglietelo e fate che esca dal sepolcro!

Nel vedere Lazzaro vivo, fu per tutti immensa meraviglia! Quale consolazione per le due sorelle il ritornare a casa col fratello! Quanta riconoscenza verso il Redentore, Autore della vita!

Lazzaro visse ancora molti anni. Dopo l’Ascensione di Gesù Cristo, venne in Europa e fu vescovo di Marsiglia.

LA PROVA MAGGIORE
Oltre a risuscitare gli altri, Gesù volle risuscitare anche lui stesso e fece questo per provare in modo chiarissimo la, sua Divinità e per dare all’umanità una idea del corpo risuscitato.

Contempliamo la morte e la risurrezione di Gesù Cristo nei suoi particolari.. Il numero sterminato di miracoli compiuti dal Redentore avrebbe dovuto convincere tutti della sua Divinità. Ma alcuni non volevano credere e volontariamente chiudevano gli occhi alla luce; tra costoro erano i Farisei superbi, i quali erano invidiosi della gloria del Cristo.

Un giorno essi si presentarono a Gesù e gli dissero: Ma dacci un segno che tu vieni dal Cielo! Egli rispose che segni ne aveva dato tanti e che tuttavia ne avrebbe dato uno speciale: Come il Profeta Giona stette tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così Il Figlio dell’uomo starà tre giorni e tre notti nelle viscere della terra e poi risorgerà!… Distruggete questo tempio, parlava del suo corpo, e dopo tre giorni lo riedificherò!

Già si era sparsa la notizia che Egli sarebbe morto e poi risuscitato. I suoi nemicî se ne ridevano. Gesù dispose le cose in modo che la sua morte fosse pubblica ed accertata e che fosse provata dai nemici stessi la sua gloriosa risurrezione.

LA MORTE DI GESU’
Chi avrebbe potuto far morire Gesù Cristo, come uomo, se Egli non avesse voluto? Lo aveva detto in pubblico: Nessuno può togliermi la vita se io non lo voglio; ed io ho il potere di dare la mia vita e di riprenderla. Tuttavia volle morire per fare avverare quanto i Profeti avevano predetto di Lui. E quando San Pietro volle difendere con la spada il Maestro nell’Orto del Getsemani, Gesù disse: Metti nel fodero la spada! Tu credi che io non possa avere a disposizione più di dodici eserciti di Angeli? Questo disse per significare che spontaneamente andava a morire.

La morte di Gesù Cristo fu quanto mai atroce. Il suo corpo fu dissanguato a motivo del sudore di sangue nell’orto, della flagellazione, della coronazione di spine e della crocifissione con i chiodi. Mentre era in agonia, i suoi nemici non cessavano d’insultarlo e fra le altre cose gli dicevano: Hai salvato gli altri; ora salva te stesso!… Tu hai detto che puoi distruggere il tempio di Dio e in tre giorni la riedifichi!… Scendi dalla croce, se sei il Figlio di Dio!

Avrebbe potuto il Cristo scendere dalla croce, ma Egli aveva stabilito di morire per risorgere poi gloriosamente. Però anche stando in croce, Gesù mostrò la sua Divinità con l’eroica fortezza con cui tutto soffrì, con il perdono che invocò, dall’Eterno Padre ai suoi crocifissori, con il far commuovere tutta la terra per mezzo di un terremoto nell’atto in cui mandò l’ultimo respiro. Contemporaneamente il grande velo del tempio di Gerusalemme si squarciò in due parti e molti corpi di persone sante uscirono risuscitati dai sepolcri e comparvero a molti.

Vedendo quello che accadeva, coloro che custodivano Gesù cominciarono a tremare e dissero; Veramente costui era il Figlio di Dio!

Gesù era morto. Vollero però accertarsi meglio prima di lasciar deporre dalla croce il suo corpo: A tale fine uno dei soldati con la lancia gli aprì il costato, trapassandogli il cuore e dalla ferita uscì un po’ di sangue e acqua.

GESU’ RISORGE
La morte di Gesù Cristo non ammette dubbio. Ma è proprio vero che Egli sia risuscitato? Che non sia stato un trucco dei suoi discepoli l’aver messo fuori questa diceria?

I nemici del Divin Nazareno, quando videro la vittima spirare in croce, si calmarono. Ricordarono le parole che in pubblico Gesù aveva detto, accennando alla propria risurrezione; ma credevano impossibile che egli stesso potesse ridarsi vita. Tuttavia, temendo qualche tranello da parte dei suoi discepoli, si presentarono al Procuratore Romano, Ponzio Pilato, ed ottennero dei soldati da mettere a custodia del sepolcro del Nazareno.

Il corpo di Gesù deposto dalla croce fu imbalsamato, secondo il costume giudaico, e avvolto in un bianco lenzuolo; fu ben seppellito in un sepolcro nuovo, scavato nella viva pietra, poco distante dal luogo della crocifissione.

I soldati da circa tre giorni guardavano il sepolcro, il quale era stato suggellato e non era lasciato incustodito neppure un istante.

Giunto il momento volato da Dio, all’alba del terzo giorno, ecco avvenire la risurrezione predetta! Un forte terremoto fa balzare la terra, la grossa pietra suggellata davanti al sepolcro si abbatte, una luce vivissima appare… ed il Cristo, Trionfatore della morte, fa la sua prima comparsa, mentre fasci di luce si sprigionano da quelle membra divine!

I soldati restano tramortiti per lo spavento e poi, riprese le forze, scappano a raccontare tutto.

LE APPARIZIONI
Maria Maddalena, la sorella di Lazzaro risorto, la quale aveva seguito Gesù Cristo sino al monte Calvario e lo aveva visto morire, non trovava conforto alcuno stando lungi dal Divin Maestro. Non potendolo avere vivo, si contentava di stare, piangendo, vicino al sepolcro.

Ignara della risurrezione avvenuta, quella stessa mattina con alcune donne si era recata di buon’ora al sepolcro; trovò rimossa la pietra d’ingresso e non vide dentro il corpo di Gesù. Le pie donne erano rimaste lì a guardare in grande costernazione, quando apparvero due Angeli sotto forma umana in bianca veste e sfolgoranti di luce. Prese dallo spavento, abbassarono gli occhi non sopportando quello splendore. Ma gli Angeli le rassicurarono: Non temete!… Ma perchè venite a cercare tra i morti Colui che è vivo? Egli non è più qui; è risuscitato!

Dopo questo, Maria Maddalena e le altre andarono ad avvisare di tutto gli Apostoli e gli altri discepoli; ma non furono credute. L’Apostolo Pietro volle andare personalmente al sepolcro e trovò secondo che le donne gli avevano detto.

Intanto Gesù appariva a questa e a quella persona sotto diverse sembianze. Apparve a Maria Maddalena sotto forma di giardiniere e chiamatala per nome, si fece conoscere. Apparve sotto sembianze di pellegrino a due discepoli che andavano al Castello di Emmaus; mentre erano a tavola, si manifestò e scomparve.

Gli Apostoli erano raccolti in una stanza. Gesù, entrato a porte chiuse, si fece vedere dicendo: La pace sia con voi! Non abbiate paura; sono io! Atterriti di ciò, essi credevano di vedere un fantasma; ma Gesù li rassicurò: Perché vi turbate? Che cosa pensate mai?… Sono io, il vostro Maestro! Guardate le mie mani ed miei piedi! Toccatemeli! Il fantasma non ha la carne e le ossa, come vedete che ho io! E siccome erano titubanti e pieni di orgasmo per la gioia, Gesù continuò: Avete qui qualcosa da mangiare? Gli presentarono del pesce e un favo di miele. Il Divin Redentore, con bontà infinita, prese di quel cibo e lo mangiò; con le sue stesse mani ne diede anche agli Apostoli. Dopo disse loro: Di quanto ora vedete, ve ne avevo già parlato. Era necessario che il Figlio dell’uomo patisse e che il terzo giorno risorgesse dai morti.

In questa apparizione non si trovava l’Apostolo Tommaso; quando gli fu riferito tutto, egli non volle credere. Però Gesù apparve di nuovo, presente Tommaso; e gli rimproverò la sua incredulità, dicendo: Tu hai creduto perché hai visto! Ma beati coloro ché senza aver visto hanno creduto!

Queste apparizioni si protrassero per quaranta giorni. In questo periodo Gesù stava tra i suoi Apostoli e gli altri discepoli come durante la sua vita terrena, confortandoli, impartendo istruzioni, affidando loro la missione di perpetuare l’opera sua redentrice nel mondo. In fine sul Monte Oliveto, mentre tutti gli facevano corona, Gesù si sollevò da terra e benedicendo scomparve per sempre, avvolto da una nube.

Abbiamo visto pertanto che ci sarà il Giudizio Universale e che i morti risorgeranno.

Cerchiamo ora di farci un concetto del come avverrà la fine del mondo.

LA DISTRUZIONE DI GERUSALEMME
Un giorno verso il tramonto usciva Gesù dal tempio di Gerusalemme in compagnia dei discepoli.

Il magnifico tempio aveva il tetto formato di lamine d’oro e tutto rivestito di candidissimo marmo; in quel momento colpito dai raggi del sole morente, presentava un quadro degno di ammirazione. I discepoli, fermatisi a contemplare, dissero al Signore: Guarda, o Maestro, che magnificenza di fabbriche! Gesù diede uno sguardo e poi soggiunse: Vedete tutte queste cose? In verità vi dico che non resterà pietra su pietra senza che sia distrutta!

Giunti sul monte, ove solevano ritirarsi la sera, alcuni discepoli si accostarono a Gesù, che già si era messo a sedere, e gli chiesero quasi segretamente: Ci hai detto che il tempio sarà distrutto. Ma di’ a noi, quando succederà questo?

Gesù rispose: Quando vedrete l’abominazione della desolazione, predetta dal Profeta Daniele, posta nel luogo santo, allora coloro che si trovano nella Giudea; fuggano ai monti; e chi si trova nel solaio, non discenda per prendere qualche cosa di casa sua e ehi sta nel campo, non ritorni a pigliare la sua veste. Ma guai alle donne che avranno bambini al petto in quei giorni! Pregate che non abbiate a fuggire d’inverno o in giorno di sabato, poichè allora sarà grande la tribolazione!

La predizione di Gesù Cristo si avverò sessantotto anni dopo. Vennero allora i Romani per ordine di Tito e cinsero d’assedio Gerusalemme. Furono rotti gli acquedotti; non potè entrare cibo in città. Ci fu la disperazione! Lo storico Giuseppe Flavio narra che per la fame alcune madri arrivarono a mangiare i propri figli. Dopo non molto, i Romani poterono entrare nella città e fecero strage orribile. Gerusalemme era allora rigurgitante di popolo, poichè un numero stragrande di pellegrini vi era pervenuto in occasione della Pasqua.

La storia dice che durante l’assedio, di Ebrei ne furono uccisi circa un milione e cento mila: chi fu messo in croce, chi fu passato di spada e chi fu fatto a pezzi; novantasette mila inoltre vennero condotti a Roma, schiavi.

Il grandioso tempio in preda alle fiamme, fu distrutto completamente.

Le parole di Gesù Cristo si avverarono. E qui non è fuor di posto una nota. L’imperatore Giuliano, che rinnegò la Religione Cristiana e venne chiamato l’Apostata, volendo dare una smentita alle parole del Divin Nazareno riguardo al tempio, ordinò ai suoi soldati di riedificare il tempio di Gerusalemme sul luogo ove sorgeva e possibilmente con del materiale primitivo. Mentre si scavavano le fondamenta, uscirono ammassi di fuoco dal seno della terra e molti perdettero la vita. L’infelice imperatore dovette desistere dalla sua empia idea.

LA FINE DEL MONDO
Ritorniamo a Gesù che sul monte parlava ai discepoli. Egli si servi della predizione della distruzione di Gerusalemme per dare una idea della distruzione di tutto il mondo, in occasione del Giudiio Universale. Ascoltiamo ora con somma riverenza quanto Gesù ha predetto per la fine del mondo. E’ Iddio che parla!

IL PRINCIPIO DI DOLORI
Sentirete parlare di guerre e di rumori di guerre. Badate di non turbarvi, poichè é impossibile che queste cose non succedano; però non è ancora la fine. Infatti si solleverà popolo contro popolo e regno contro, regno e vi saranno pestilenze, carestie e terremoti in questa e in quella parte. Ma tutte queste cose sono il principio dei dolori.

Le guerre mai sono mancate nel corso dei tempi; quella però di cui parla Gesù, dovrà essere pressocché universale. La guerra porta seco malattie, causate dallo spavento e dalla putrefazione dei cadaveri. Attendendo alle armi, non si coltivano i campi e si va incontro alla fame, aumentata dalla difficoltà delle comunicazioni. Gesù parla di carestie e fa comprendere che la mancanza di pioggia farà aumentare la fame. I terremoti, che mai sono mancati, saranno allora più frequenti e in diversi luoghi.

Questa situazione angosciosa non sarà altro che il preludio di quanto di terribile starà per accadere nel mondo.

LE PERSECUZIONI
Allora vi getteranno nella tribolazione e vi faranno morire; e sarete odiati da tutte le nazioni per causa del nome mio. Molti patiranno scandalo e rinnegheranno la fede; l’uno tradirà l’altro e si odieranno a vicenda!

L’ANTICRISTO
Se qualcuno allora vi dirà: Ecco qui, o ecco là, il Cristo! non date retta. Sorgeranno infatti falsi Cristi e falsi profeti e faranno grandi miracoli e prodigi, da ingannare anche gli eletti, se’ fosse possibile. Ecco io ve l’ho predetto.

Oltre ai dolori già descritti, piomberanno sull’umanità altre miserie morali, che renderanno sempre più angosciosa la situazione. Satana, che sempre ha ostacolato l’opera di bene nel mondo, in quell’ultimo tempo metterà in atto tutte le sue arti maligne. Si servirà di uomini malvagi, i quali diffonderanno false dottrine riguardo alla Religione e alla morale, dicendo di essere mandati da Dio ad insegnare ciò.

Sorgerà allora l’anticristo, il quale farà di tutto per mostrarsi come un Dio. San Paolo, scrivendo ai Tessalonicesi, lo chiama uomo di peccato e figlio della perdizione. L’anticristo combatterà tutto ciò che riguarda il vero Dio e farà di tutto per entrare nel tempio del Signore e proclamarsi Dio. Lucifero lo appoggerà talmente da fargli operare miracoli falsi. Ci saranno di coloro che si lasceranno trascinare sulla strada dell’errore.

Contro l’anticristo si leverà Elia.

ELIA
In questo tratto di Vangelo non parla Gesù di Elia; però in altra circostanza ne parla chiaramente: Prima verrà Elia a riordinare ogni cosa.

Era costui uno dei più grandi Profeti, vissuto nei secoli prima di Gesù Cristo. La Sacra Scrittura dice che egli fu preservato dalla morte comune e scomparve dal mondo in modo misterioso. Trovavasi in compagnia di Eliseo presso il Giordano, quando apparve un carro di fuoco. Elia in un attimo si trovò sul carro e salì al Cielo in mezzo al turbine.

Adunque prima della fine del mondo verrà Elia e, dovendo egli riordinare ogni cosa, svolgerà la sua missione con le opere e con la parola specialmente contro l’anticristo. Come San Giovanni Battista preparò la strada al Messia per la sua prima venuta nel mondo, così Elia preparerà tutto per la seconda venuta del Cristo sulla terra in occasione del Giudizio Universale.

La comparsa di Elia sarà uno stimolo per gli eletti a perseverare nel bene in mezzo alle prove.

LO SFACELO
In terra ci sarà la costernazione dei popoli per lo sbigottimento prodotto dal mare. Si consumeranno gli uomini per la paura e per l’aspettazione di quanto sarà per accadere in tutto l’universo, poiché le potenze del cielo saranno sconvolte: il sole si oscurerà, la luna non darà più luce e cadranno dal cielo le stelle.

Tutto l’universo si sconvolgerà prima del giudizio. Il mare sta adesso dentro i confini tracciati da Dio; in quel tempo invece le onde si riverseranno sulla terra. Il terrore sarà grande sia per il rumoreggiare furioso del mare sia per le inondazioni. Gli uomini fuggiranno a ripararsi sui monti. Ma essi, dal presente presagendo il futuro molto più terribile, saranno in grande affanno. La tribolazione sarà grande, quale mai fu dal principio del mondo. La disperazione s’impossesserà degli uomini; e se Iddio, in grazia degli eletti non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe.

Immediatamente dopo ciò, il sole perderà la sua energia e si oscurerà; per conseguenza anche la luna, che manda alla terra la luce riflessa del sole, resterà al buio. Gli astri del firmamento oggi seguono la legge del Creatore e danzano con ordine meraviglioso attraverso gli spazi. Prima del Giudizio il Signore toglierà alle stelle la legge di attrazione e

di repulsione, da cui sono governate, ed andranno a cozzare le une contro le altre producendo il caos.

Ci sarà anche il fuoco distruggitore. La Sacra Scrittura infatti dice: Precederà innanzi a Dio il fuoco… La terra e le cose che sono in essa saranno bruciate. Quanta desolazione!

UNA RIFLESSIONE
In conseguenza di tutto ciò la terra sarà simile al deserto e silenziosa come uno sterminato cimitero.

E’ ben giusto che la terra, testimone di tutte le iniquità umane, venga purificata prima che il Divin Giudice faccia la sua gloriosa comparsa.

E qui faccio una riflessione. Gli uomini si affaticano per guadagnare un palmo di terreno. Si fabbricano. palazzi, si costruiscono ville, s’innalzano monumenti. Dove andranno a finire queste cose?… Serviranno ad alimentare il fuoco finale!… I re si fanno guerra e spargono il sangue per ingrandire i loro stati. In quel giorno di distruzione tutti i confini scompariranno.

Oh, se gli uomini meditassero queste cose, quanto male potrebbero evitare!

Si sarebbe meno attaccati alle cose di questo mondo, si agirebbe con più giustizia, non si verserebbe tanto sangue!

L’ANGELICA TROMBA
Il Figlio dell’uomo manderà i suoi Angeli con tromba e voce molto sonora, i quali raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un’estremità all’altra dei cieli.

Gli Angeli, servitori fedeli di Dio, daranno di piglio ad una tromba misteriosa e faranno sentire la loro voce in tutto il mondo. Sarà questo il segno della risurrezione universale.

Pare che tra questi Angeli debba esserti anche San Vincenzo Ferreri. Era questi un Sacerdote Domenicano, il quale predicava frequentemente sul Giudizio Universale. La sua predicazione aveva luogo, come si usava ai suoi tempi, anche lungo le piazze. Si narra nella sua vita che, trovandosi egli un giorno a predicare all’aperto sul Giudizio davanti ad una grande moltitudine, passava un corteo funebre. Il Santo fece fermare i portatori della bara e disse al defunto: In nome di Dio, o fratello, alzati e dici a questo popolo se è vero quanto io ho predicato sul Giudizio Universale! Per divina virtù il morto si rianimò, si alzò sulla bara e disse: Quanto egli insegna è vero! Anzi Vincenzo Ferreri sarà uno di quegli Angeli che, alla fine del mondo, suoneranno la tromba per far risorgere i morti! Detto questo, si ricompose sulla bara. In conseguenza di ciò, S. Vincenzo Ferreri viene rappresentato nei quadri con le ali alle spalle e con una tromba in mano.

Dunque, appena gli Angeli suoneranno ai quattro venti, ci sarà un muoversi dappertutto, poiché le anime usciranno dal Paradiso, dall’inferno e dal Purgatorio, ed andranno a riunirsi al proprio corpo.

Diamo ora, o lettore, uno sguardo a queste anime ed uno sguardo ai corpi, facendo qualche. pia riflessione.

I BEATI
Saranno passati cinquanta, cento, mille anni… dacché le anime si trovano in Paradiso, in quell’oceano di felicità. Un secolo, per loro è meno di un minuto, poiché il tempo nell’altra vita non si computa.

Iddio si manifesta alle anime beate, inondandole di gioia perfetta; e pur essendo le anime tutte felici, ciascuna però gode in rapporto al bene operato nella vita. Sono sempre sazie e sempre avide di felicità. Iddio è così infinitamente grande, buono e perfetto, che le anime vi trovano sempre nuove meraviglie da contemplare. L’intelligenza, fatta per la verità, s’inabissa in Dio, Verità per essenza, e gode senza misura penetrando le divine perfezioni. La volontà, fatta per il bene, si unisce intimamente a Dio, Sommo bene, e lo ama senza limite; in questo amore trova perfetta sazietà.

Oltre a ciò, le anime godono la compagnia della Corte Celeste. Sono eserciti sterminati di Angeli distribuiti in nove cori, che risplendono di luce arcana, emanata da Dio, che fanno echeggiare il Paradiso di melodie ineffabili, cantando lodi al Creatore. Maria Santissima, la Regina del Paradiso, splendendo in superiorità su tutti i Beati come il sole sugli astri, incanta con la sua eccelsa bellezza! Gesù, l’Agnello Immacolato, immagine perfetta dell’Eterno Padre, rischiara il Paradiso, mentre le anime che lo hanno servito in terra, lo vanno lodando e benedicendo!

Sono schiere d’innumerevoli vergini che seguono il Divino Agnello ovunque vada. E sono martiri e confessori e penitenti, che in vita hanno amato Iddio, i quali tutti si uniscono ad osannare alla Santissima Trinità, dicendo: Santo, Santo, Santo è il Signore, Dio degli Eserciti. A Lui sia gloria per tutta l’eternità!

Ho dato una pallidissima idea di ciò che godono i beati in Paradiso. Sono cose che non si possono descrivere. San Paolo fu ammesso a vedere il Paradiso menare era in vita e interrogato a dire ciò che aveva visto, rispose: Occhio umano mai vide, orecchio umano mai udì, cuore umano non può comprendere ciò che Iddio ha preparato a coloro che lo armano! Insomma, tutte le gioie di questo mondo, prodotte dalla bellezza, dall’amore, dalla scienza e dalla ricchezza, messe assieme, son ben piccola cosa in confronto a quello che gode ogni istante un’anima in Paradiso! Ed è così, perchè le gioie ed i piaceri del mondo sono di ordine naturale, mentre quelli del Cielo sono di ordine soprannaturale, il che richiede una superiorità pressocché infinita.

Dunque, mentre le anime in Paradiso saranno immerse nella felicità più perfetta, ecco sentirsi il suono misterioso della tromba che chiamerà al Giudizio. Tutte le anime allora usciranno festanti dal Paradiso ed andranno ad informare il proprio corpo, il quale per virtù divina si ricomporrà in un batter d’occhio. Il corpo acquisterà nuove perfezioni e sarà simile al Corpo risorto di Gesù Cristo. Come sarà ineffabile quell’incontro! Vieni, dirà l’anima beata, vieni, corpo, a riunirti a me!… Queste mani mi servirono per lavorare a gloria di Dio ed a bene del prossimo; questa lingua mi aiutò a pregare, a dare buoni consigli; queste membra furono ubbidienti a me in conformità alla retta ragione!… Fra poco, dopo il Giudizio, andremo assieme in Paradiso! Sapessi quanto è grande la ricompensa di quel poco di bene fatto sulla terra! Ti ringrazio, o corpo mio!

Da parte sua, il corpo dirà: ed io ti sono grato, o anima, perchè in vita mi governasti bene!… Tu tenevi a freno i miei sensi, affinché non operassero male! Tu mi mortificavi con la penitenza e così ho potuto custodire la purezza! Tu mi negavi i piaceri illeciti.. ed ora vedo che i godimenti che mi sono preparati sono di gran lunga superiori… e li avrò eternamente!.. O felice penitenza! Felici ore passate nel lavoro, nell’esercizio della carità e nella preghiera!

LE ANIME DEL PURGATORIO
Nel Purgatorio, o luogo di espiazione, saranno a penare le anime in attesa del Paradiso. Suonata che sarà la tromba del Giudizio, cesserà per sempre il Purgatorio. Usciranno allora festanti le anime, non solo perchè sarà finito il patire temporaneo, ma molto più perchè subito le attenderà il Paradiso. Completamente purificate, belle della bellezza di Dio, anch’esse si uniranno al corpo per assistere al Giudizio Universale.

I DANNATI
Saranno trascorse decine di anni e di secoli dacché le anime sono piombate nell’inferno. Per esse il dolore e la disperazione sono immutabili. Caduta in quell’abisso infernale, l’anima è costretta a stare in mezzo al fuoco inestinguibile, il quale brucia e non consuma. Oltre al fuoco l’anima soffre altre orribili pene, poichè l’inferno è chiamato da Gesù Cristo: Il luogo dei tormenti. Sono le urla disperate dei dannati, sono le scene terrificanti, che senza alcuna tregua o diminuzione rendono l’anima straziata! Più che tutto è la maledizione che sente risuonarsi continuamente: Anima perduta, sei stata creata per godere Iddio ed invece devi odiarlo e soffrire eternamente!… Quanto tempo durerà questo tormento? dice l’anima disperata. Sempre! rispondono i demoni. In preda allo strazio la misera rientra in se stessa e sente il rimorso di essersi dannata volontariamente. Sono qui per colpa mia… per i peccati che io ho fatto!… E dire che avrei potuto essere felice per sempre!

Mentre i dannati nell’inferno così soffrono, ecco echeggiare il suono delle trombe angeliche: E’ l’ora del Giudizio Universale! …Tutti davanti al Giudice Supremo!

Le anime subito dovranno uscire dall’inferno; però le loro pene non avranno sosta, anzi il tormento sarà maggiore, pensando a ciò che le attenderà.

Ecco l’incontro dell’anima dannata col corpo, il quale sbucherà dal sepolcro in forma orribile, mandando un fetore inaudito. Corpo miserabile, dirà l’anima, carne putrida, osi ancora stare con me?… Per colpa tua mi sono dannata!… Tu in vita mi trascinavi nel fango dei vizi!… Sono parecchi secoli che tra le flamme ed i rimorsi incessanti sconto quei piaceri che tu, o corpo ribelle, mi chiedesti!

Ed ora dovrò riunirmi a te?… Ma, sia pure! Così, o corpo dissoluto, verrai anche tu a spasimare nel fuoco eterno!… Così pagheranno il male fatto e le impurità commesse queste due mani invereconde, questa lingua scandalosa e questi occhi impuri!… Sciagurato compagno… pochi istanti di godimento sulla terra… un’eternità di pene e di disperazione!

Il corpo sentirà orrore di unirsi all’anima, la quale sarà orribile come il demonio… ma la forza maggiore li riunirà.

DELUCIDAZIONI
E’ bene chiarire qualche difficoltà riguardo alla risurrezione dei corpi. Come si è detto avanti, è verità di fede rivelata da Dio che i morti risorgeranno. Il tutta avverrà in modo miracoloso. La nostra intelligenza si domanda: Abbiamo in natura qualche esempio o paragone di questa rinnovazione dei corpi? E sì! Però i paragoni calzano sino ad un certo punto, specialmente nel campo soprannaturale. Consideriamo perciò il chicco di frumento messo sotto terra. Esso poco per volta marcisce, sembra che tutto sia andato a male… quando un bel giorno il germoglio rompe la zolla del terreno e si presenta pieno di energia alla luce del sole. Consideriamo l’uovo della gallina, che comunemente è preso come simbolo della Pasqua o della risurrezione di Gesù Cristo. L’uovo non ha la vita di per sé, ma la possiede in germe. Un giorno o l’altro il guscio dell’uovo si rompe ed ecco uscirne un bel pulcino, pieno di vita. Così sarà al giorno del Giudizio. I silenziosi cimiteri; albergo dei cadaveri, al suono della tromba angelica si popoleranno di esseri viventi, poiché i corpi si ricomporranno ed usciranno dal sepolcro pieni di vita.

Si dirà: Stando il corpo umano sotto terra decine e decine di anni e di secoli, si ridurrà in minutissima polvere e si confonderà con gli elementi del terreno. Come potrà alla fine del mondo ricomporsi l’intero corpo?… E quei corpi umani lasciati insepolti perché in balìa delle onde del mare, andati poi in pasto ai pesci, i quali pesci a loro volta saranno stati mangiati da altri… questi corpi umani potranno ricomporsi?… Certamente! In natura, dicono gli scienziati, niente si distrugge; i corpi possono cambiare soltanto forma… Perciò gli elementi costitutivi del corpo umano, pure essendo soggetti a molte variazioni, non perderanno niente nella risurrezione universale. Se poi qualche deficienza dovesse esserci, l’onnipotenza divina supplirà coprendo ogni lacuna.

I CORPI RISORTI
I corpi degli eletti perderanno i difetti fisici avuti casualmente nella vita terrena e saranno, come dicono i teologi, in età perfetta. Perciò non saranno ciechi, zoppi, sordomuti, ecc…

Inoltre i corpi glorificati, come insegna San Paolo, acquisteranno nuove qualità. Essi saranno impassibili, cioè non potranno soffrire più e resteranno immortali. Saranno risplendenti, perchè la luce della gloria eterna, di cui saranno rivestite le anime beate, ridonderà anche nei corpi; questo splendore dei vari corpi sarà maggiore o minore in rapporto, al grado di gloria conseguito da ciascun’anima. I corpi glorificati saranno anche agili, cioè in un attimo potranno andare da un luogo all’altro, sparire e ricomparire. Inoltre saranno spiritualizzati, come dice S. Tommaso, e perciò non saranno soggetti alle funzioni proprie dei corpo umano. In virtù di questa spiritualità i corpi glorificati faranno a meno della nutrizione e della generazione e potranno attraversare qualunque corpo senza alcun ostacolo, come vediamo, ad esempio, nei raggi “X” che attraversano i corpi. Cosa Gesù Risorto potè entrare a porte chiuse nel Cenacolo, ove stavano gli Apostoli timorosi.

I corpi dei dannati invece non godranno nessuna di queste doti, anzi saranno deformati in rapporto alla malvagità dell’anima cui appartenevano.

LA VALLE DEL GIUDIZIO
Ove sarà il carname, ivi si raduneranno le aquile. Dato il segno della risurrezione, sorgeranno le creature da ogni angolo della terra, dai Cimiteri, dai mari, dalle montagne e dalle pianure; tutte andranno In un medesimo luogo. E dove? Nella valle del Giudizio. Nessuna creatura resterà indietro o si smarrirà, poichè tutte saranno attratte misteriosamente a paragone del carname. Egli dice: Come gli uccelli di rapina sono attratti dall’odore della carne in putrefazione ed ivi si radunano, così nel giorno del Giudizio faranno gli uomini !

LE DUE SCHIERE
Prima ancora che Gesù Cristo appaia in Cielo, scenderanno i suoi Angeli e separeranno i buoni dai cattivi, facendone due grandissime schiere. E qui è bene ricordare le parole del Redentore gìà, citate: Come i pastori separano gli agnelli dai capretti, i contadini nell’aia il grano dalla paglia, i pescatori i pesci buoni dai cattivi, così faranno gli Angeli di Dio alla fine del mondo.

La separazione sarà netta ed inesorabile: gli eletti a destra, i dannati a sinistra. Come dovrà essere straziante quella separazione! Un amico a destra, l’altro a sinistra! Due fratelli tra i buoni, uno tra i cattivi! La sposa tra gli Angeli, lo sposo tra i dèmoni! La madre nella schiera luminosa, il figlio in quella tenebrosa dei malvagi… Chi potrà mai dire l’impressione dei buoni e dei cattivi a guardarsi vicendevolmente?!

TUTTO SARA’ MANIFESTATO
La schiera dei buoni sarà risplendente, poiché coloro che la comporranno saranno luminosi. Il sole nel meriggio ne è debole immagine. Tra i buoni si vedranno uomini e donne di ogni razza, età e condizione. I peccati da loro commessi in vita non appariranno perchè già perdonati. Lo dice il Signore: Beati coloro, i cui peccati sono stati coperti!

La schiera dei dannati al contrario sarà orribile a guardarsi! Vi si troverà ogni categoria di peccatori, senza distinzione di classe o dignità, in mezzo ai demoni che tormenteranno.

I peccati dei reprobi appariranno tutti, nella loro malizia. Niente, dice Gesù, vi è di nascosto che non venga manifestato!

Quale umiliazione non ne proverrà ai cattivi a vedersi svergognati pubblicamente!

I buoni, puntando lo sguardo sui dannati, diranno: Ecco là quella persona amica! Sembrava tanto buona, e devota, frequentava con me la Chiesa… la stimavo un’anima santa!… Guarda invece che peccatacci commetteva!… Chi l’avrebbe mai detto?… Ha ingannato le creature con la sua ipocrisia, ma non ha potuto ingannare Iddio!

Ecco là mia madre!… La stimavo una donna esemplare… eppure era tutt’altro! Quante miserie!…

Quanti conoscenti scorgo tra i dannati!… Mi furono amici nella giovinezza, perduti per peccati taciuti in Confessione! Compagni di lavoro, vicini di casa! Si sono dannati!… Quante, impurità commesse!… Infelici!… Non avete voluto manifestare in Confessione al Mnistro di Dio nel massimo segreto i vostri peccati ed ora avete la vergogna di farli conoscere a tutto il mondo… e per di più vi siete dannati!…

Ecco là due figli miei… e lo sposo!… Oh! Quante volte li scongiurai a rimettersi sulla buona strada!… Non hanno voluto ascoltarmi e si sono dannata!

D’altra parte i malvagi, contemplando con rabbia infernale i fortunati della schiera di destra, esclameranno: Oh! insensati che siamo stati! …

…Credevamo stoltezza la vita di costoro e senza onore la loro fine ed eccoli ora annoverati tra i figli di Dio!

Guarda là, dirà un dannato, come è felice quel povero cui negavo la carità! Come sono splendenti, dirà un altro, quei tali miei conoscenti!.. Li schernivo quando andavano in Chiesa… li deridevo quando non pigliavano parte a discorsi scandalosi… li chiamavo sciocchi perchè non si davano come me agli spassi mondani… ed ora… essi salvi… ed io no… Ah, se potessi nascere di nuovo!… Ma non mi resta ora che la disperazione! Ecco là, esclama un terzo, un complice dei miei falli!… Abbiamo peccato assieme!… Lui ora in Paradiso ed io all’inferno!… Fortunato lui che si è pentito ed ha cambiato condotta!… Io invece, sentivo il rimorso e continuavo a peccare.

… Ah!.. Avessi seguito l’esempio dei buoni… avessi ascoltato i consigli del confessore… avessi lasciato quell’occasione!… Ormai per me tutto è finito; mi resta l’eterno rimorso!

CALDA RACCOMANDAZIONE
Mamme, che avete figli traviati e che tuttavia amate; giovani ferventi, che venerate i genitori, i quali tuttavia non osservano la legge di Dio; o voi tutti, che amate svisceratamente qualche persona, ricordate di far di tutto per convertire chi è lontano dal Signore! Diversamente, sarete assieme alla persona amata in questa breve vita e dovrete poi separarvene eternamente nell’altra!

Lavorate dunque con zelo attorno ai vostri cari, spiritualmente bisognosi! Per la loro conversione pregate, fate l’elemosina, fate celebrare Sante Messe, abbracciate penitenze e non datevi pace finchè non riuscirete nell’intento, almeno procurando loro una buona morte!

VUOI SALVARTI?
Come vorrei in questo momento penetrare nel tuo cuore, o lettore, e toccare le corde intime dell’animo tuo!… Ricorda che chi prima non pensa, in ultimo sospira!

Io che scrivo e tu che leggi, avremo da trovarci in quel giorno tremendo in quelle, schiere. Saremo tutti e due tra i beati?… Saremo tra i demoni?… Sarai forse tu tra i buoni ed io annoverato fra i malvagi?

Come è preoccupante questo pensiero!… Per assicurarmi un posto tra gli eletti, ho abbandonato tutto in questo mondo, anche le persone più care e la libertà; volontariamente vivo nel silenzio di un convento. Tutto questo però è poco; potessi fare di più, lo farei, purchè possa assicurarmi l’eterna salvezza!

E tu, o anima cristiana, che cosa fai per ottenere un posto nella schiera degli eletti?… Vuoi salvarti senza sudore?… Vuoi goderti la vita e poi pretendere di salvarti?… Ricordati che si raccoglie ciò che si è seminato; e chi semina vento, raccoglie tempesta!

IL PENSIERO DEL GIUDIZIO
Un letterato illustre, filosofo e grande conoscitore di lingue, viveva a Roma liberamente e non si risparmiava piaceri: La sua vita non piaceva a Dio. Il rimorso spesso gli toccava il cuore, finché egli si arrese alla voce del Signore. Il pensiero del Giudizio Universale lo atterriva grandemente e non tralasciava di meditare spesso quel gran giorno. Per assicurarsi un posto tra, gli eletti, egli lasciò Roma e gli spassi della vita e andò a ritirarsi nella solitudine. Ivi si diede a fare penitenza dei suoi peccati e nell’ardore del pentimento batteva il petto con un sasso. Con tutto questo gli restava una gran paura del Giudizio e perciò esclamava: Ahimè! Tutti i momenti mi sembra di avere negli orecchi il suon di quella tromba che si farà sentire nel giorno del Giudizio: « Sorgete, o morti, venite al Giudizio ». E là, quale sorte mi toccherà?… Sarò io con gli eletti oppure coi dannati?… Avrò la sentenza di benedizione ovvero di maledizione?

Il pensiero del Giudizio, profondamente meditato, gli diede la forza di perseverare nel deserto, di troncare le cattive abitudini e di arrivare alla perfezione. Costui è San Girolamo, divenuto per i suoi scritti uno dei più grandi Dottori della Chiesa Cattolica.

LA CROCE
Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo e piangeranno tutte le tribù della terra!

E’ la Croce il segno di Gesù Cristo; e questa apparirà in testimonianza a tutti i popoli. Quella Croce del Nazareno fu intrisa di Sangue Divino, di quel Sangue che avrebbe potuto cancellare con una goccia sola tutti i peccati dell’umanità!

Ebbene quella Croce alla fine del mondo farà la sua comparsa gloriosa in Cielo! Sarà luminosissima. Tutti gli sguardi degli eletti e dei dannati saranno rivolti ad essa.

Vieni, diranno i buoni, vieni, o Croce benedetta, prezzo del nostro riscatto! Ai tuoi piedi c’inginocchiammo a pregare, attingendo forza nelle prove della vita! O Croce di redenzione, nel tuo bacio morimmo, sotto il tuo segno aspettammo nel sepolcro la sospirata risurrezione!

Per l’opposto, i cattivi a mirare la Croce tremeranno, pensando esser prossima la comparsa del Cristo.

Quel Sacro Segno portante le fessure dei chiodi, ricorderà loro l’abuso fatto del Sangue sparso unicamente per la loro salvezza eterna. Guarderanno perciò la Croce non come segno di redenzione, ma di eterna riprovazione. A tale vista, come dice Gesù, i dannati di tutte le tribù del mondo piangeranno… non per pentimento, bensì per, disperazione e verseranno lacrime di sangue!

IL GRAN RE
I popoli vedranno il Figlio dell’Uomo scendere sulle nubi del cielo con potestà e maestà grande.

Subito dopo la comparsa della Croce, mentre ancora gli sguardi saranno rivolti in alto, ecco aprirsi il Cielo e comparire sulle nubi il Gran Re, Iddio fatto uomo; Gesù Cristo. Verrà nello splendore della sua gloria; circondato dalla Corte Celeste ed in compagnia degli Apostoli, per giudicare le dodici tribù d’Israele. Gesù, Splendore del Padre, si mostrerà allora, come è da pensare, con le cinque Piaghe emananti torrenti di luce celeste.

Prima che il Gran Re, così ama chiamarsi Gesù stesso in tale occasione, prima ancora che il Gran Re rivolga la parola alle creature, Egli avrà parlato loro con la sola presenza.

Ecco Gesù, diranno i buoni, Colui che servimmo in vita! Egli fu la nostra pace nel tempo… il nostro cibo nella Santa Comunione… la forza nelle tentazioni!.. Nell’osservanza della sua legge passammo i giorni della prova!… O Gesù, vi apparteniamo! Nella vostra gloria eternamente rimarremo!

O Dio delle misericordie, diranno anche i tuoni già penitenti, o Dio Gesù, anche noi vi apparteniamo, quantunque un tempo peccatori! Dentro le Vostre Sante Piaghe ci rifugiammo dopo la colpa e potemmo piangere le nostre miserie!… Ora, o Signore, siamo qui, preda del vostro amore misericordioso!… Eternamente canteremo le vostre misericordie!

Quelli della schiera sinistra non vorranno guardare il Divin Giudice, ma saranno costretti a farlo per maggior confusione. A vedere il Cristo sdegnato, diranno: O monti, cadeteci addosso! E voi, o colli, schiacciateci!

Quale non sarà la confusione dei dannati in quel momento?!? … Nel suo storico linguaggio il Giudice dirà: Sono Colui che voi, o reprobi, bestemmiavate… io… il Cristo!… Sono io Colui del quale voi, o cristiani di solo nome, vi vergognavate dinanzi agli uomini… ed ora io mi vergogno di voi dinanzi ai miei Angeli!… Sono io, il Nazareno, quello che voi oltraggiaste in vita ricevendo sacrilegamente i Sacramenti!… Sono io, il Re dei Vergini, Colui che voi, o principi della terra, perseguitaste uccidendo milioni di miei seguaci!

Ecco, o Ebrei, sono io, il Messia che voi posponeste a Barabba!… O Pilato, o Erode, o Caifa,… sono il Galileo deriso dalla plebaglia e condannato da voi ingiustamente!… O miei crocifìssori, o voi che conficcaste i chiodi in queste mani ed in questi piedi,… guardatemi adesso e riconoscetemi per vostro Giudice!…

Dice San Tommaso: Se nell’Orto di Getsemani nel dire Gesù Cristo “Sono io”, caddero a terra tramortiti tutti i soldati che erano andati a legarlo, che cosa sarà quando Egli, sedendo da Giudice supremo dirà ai dannati: Ecco, sono io quegli che voi disprezzaste!…?

IL PRECETTO DELLA CARITA’
Il Giudizio Universale riguarderà tutti i mortali e tutte le loro opere. Però Gesù Cristo in quel giorno concentrerà il suo giudizio in modo particolare sul precetto della carità.

Il Re dirà a quelli che sono alla sua destra:

Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato a voi fin dalla fondazione del mondo; perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e mi ricoveraste; ignudo e mi rivestiste; ammalato e mi visitaste; carcerato e veniste a trovarmi! Allora i giusti risponderanno: Signore, ma quando ti vedemmo affamato e ti demmo da mangiare, assetato e ti demmo da bere? Quando ti vedemmo pellegrino e ti ricevemmo, ignudo e ti rivestimmo? E quando ti vedemmo ammalato? Risponderà: In verità vi dico che ogni qualvolta faceste qualche cosa ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo faceste a me!

Dopo i1 Re dirà a coloro che saranno alla sinistra: Via da me, o maledetti; andate nel fuoco eterno, che fu preparato a Satana ed ai suoi seguaci; poichè ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere. Ero pellegrino e non mi riceveste; ignudo e non mi rivestiste; ammalato e carcerato e non mi visitaste! Anche i cattivi gli risponderanno: Signore, ma quando ti vedemmo affamato o sitibondo o pellegrino o ignudo o ammalato o carcerato e non ti demmo assistenza? Allora risponderà loro così: In verità vi dico che ogni volta che non faceste ciò ad uno di questi piccoli, non lo faceste nemmeno a me!

Queste parole di Gesù non hanno bisogno di commento.

L’ETERNA SEPARAZIONE
Ed andranno i giusti alla vita eterna, mentre i reprobi andranno all’eterno supplizio.

Chi potrà mai esprimere la gioia che proveranno i buoni, quando Gesù pronunzierà la sentenza di eterna benedizione!?… In un baleno si solleveranno tutti e voleranno al Paradiso, facendo corona a Cristo Giudice, assieme a Maria Santissima ed a tutti i cori degli Angeli. Nuovi inni di gloria echeggeranno, poichè il Gran Trionfatore farà il suo ingresso in Cielo con una sterminata schiera di eletti, frutto della sua redenzione.

E chi potrà mai descrivere la costernazione dei dannati a sentire dire dal Divin Giudice, col volto infiammato di furore: Andate, maledetti, nel fuoco eterno! Essi vedranno i buoni sollevarsi verso il Cielo, vorranno poterli seguire… ma la maledizione divina li tratterrà.

Ed ecco aprirsi una profonda voragine, che metterà capo nell’inferno! Le fiamme, accese dall’ira di Dio oltraggiato, circonderanno quei miserabili ed eccoli tutti precipitare nell’abisso: irreligiosi, bestemmiatori, ubriaconi, disonesti, ladri, omicidi, peccatori e peccatrici di ogni specie! Si richiuderà l’abisso e non si aprirà mai più in eterno.

O voi che entrate, lasciate ogni speranza di uscire!

TUTTO SI AVVERERA’!
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno!

Tu, o anima cristiana, hai seguito la narrazione del Giudizio finale. Non credo che sia rimasta indifferente! Sarebbe questo un cattivo segno! Temo però che il demonio venga a toglierti il frutto della considerazione di una verità così terrificante, col farti pensare che in questo scritto ci sia dell’esagerazione. Io ti premunisco contro di ciò. Quello che ho detto a proposito del Giudizio è una piccola cosa; la realtà sarà di gran lunga superiore. Io non ho fatto altro che commentare brevemente le stesse parole del Signore.

Affinché nessuno possa mettere in dubbio i particolari del Giudizio Universale, Gesù Cristo conchiude la predicazione della fine del mondo, con una conferma assoluta: Il cielo e la terra potranno venir meno, ma delle mie parole nessuna verrà meno! Tutto si avvererà!

NESSUNO SA IL GIORNO
Se tu, o lettore, fossi stato presente al discorso di Gesù riguardo al Giudizio, forse gli avresti domandato il tempo dell’avveramento; e la domanda sarebbe stata naturale. Noi sappiamo che uno dei presenti al discorso domandò a Gesù: In qual giorno sarà il Giudizio Universale? Gli fu risposto: Quanto poi a quel giorno ed a quell’ora, nessuno lo sa, nemmeno gli Angeli del Cielo, eccetto l’Eterno Padre.

Tuttavia Gesù diede qualche indizio per argomentare della fine del mondo, dicendo: Sarà predicato questo Vangelo per tutta la terra, come testimonianza a tutte le nazioni; ed allora verrà la fine.

Il Vangelo ancora non è stato predicato ovunque. In questi ultimi tempi però le Missioni Cattoliche hanno preso un grande sviluppo e tanti popoli hanno già ricevuto la luce della Redenzione.

IL PARAGONE DEL FICO
Gesù, dopo aver parlato dei segni precursori della sua venuta gloriosa nel mondo, portò un paragone, dicendo: Dalla pianta del fico imparate questa similitudine. Quando il ramo del fico intenerisce e spuntano le foglie, voi sapete che l’estate è vicina; così ancora, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che il Figlio dell’Uomo è alle porte.

Il Signore vuole che gli uomini vivano nell’aspettazione del gran giorno finale; perchè questo pensiero deve rimettere sulla retta via e far perseverare nel bene; gli uomini però attaccati all’interesse ed al piacere, non si danno premura di ciò; ed anche quando la fine del mondo si avvicinerà, essi, o almeno molti di essi, non ne faranno caso. Gesù; prevedendo ciò, ricorda a tutti una scena scritturale.

COME AL TEMPO DI NOE’
Si legge nella Sacra Scrittura che Iddio, a vedere la corruzione morale dell’umanità, decise di distruggerla per mezzo del diluvio.

Però risparmiò Noè, perché uomo giusto, ed anche la sua famiglia.

Noè ebbe l’incarico di fabbricarsi una arca, che potesse galleggiare sulle acque. La gente se ne rideva della preoccupazione di lui nell’aspettare il diluvio e continuava a vivere nei vizi più vergognosi.

Gesù Cristo, dopo aver preannunziato il Giudizio, disse: Come nei giorni avanti al diluvio, gli uomini se ne stavano mangiando e bevendo, sposando e dando a marito le donne sino a quel giorno in cui Noè entrò nell’arca e non si dettero pensiero finché venne il diluvio che uccise tutti, così sarà alla venuta del Figlio dell’uomo.

TRAGICA FINE
Si racconta di un grande tiranno, Maometto Secondo, che nel dare gli ordini era di un rigore eccessivo. Aveva comandato che nessuno facesse la caccia nel parco imperiale.

Un giorno scorse dal palazzo due giovanetti, che andavano su e giù per il parco. Erano i suoi due figli, i quali, credendo che la proibizione della caccia non si estendesse a loro, si divertivano innocentemente.

L’imperatore non poté distinguere a distanza la fisionomia dei due trasgressori ed era ben lungi dal pensare essere quelli i propri figli. Chiamò un vassallo e gli ordinò di arrestare subito i due cacciatori.

Voglio sapere, gli disse, chi siano questi trasgressori e dopo saranno messi a morte!

Il vassallo, ritornato, non sentivasi il coraggio di parlare; ma costretto dallo sguardo fiero dell’imperatore, disse: Maestà, i due giovanetti sono chiusi in prigione però sono i vostri figli! Non importa, esclamò Maometto; hanno trasgredito un mio ordine e perciò devono morire!

Maestà, soggiunse il vassallo, mi permetto farvi notare che se farete uccidere tutti e due i vostri figli, chi sarà il vostro erede nell’impero? Ebbene, conchiuse il tiranno, si tirerà la sorte: uno morrà e l’altro sarà l’erede.

Fu preparata una camera per il sorteggio; le pareti erano a lutto. Nel mezzo di essa trovavasi un tavolo con una piccola urna; a destra del tavolo stava la corona imperiale, a sinistra una spada.

Maometto, assiso in trono e circondato dalla sua corte, diede ordine che venissero introdotti i due colpevoli. Quando li ebbe alla sua presenza disse: Non credevo che voi, figli miei, poteste trasgredire i miei ordini imperiali! La morte era decretata per tutti e due. Essendo necessario un erede, ognuno di voi pigli una polizza da questa urna; su di una è scritto: « vita », sull’altra « morte ». Fatta l’estrazione il fortunato metterà sul capo la corona e l’altro riceverà un colpo di spada!

A tali parole i due giovanetti cominciarono a tremare fino al delirio. Stesero la mano ed estrassero la propria sorte. Un momento dopo, uno veniva acclamato come l’erede al trono, mentre l’altro, ricevuto un colpo ferale, giaceva morto allagato nel proprio sangue.

CONCLUSIONE
Se ci fosse una piccola urna con dentro due polizze, « Paradiso » e « Inferno » e tu dovessi prenderne una, oh! come tremeresti per la trepidazione, più che non i figli di Maometto!

Ebbene se vuoi andare in Paradiso, pensa spesso al Giudizio Divino e regola la tua vita alla luce di questa grande verità.

ANNA E CLARA

(Lettera dall’Inferno)

IMPRIMATUR
E Vicariatu Urbis, die 9 aprilis 1952

+ OLOYSIUS TRAGLIA

Archie.us Caesarien. Vicesgerens

INVITO
Il fatto qui esposto ha un’importanza eccezionale. L’originale è in lingua tedesca; delle edizioni sono state eseguite in altre lingue.

Il Vicariato di Roma ha dato il permesso di pubblicare lo scritto. L’«Imprimatur» dell’Urbe è garanzia della traduzione dal tedesco e della serietà del tremendo episodio.

Sono pagine svelte e terribili e raccontano un tenore di vita in cui vivono molte persone dell’odierna società. La misericordia di Dio, permettendo il fatto qui narrato, solleva il velo del più spaventoso mistero che ci attende al termine della vita.

Ne sapranno approfittare le anime?…

PREMESSA
Clara e Annetta, giovanissime, lavoravano in una: Ditta commerciale a*** (Germania).

Non erano legate da profonda amicizia, ma da semplice cortesia. Lavoravano. ogni giorno l’una accanto all’altra e non poteva mancare uno scambio di idee: Clara si dichiarava apertamente religiosa e sentiva il dovere di istruire e richiamare Annetta, quando questa si dimostrava leggera e superficiale in fatto di religione.

Trascorsero qualche tempo assieme; poi Annetta contrasse matrimonio e si allontanò dalla Ditta. Nell’autunno di quell’anno, 1937, Clara trascorreva le vacanze in riva al lago di Garda. Verso la metà di settembre la mamma le mandò dal paese natio una lettera: « E’ morta Annetta N… E’ rimasta vittima di un incidente automobilistico. L’hanno sepolta ieri nel “Waldfriedhof” ».

La notizia spaventò la buona signorina, sapendo che l’amica non era stata tanto religiosi. Era preparàta a presentarsi davanti a Dio?… Morendo all’improvviso, come si sarà trovata?…

L’indomani ascoltò la S. Messa e fece anche la Comunione in sud suffragio, pregando fervorosamente. La notte seguente, 10 minuti dopo la mezzanotte, ebbe luogo la visione…

«Clara, non pregare per me! Sono dannata. Se te lo comunico e te ne riferisco piuttosto lungamente; non. credere che ciò avvenga a titolo di’ amicizia: Noi qui non amiamo più nessuno. Lo faccio come costretta. Lo faccio come « parte di quella potenza che sempre vuole il male e opera il bene ».

In verità vorrei vede»e anche te approdare a questo stato, dove io ormai ho gettato l’àncora per sempre:

Non stizzirti di questa intenzione. Qui, noi pensiamo tutti così. La nostra volontà è impietrita nel male in, ciò oche voi appunto chiamate « male ». Anche quando noi facciamo qualche cosa di «bene», come io ora, spalancandoti gli occhi sull’inferno, questo non avviene con buona, intenzione.

Ti ricordi ancora che quattro anni fa ci siamo conosciute a * * *? Contavi allora; 23 anni e ti trovavi colà. da mezz’anno quando ci arrivai io.

Tu mi hai levata da qualche impiccio; come a principiante, mi hai dato dei buoni indirizzi. Ma che vuol dire «buono»?

Io lodavo allora il tuo « amore del prossimo». Ridicolo! Il tuo soccorso derivava da pura civetteria, come, del resto, lo sospettavo già fin d’allora. Noi non riconosciamo qui nulla di buono. In nessuno.

Il tempo della mia giovinezza lo conosci. Certe lacune le riempio qui.

Secondo il piano dei miei genitori, a dire il vero, non sarei neanche dovuta esistere. « Capitò loro appunto una disgrazia ». Le mie due sorelle contavano già 14 e 15 anni, quando io tendevo alla luce.

Non fossi mai esistita! Potessi ora annientarmi e sfuggire a questi tormenti! Nessuna voluttà uguaglierebbe quella con cui lascerei la mia esistenza, come un vestito di cenere, che si perde nel nulla.

Ma io devo esistere. Devo esistere così come mi son fatta io: con una esistenza fallita.

Quando papà e mamma, ancora giovani, si trasferirono dalla campagna in città ambedue avevano perduto il contatto con la Chiesa. E fu meglio così.

Simpatizzarono con gente non legata alla chiesa. Si erano conosciuti in un ritrovo danzante e mezz’anno dopo « dovettero » sposarsi.

Nella cerimonia nuziale rimase attaccata a loro tant’acqua santa, che la mamma si recava in chiesa alla Messa domenicale un paio di volte l’anno. Non mi ha mai insegnato a pregare davvero. Si esauriva nella cura quotidiana della vita, benché la nostra situazione non fosse disagiata.

Parole, come pregare, Messa, istruzione religiosa, chiesa, le dico con una ripugnanza intera senza pari. Aborrisco tutto, come’ odio: chi frequenta la chiesa e in genere tutti gli uomini e tutte le cose.

Da tutto, infatti, ci deriva tormento. Ogni cognizione ricevuta in punto di morte, ogni: ricordo di cose vissute o sapute, è per noi una fiamma pungente.

E tutti i ricordi ci mostrano quel lato che, in ,essi: era grazia. e che noi sprezzammo. Quale tormento è questo! Noi non mangiamo, non dormiamo, non camminiamo coi :piedi. Spiritualmente incatenati, guardiamo inebetiti « con urla e stridor di denti » la nostra vita andata 1n fumo: : odiando e tormentati!

Senti? Noi qui beviamo l’odio come acqua. Anche l’uno verso l’altro. Soprattutto noi odiamo Dio.

Te lo voglio..rendere comprensibile.

I Beati in ,cielo devono, amarlo, perché essi lo vedono senza velo, nella sua bellezza abbagliante. Ciò li beatìfica talmente, da non poterlo descrivere. Noi lo sappiamo e questa cognizione ci rende furibondi. .

Gli uomini in terra che conoscono Dio dalla creazione e dalla rivelazione, possono amarlo; ma non ne sono costretti. Il credente lo dico digrignando i denti il quale, meditabondo, contempla Cristo in croce, con le braccia stese, finirà con l’amarlo.

Ma colui al quale Dio si avvicina solo nell’uragano; come punitore, come giusto vendicatore, perché un giorno fu da lui ripudiato, come avvenne di noi, costui non può che odiarlo, con tutto l’impeto della sua malvagia volontà, eternamente, in forza della libera accettazione di esseri separati da Dio: risoluzione con la quale, morendo, abbiamo esalato l’anima nostra e che neppure ora ritiriamo e non avremo mai la volontà di ritirare.

Comprendi ora perché l’inferno dura eternamente? Perché la nostra ostinazione ‘giammai si scioglierà da noi.

Costretta, aggiungo che Dio è misericordioso persino verso di noi. Dico « costretta ». Poiché, anche se dico queste cose volutamente, pure non mi è permesso di mentire, come volentieri vorrei. Molte cose le affermo contro la mia volontà. Anche la foga d’improperi, che vorrei vomitare la devo strozzare.

Dio fu misericordioso verso di noi col non lasciare esaurire sulla terra la nostra malvagia volontà, come noi saremmo stati pronti a fare. Ciò avrebbe aumentato le nostre colpe e le nostre pene. Egli ci fece morire anzitempo, come me, o fece intervenire altre circostanze mitiganti.

Ora egli si dimostra, misericordioso verso di noi col non costringerci ad avvicinarci a lui più di quanto lo siamo in questo remoto luogo infernale; ciò diminuisce il tormento.

Ogni passo che mi portasse più vicino a Dio, mi cagionerebbe una pena maggiore di quella che a te recherebbe un passo più vicino a un rogo ardente.

Ti sei spaventata, quando io una volta, durante il passeggio, ti raccontai che mio padre, pochi giorni avanti la mia prima Comunione, mi aveva detto: « Annettina, cerca di meritarti un bel vestitino; il resto è una montatura ».

Per il tuo spavento quasi mi sarei perfino vergognata. Ora ci rido sopra. L’unica cosa ragionevole in quella montatura era che ci si ammetteva alla Comunione solo a dodici anni. Io allora, ero già abbastanza presa dalla mania dei divertimenti mondani, così che senza scrupoli mettevo in un canto le cose religiose e non diedi grande importanza alla prima Comunione.

Che parecchi bambini vadano ora alla Comunione già a sette anni, ci mette in furore. Noi facciamo di tutto per dare a intendere alla gente che ai bambini manca una cognizione adeguata. Essi devono prima commettere alcuni peccati mortali.

Allora la bianca Particola non fa più in essi così gran danno, come quando nei loro cuori vivono ancora la fede, la speranza e la carità puh! questa roba ricevute nel battesimo. TI ricordi come abbia già sostenuto sulla terra questa opinione?

Ho accennato a mio padre. Egli era sovente in lite con la mamma. Te ne feci allusione solo raramente; me ne vergognavo. Cosa ridicola la vergogna del male! Per noi, qui tutto è lo stesso.

I miei genitori neanche dormivano più nella medesima camera; ma io con la mamma, e il papà nella camera attigua, dove poteva rincasare liberamente a qualsiasi ora. Beveva molto; in tal modo scialacquava il nostro patrimonio. Le mie sorelle erano ambedue impiegate e abbisognavano esse stesse, dicevano, del denaro che guadagnavano. La mamma, cominciò a lavorare per guadagnare qualche cosa.

Nell’ultimo anno di vita papà batteva spesso la mamma, quando lei non gli voleva dar nulla. Verso di me, invece. fu sempre amorevole. Un giorno te l’ho raccontato e tu, allora, ti sei urtata del mio capriccio (di che cosa non ti sei urtata nei miei riguardi?) un giorno dovette portare indietro, per ben due volte, le scarpe comprate, perchè la forma e i tacchi non erano per me abbastanza moderni.

La notte, in cui mio padre fu colpito da apoplessia mortale, avvenne qualche cosa che io, per timore di una interpretazione disgustosa, non riuscii mai a confidarti. Ma ora devi saperlo. E’ importante per questo: allora per la prima volta fui assalita dal mio spirito tormentatore attuale.

Dormivo in camera con mia madre. I suoi respiri regolari dicevano il suo profondo sonno.

Quand’ecco mi sento chiamare per nome. Una voce ignota mi dice: « Che sarà se muore papà? ».

Non amavo più mio padre, dacché trattava così villanamente la mamma; come, del resto, non amavo fin d’allora assolutamente nessuno, ma ero ‘solamente affezionata ad alcune persone, che erano buone verso di me. L’amore senza speranza di contraccambio terreno, vive solo nelle anime in stato di Grazia. E io non lo ero.

Così risposi alla misteriosa domanda, senza darmi conto donde venisse: « Ma non muore mica! ».

Dopo una breve pausa;, di nuovo la stessa domanda chiaramente percepita. « Ma

non muore mica! » mi scappò ancora di bocca, bruscamente.

Per la terza volta fui richiesta: « Che sarà se muore tuo padre? ». Mi si presentò alla mente come papà spesso veniva a casa piuttosto ubriaco, strepitava, maltrattava la mamma, e come egli ci aveva messi in una condizione umiliante dinanzi alla gente. Perciò gridai indispettita. « E gli sta bene! ».

Allora tutto tacque.

La mattina seguente, quando la mamma volle mettere in ordine la stanza del babbo, trovò la porta chiusa a chiave. Verso mezzogiorno si forzò la porta. Mio padre, mezzo vestito, giaceva cadavere sul letto. Nell’andare a prendere la birra in cantina, doveva essersi buscato qualche accidente. Era già da lungo tempo malaticcio. (*)

(*) Aveva forse Dio legato la salvezza del padre all’opera buona della figlia, verso la quale quell’uomo era stato pur buono? Quale responsabilità per ognuna, lasciar perdere l’occasione di fare del bene al prossimo!

Marta K … e tu mi avete indotta a entrare nell’ « Associazione delle Giovani ». Veramente non ho mai nascosto che trovavo abbastanza intonate con la moda, parrocchiale le istruzioni delle due direttrici, le signorine X …

I giuochi erano divertenti. Come sai vi ebbi subito una parte direttiva. Ciò mi andava a genio.

Anche le gite mi piacevano. Mi lasciai perfino indurre alcune volte ad andare alla Confessione e alla Comunione.

A dire il vero, non avevo nulla da confessare. Pensieri e discorsi per me non avevano importanza. Per azioni pi grossolane, non ero ancora abbastanza corrotta.

Tu mi ammonisti una volta: « Anna, se non preghi, vai alla perdizione! ». Io pregavo davvero poco e anche questo, solo svogliatamente.

Allora tu avevi purtroppo ragione. Tutti coloro che bruciano nell’inferno non hanno pregato, o non hanno pregato abbastanza.

La preghiera è il primo passo verso Dio. E rimane il passo decisivo. Specialmente la preghiera a colei che fu la Madre di Cristo, il nome della quale noi non nominiamo mai.

La devozione a lei strappa al demonio innumerevoli anime, che il peccato gli consegnerebbe infallibilmente nelle mani.

Proseguo il racconto consumandomi d’ira e solo perchè devo. Pregare è la cosa più facile che l’uomo possa fare sulla terra. E proprio a questa cosa facilissima Dio ha legato la salvezza di ognuno.

A chi prega con perseveranza egli a poco a poco dà tanta luce, lo fortifica in maniera tale, che alla fine anche il peccatore più impantanato si può definitivamente rialzare. Fosse pure ingolfato nella melma fino al collo.

Negli ultimi anni della mia vita non ho più pregato come di dovere e così mi sono privata delle grazie, senza le quali nessuno può salvarsi.

Qui non riceviamo più nessuna grazia. Anzi, quand’anche le ricevessimo, le ri

fiuteremmo cinicamente. Tutte le fluttuazioni dell’esistenza terrena sono cessate in quest’altra vita.

Da voi sulla terra l’uomo può salire dallo stato di peccato allo stato di Grazia e dalla Grazia cadere in peccato: spesso per debolezza, talvolta per malizia.

Con la morte questa salire e scendere finisce, perchè ha la sua radice nella imperfezione dell’uomo terreno. Ormai. abbiamo raggiunto lo stato finale.

Già col crescere degli anni i cambiamenti divengono più rari. E’ vero, fino alla morte si può sempre rivolgersi a Dio o voltargli le spalle. Eppure, quasi trascinato dalla corrente, l’uomo, prima del trapasso, con gli ultimi deboli resti nella volontà, si comporta come era abituato nella vita.

La consuetudine, buona o cattiva, diviene una seconda natura. Questa lo trascina con sè.

Così avvenne anche a me. Da anni vivevo lontana da Dio. Per questo nell’ultima chiamata della Grazia mi risolvetti contro Dio.

Non fu il fatto che peccassi spesso a esser fatale per me, ma che io non volli più risorgere.

Tu mi hai più volte ammonita, di ascoltare le prediche, di leggere libri di pietà. « Non ho tempo », era la mia risposta ordinaria. Non ci mancava altro per aumentare la mia incertezza interna!

Del resto devo constatare questo: dal momento che la cosa era ormai così avanzata, poco prima della mia uscita dalla « Associazione delle Giovani », mi sarebbe riuscito enormemente gravoso mettermi su un’altra via. Io mi sentivo malsicura e infelice. Ma davanti alla conversione si ergeva una muraglia.

Tu non lo devi aver sospettato. Tu te l’eri rappresentata così semplice quando un giorno mi dicesti: « Ma fa una buona Confessione, Anna, e tutto è a posto ».

Io sentivo che sarebbe stato tosi. Ma il mondo, il demonio, la carne mi tenevano già troppo saldamente nei loro artigli. All’influsso del demonio non credetti mai. E ora attesto che egli influisce gagliardamente sulle persone che si trovano nella condizione in cui mi trovavo io allora.

Soltanto molte preghiere, di altri e di me stessa, congiunte con sacrifici e sofferenze, mi avrebbero potuta strappare da lui.

E anche ciò, solo a poco a poco. Se ci sono pochi ossessi esternamente, di os, sessi internamente ce n’è un formicolaio. Il demonio non può rapire la libera volontà a coloro che si dànno al suo influsso. Ma in pena della loro, per dir tosi, metodica apostasia da Dio, questi permette che il « maligno» si annidi in essi.

Io odio anche il demonio. Eppure egli mi piace, perchè cerca di rovinare voialtri; lui e i suoi satelliti, gli spiriti caduti con lui al principio del tempo.

Essi si contano a milioni. Girovagano per la terra, densi come uno sciame di moscerini, e voi neanche ve ne accorgete

Non tocca a noi riprovati di tentarvi; questo è, ufficio degli spiriti decaduti. Veramente ciò accresce ancor più il loro tormento ogni volta che essi trascinano quaggiù all’inferno un’anima umana. Ma che cosa non fa mai l’odio?

Benché io camminassi per sentieri lontani da Dio, Dio mi seguiva.

Preparavo la via alla Grazia con atti di carità naturale che compivo non di rado per inclinazione dei mio temperamento.

Talvolta Dio mi attirava in una chiesa. Allora sentivo come una nostalgia. Quando curavo la mamma malaticcia, nonostante il lavoro d’ufficio durante il giorno, e in certo modo mi sacrificavo davvero, questi allettamenti di Dio agivano potentemente.

Una volta, nella chiesa dell’ospedale, in cui tu mi avevi condotta durante la pausa del mezzogiorno, mi venne qualcosa addosso che sarebbe bastato un solo passo per la mia conversione: io piansi!

Ma poi la gioia del mondo passava di nuovo come un torrente sopra la Grazia.

Il grano soffocava tra le spine.

Con la dichiarazione che la religione è affare di sentimento, come si diceva sempre in ufficio, cestinai anche questo invito della Grazia, come tutti gli altri.

Una volta tu mi rimproverasti, perchè invece di una genuflessione fino a terra, feci appena un informe inchino, piegando il ginocchio. Tu lo ritenesti un atto di pigrizia. Non sembrasti neppur sospettare che io fin d’allora non credevo più nella presenza di Cristo nel Sacramento.

Ore, ci credo, ma solo naturalmente, come si crede in un temporale di cui si scorgono gli effetti.

Intanto mi ero accomodata io stessa una religione a mio modo.

Sostenevo l’opinione, che da noi in ufficio era comune, che l’anima dopo la morte risorga in un altro essere. In tal modo continuerebbe a pellegrinare senza fine.

Con ciò l’angosciosa questione dell’al di là era insieme messa a posto e resa a me innocua.

1 Perche tu non mi hai ricordato la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro, in cui il narratore, Cristo, manda, immediatamente dopo la morte, l’uno all’inferno e l’altro in paradiso?… Del resto, che cosa avresti ottenuto? Nulla di più che coti gli altri tuoi discorsi di bigottismo!

A poco a poco mi creai io stessa un Dio: sufficientemente dotato da essere chiamato Dio; lontano abbastanza da me da non dover mantenere nessuna relazione con lui; vago abbastanza da lasciarsi, secondo il bisogno, senza mutar la mia religione; rassomigliare a un Dio panteistico del mondo, oppure da lasciarsi poetizzare come un Dio solitario.

Questo Dio non aveva nessun paradiso da regalarmi e nessun inferno da infliggermi. Lo lasciavo in pace. In ciò consisteva la mia adorazione per lui.

A ciò che piace si crede volentieri. Nel corso degli anni mi tenni abbastanza convinta della mia religione. In questo modo si poteva vivere.

Una cosa soltanto mi avrebbe spezzato la cervice: un lungo, profondo dolore. E

questo dolore non venne!

Comprendi ora cosa vuol dire: « Dio castiga quelli che amai »?

Era una domenica di luglio, quando l’Associazione delle giovani organizzò una gita a * * *. La gita mi sarebbe piaciuta. Ma quegli insulsi discorsi, quel fare da bigotti i

Un altro simulacro ben diverso da quello della Madonna di * * * stava da poco tempo sull’altare del mio cuore. L’aitante Max N…. del negozio attiguo. Poco tempo prima avevamo scherzato più volte.

Appunto per quella, domenica, egli mi aveva invitata a una gita. Quella con cui andava di solito, giaceva, malata all’ospedale.

Egli aveva ben capito che gli avevo messo gli occhi addosso. Sposarlo non ci pensavo ancora allora. Era bensi agiato, ma si comportava troppo gentilmente con tutte le ragazze. E io, fino a quel tempo, volevo un uomo che appartenesse unicamente a me. Non sola essere moglie, ma moglie unica. Un certo galateo naturale, infatti, l’ebbi sempre.

Nella suaccennata gita Max si profuse in gentilezze. Eh! già, non si tennero mica delle conversazioni pretesche come tra voialtre!

Il giorno seguente; in ufficio, tu mi facesti dei rimproveri, perchè non ero venuta con voi a * * *. Io ti descrissi il mio divertimento di quella domenica.

La tua prima domanda fu: « Sei stata alla Messa? » Sciocchina! Come potevo, dato che la partenza era fissata per le sei?!

Sai ancora, come io, eccitata aggiunsi: « Il buon Dio non ha una mentalità così piccina come i vostri pretacci! ».

Ora devo confessare: Dio, nonostante la sua infinita bontà, pesa le cose con maggior precisione che tutti i preti.

Dopo quella prima gita con Max, venni ancora una volta sola all’Associazione: a Natale,’ per la celebrazione della festa. C’era qualche cosa che mi allettava a tornare. Ma internamente mi ero già allontanata da voialtre:

Cinema, ballo, gite si avvicendevano senza tregua. Max e io bisticciammo alcune volte, ma seppi sempre incatenarlo di nuovo a me.

Molestissima mi riuscì l’altra amante, che, tornata dall’ospedale, si comportò come un’ossessa. Veramente per mia fortuna; poiché la mia nobile calma fece potente impressione su Max, che fini col decidere, che io fossi la preferita.

Avevo saputo rendergliela odiosa, parlando freddamente: all’esterno positiva, nell’interno vomitando veleno. Tali sentimenti e tale contegno preparano eccellentemente ‘per l’inferno. Sono diabolici nel più stretto senso della parola.

Perchè ti racconto ciò? Per riferire come io mi staccai definitivamente da Dio. Non già, del resto, che tra me e Max si sia arrivati molto spesso fino agli estremi della familiarità. Comprendevo che mi sarei abbassata ai suoi occhi, se mi fossi lasciata andare del tutto, prima del tempo; perciò mi seppi trattenere.

Ma in sé, ogni volta che lo ritenevo utile, ero sempre pronta a tutto. Dovevo conquistare Max. A tale scopo nulla era troppo caro. Inoltre, a poco a poco ci amavamo, possedendo ambedue non poche preziose qualità, che ci facevano stimare vicendevolmente. Io ero abile, capace, di piacevole compagnia. Così mi tenni saldamente in mano Max e riuscii, almeno negli ultimi mesi prima del matrimonio, a essere l’unica, a possederlo.

In ciò consistette la mia apostasia dar Dio: elevare una creatura a mio idolo. In nessuna cosa può avvenire questo, in modo che abbracci tutto, come nell’amore di una persona dell’altro sesso, quando quest’amore rimane arenato nelle soddisfazioni terrene. E’ questo che forma la. sua attrattiva, il suo stimolo e il suo, veleno.

L’ « adorazione », che io tributavo a me stessa nella persona di Max, divenne per, me religione vissuta.

Era il tempo in cui in ufficio mi scagliavo velenosa contro i chiesaioli, i preti, le indulgenze, il biascichìo dei rosari e simili sciocchezze.

Tu hai cercato, più o meno argutamente, di prendere le difese di tali cose. Apparentemente senza sospettare che nel più intimo di me non si trattava, in verità, di queste cose, io cercavo piuttosto un sostegno contro la mia coscienza allora avevo bisogno di un tale sostegno per giustificare anche con la ragione la mia apostasia.

In fondo in fondo, mi rivoltavo contro Dio. Tu non lo comprendesti; mi ritene,vi ancora per cattolica. Volevo, anzi, essere chiamata così; pagavo perfino le tasse ecclesiastiche. Una certa « controassicurazione», pensavo, non poteva nuocere.

Le tue risposte può darsi alle volte abbiano colpito nel segno. Su di me non facevano presa, perché tu non dovevi avere ragione.

A causa di queste relazioni falsate fra noi due, fu meschino il dolore del nostro distacco, allorché ci separammo in occasione del mio matrimonio.

Prima dello sposalizio mi confessai e comunicai ancora una volta, Era prescritto. Io e mio marito su questo punto la pensavamo ugualmente. Perchè non avremmo dovuto compiere questa formalità? Anche noi la compimmo, come, le altre formalità.

Voi chiamate indegna una tale Comunione. Ebbene, dopo quella Comunione « indegna », io ebbi più calma nella coscienza. Del resto fu anche l’ultima.

La nostra vita coniugale trascorreva, in genere, quanto mai in grande armonia. Su tutti i punti di vista noi eravamo dello stesso parere. Anche in questo: che non volevamo addossarci il peso dei figli. Veramente mio marito ne avrebbe volentieri voluto uno; non di più, si capisce. Alla fine io seppi stornarlo anche da questo desiderio.

Vesti, mobili di lusso, ritrovi da thè, gite e viaggi in auto e simili distrazioni m’importavano di più.

Fu un anno di piacere sulla terra quello trascorso tra il mio sposalizio e la mia repentina morte.

Ogni domenica andavamo fuori in auto, oppure facevamo visite ai parenti di mio marito. Di mia madre ora mi vergognavo. Essi galleggiavano alla superficie dell’esistenza, né più né meno di noi.

Internamente, si capisce, non mi sentii mai felice, per quanto esternarnente ridessi. C’era sempre dentro di me qualcosa di indeterminato, che mi rodeva. Avrei voluto che dopo la morte, la quale naturalmente doveva essere ancora molto lontana, tutto fosse finito.

Ma è proprio tosi, come un giorno, da bambina, sentii dire in una predica: che Dio premia ogni opera buona che uno compie, e quando non la potrà ricompensare nell’altra vita, lo fa sulla terra.

Inaspettatamente ebbi un’eredità dalla zia Lotte. A mio marito riuscì felicemente di portare il suo stipendio a una cifra notevole. Così potei ordinare la nuova abitazione in modo attraente.

La religione non mandava più che da lontano la sua luce, scialba, debole e incerta.

I caffè della città, gli alberghi, in cui andavamo durante i viaggi, non ci portavano certamente a Dio.

Tutti coloro, che frequentavano quei luoghi, vivevano, come noi, dall’esterno. all’interno, non dall’interno all’esterno.

Se nei viaggi delle ferie visitammo qualche chiesa, cercavamo di ricrearci. nel contenuto artistico delle opere. L’alito religioso che spiravano, specialmente quelle medioevali, sapevo neutralizzarlo col criticare qualche circostanza accessoria: un frate converso impacciato o vestito in modo non pulito, che ci faceva da cicerone; lo scandalo che dei monaci, i quali volevano passare per pii, vendessero liquori; l’eterno scampanio per le sacre funzioni, mentre non si tratta che di far soldi…

Così seppi continuamente scacciare da, me la Grazia ogni volta che bussava Lasciavo libero sfogo al mio malumore in modo particolare su certe rappresentazioni medioevali dell’inferno nei cimiteri o altrove, nelle quali il demonio arrostisce le anime in brage rosse e incandescenti, mentre i suoi compagni, dalle lunghe code, gli trascinano nuove vittime. Clara! L’inferno si può sbagliare a disegnarlo, ma non si esagera mai.

Il fuoco dell’inferno l’ho sempre preso di mira in modo speciale. Tu lo sai come durante un alterco, in proposito ti tenni una volta un fiammifero sotto il naso e ti dissi con sarcasmo: «Ha questo odore?» Tu spegnesti in fretta la fiamma. Qui non la spegne nessuno.

Io ti dico: il fuoco di cui si parla nella Bibbia, non significa tormento della coscienza. Fuoco è fuoco! E’ da intendersi letteralmente ciò che ha detto lui: «Via da me, maledetti, nel fuoco eterno! ». Letteralmente.

«Come può lo spirito essere toccato da fuoco materiale? », domanderai. Come può l’anima tua soffrire sulla terra quando tu metti il dito sulla fiamma? Difatti non brucia l’anima; eppure che tormento ne prova tutto l’individuo!

In modo analogo noi qui siamo spiritualmente legati al fuoco, secondo la nostra natura e secondo le nostre facoltà. L’anima nostra è priva del suo naturale

battito d’ala; noi non possiamo pensare ciò che vogliamo né come vogliamo. Non meravigliarti di queste mie parole. Questo stato, che a voialtri non dice nulla, mi riarde senza consumarmi.

Il nostro maggior tormento consiste nel sapere con certezza che noi non vedremo mai Dio.

Come può questo tormentare tanto, dal momento che uno sulla terra rimane così indifferente?

Fintanto che il coltello giace sulla tavola, ti lascia fredda. Si vede quanto è affilato, ma non lo si prova. Immergi il coltello nella carne e ti metterai a gridare dal dolore.

Adesso noi sentiamo la perdita di Dio; prima la pensavamo soltanto.

Non tutte le anime soffrono in misura eguale.

Con quanta maggior cattiveria e quanto più sistematicamente uno ha peccato, tanto più grave pesa su di lui la perdita di Dio e tanto più lo soffoca la creatura di cui ha abusato.

I cattolici dannati soffrono di più che quelli di altre religioni, perchè essi, per lo più, ricevettero e calpestarono più. grazie e più luce.

Chi più seppe, soffre più duramente di chi conobbe meno.

Chi peccò per malizia, patisce più acutamente di chi cadde per debolezza.

Mai nessuno patisce più di quello che ha meritato. Oh, se non fosse vero ciò, io avrei un motivo d’odiare!

Tu mi dicesti un giorno che nessuno va all’inferno senza saperlo: ciò sarebbe stato rivelato a una santa.

Io me ne risi. Ma poi mi trincerai dietro questa dichiarazione.

« Così, in caso di necessità, rimarrà abbastanza tempo per fare una «voltata», mi dicevo segretamente.

Quel detto è giusto. Veramente, prima della mia subitanea fine, non conobbi l’inferno com’è. Nessun mortale lo conosce. Ma io ne avevo la piena coscienza: « Se muori, vai nel mondo di là dritta come una freccia contro Dio. Ne porterai le conseguenze ».

Io non feci dietrofront, come ho già detto, perchè trascinata dalla corrente dell’abitudine. Spinta da quella. conformità per cui gli uomini, quanto più invecchiano, tanto più agiscono in una stessa direzione.

La mia morte avvenne così.

Una settimana fa parlo secondo il vostro computo, perchè rispetto al dolore, potrei dire benissimo che son già dieci anni che brucio nell’inferno una settimana fa, dunque, mio marito e ia facemmo di domenica una gita, l’ultima per me.

Il giorno era spuntato radioso. Mi sentivo bene quanto mai. M’invase un sinistro sentimento di felicità, che serpeggiò in me per tutta la giornata.

Quand’ecco all’improvviso, nel ritorno, mio marito fu abbacinato da un’auto che veniva di volata. Perdette il controllo.

« Jesses » (*), mi scappò dalle labbra con un brivido. Non come preghiera, solo come grido.

(*) Storpiamento di Jesus, usato frequentemente fra alcune popolazioni di lingua tedesca.

Un dolore straziante mî compresse tutta. In confronto con quello presente una bagatella. Poi perdetti i sensi.

Strano! Quella mattina era sorto in me, in modo inspiegabile, questo pensiero: «Tu potresti ancora una volta andare a Messa ». Suonava come un’implorazione.

Chiaro e risoluto, il mio «no» troncò il filo dei pensieri. « Con queste cose bisogna farla finita una volta. Mi addosso tutte le conseguenze! ». Ora le porto.

Ciò che avvenne dopo la mia morte, già lo saprai. La sorte di mio marito, quella di mia madre, ciò che accadde del mio cadavere e lo svolgimento del mio funerale mi son noti nei loro particolari mediante cognizioni naturali che noi qui abbiamo.

Quello, del resto, che succede sulla terra noi lo sappiamo solo nebulosamente. Ma ciò che in qualche modo ci tocca da vicino, lo conosciamo. Così vedo anche dove tu soggiorni.

Io stessa mi risvegliai improvvisamente dal buio, nell’istante del mio trapasso. Mi vidi come inondata da una luce abbagliante.

Fu nel luogo medesimo dove giaceva il mio cadavere. Avvenne come in un teatro, quando nella sala d’un tratto si spengono le luci, il sipario si divide rumorosamente e si apre una scena inaspettata, orribilmente illuminata. La scena della mia vita.

Come in uno specchio l’anima mia si mostrò a me stessa. Le grazie calpestate dalla giovinezza fino all’ultimo «no» di fronte a Dio.

Io mi sentii come un assassino, al quale, durante il processo giudiziario, vien portata dinanzi la sua vittima esanime. Pentirmi? Mai! Vergognarmi? Mai!

Però non potevo neppure resistere sotto gli occhi di Dio, da me rigettato. Non

mi rimaneva che una cosa: la fuga. Come Caino fuggi dal cadavere di Abele, così l’anima mia fu spinta via da quella vista di orrore.

Questo fu il giudizio particolare: l’irivisibile Giudice disse: « Via da me! ». Allora la mia anima, come un’ombra gialla di zolfo, precipitò nel luogo dell’eterno tormento.

CONCLUDE CLARA
La mattina, al suono dell’Angelus, ancora tutta tremante per la notte spaventosa, mi alzai e corsi per le scale nella cappella.

Il cuore mi pulsava fin sulla gola. Le poche ospiti, inginocchiate vicino a rne, mi guardarono; ma forse pensarono che fossi così eccitata per la corsa fatta giù per le scale.

Una signora bonaria di Budapest, che mi aveva osservata, mi disse dopo sorridendo:

Signorina, il Signore vuole essere servito con calma, non di corsa!

Ma poi si accorse che qualcosa d’altro mi aveva eccitato e mi teneva ancora in agitazione. E mentre la signora mi rivolgeva altre buone parole, io pensavo: Dio solo mi basta!

Sì, egli solo mi deve bastare in questa e nell’altra vita. Voglio un giorno poterlo godere in Paradiso, per quanti sacrifici mi possa costare in terra. Non voglio andare all’inferno!