Vangelo di oggi 27 Marzo 2020 con commento

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 7,1-2.10.25-30.
In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne;
Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.
Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere?
Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?
Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete.
Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.

San Giovanni della Croce (1542-1591)
carmelitano, dottore della Chiesa

Cantico spirituale, strofa 1
« Cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso »
Dove ti sei nascosto, Amato?

Sola qui, gemente, mi hai lasciata!

Come il cervo fuggisti,

dopo avermi ferita;

gridando t’inseguii: eri sparito!

«Dove ti sei nascosto?» È come se l’anima dicesse: «Verbo, Sposo mio, mostrami dove sei nascosto». Con queste parole gli chiede di manifestarle la sua essenza divina, perché il «luogo dove è nascosto» il Figlio di Dio è, come dice san Giovanni, «il seno del Padre» (Gv 1,18), cioè l’essenza divina, inaccessibile a ogni occhio mortale e nascosta a ogni umana comprensione. Per questo Isaia, parlando con Dio, si è espresso in questi termini: «Veramente tu sei un Dio nascosto» (Is 45,15).

Occorre dunque notare che, per quanto grandi siano le comunicazioni e le presenze di Dio nei confronti dell’anima e per quanto alte e sublimi siano le conoscenze che un’anima può avere di Dio in questa vita, tutto questo non è l’essenza di Dio, né ha a che vedere con lui. In verità, egli rimane ancora nascosto all’anima. Nonostante tutte le perfezioni che scopre di lui, l’anima deve considerarlo un Dio nascosto e mettersi alla sua ricerca, dicendo: «Dove ti sei nascosto?» Né l’alta comunicazione né la presenza sensibile di Dio sono, infatti, una prova certa della sua presenza, come non sono testimonianza della sua assenza nell’anima l’aridità e la mancanza di tali interventi. Per questo il profeta Giobbe afferma: «Mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non m’accorgo» (Gb 9,11).

Da ciò si può dedurre che se l’anima sperimentasse grandi comunicazioni, conoscenze di Dio o qualsiasi altra sensazione spirituale, non per questo deve presumere che tutto ciò sia un possedere Dio o essere più dentro di lui, oppure quello che sente o intende sia essenzialmente Dio, per quanto grande sia tutto questo. D’altra parte, se tutte queste comunicazioni sensibili e spirituali venissero a mancare, lasciandola nell’aridità, nelle tenebre e nell’abbandono, non per questo deve pensare che le manchi Dio. (…) L’intento principale dell’anima, quindi, in questo verso del poema non è chiedere solo la devozione affettiva e sensibile, che non dà la certezza evidente che si possiede per grazia lo Sposo in questa vita. Domanda soprattutto la presenza e la chiara visione della sua essenza, di cui desidera avere la certezza e possedere la gioia nell’altra vita.